"Nuovi argomenti in terapia pneumologica: La patologia infettiva polmonare”

 Alfonso Maria Altieri, Mario Giuseppe Alma, Salvatore D’Antonio, Gioacchino Pedicelli

In piena era antibiotica sembrava che la patologia infettiva polmonare fosse questione di altri tempi. In realtà la mancanza di nuove molecole e l’aggravarsi della farmaco resistenza ha complicato il quadro. Nel 2008, gli studi clinici su farmaci antibatterici e antimicotici sono stati 17 in tutta Italia. Troppo pochi per sperare di veder arrivare nuovi prodotti sul mercato, dato che solo un nuovo medicinale su 200 in sperimentazione raggiunge il mercato. Secondo i ECDC “La resistenza antimicrobica (AMR) è una grave minaccia per la salute pubblica. Le percentuali di organismi che presentano AMR, in particolare la resistenza a diversi antibiotici, ha continuato a crescere in Europa nel 2012. Nel corso degli ultimi quattro anni, si è registrata una significativa tendenza all'aumento di resistenza combinata a più
antibiotici sia per l’ Escherichia coli che per la  Klebsiella pneumoniae in più di un terzo dei paesi della UE / SEE.
Tutto ciò crea dei problemi nel già complicato quadro delle infezioni polmonari.

 

Una patologia infettiva polmonare di non trascurabile importanza per le ripercussioni socio-sanitarie sono le Polmonite acquisite in comunità (CAP). Per CAP si intende un insieme di sintomi e segni coesistenti con una malattia  infettiva acuta delle vie aeree respiratorie inferiori ( tosse, febbre, dolore pleurico, dispnea, tachipnea e catarro) associata ad un'immagine radiologica di addensamento per il quale non vi è alcuna altra spiegazione ( es. Edema polmonare, infarto) in paziente che non è stato ricoverato nelle ultime due settimane.

Le infezioni delle vie respiratorie inferiori sono la principale causa di morte negli USA e la sesta nel mondo, le fasce d'età più colpite sono inferiore a 5 anni e superiore a 7 anni.  In Italia il numero di ricoveri è di 3 ogni 1000 abitanti, il 90% vengono trattate in ospedale con un costo elevato per la spesa sanitaria pubblica.

Dal punto di vista anatomopatologico si dividono in forme alveolari, intestiziali, alveolo-interstiziali e necrotizzanti. Dal punto di vista eziologico sono causate da batteri, virus, miceti, protozoi ed agenti chimici.

Nel 95% dei casi ambulatoriali e nel 50% dei casi ospedalizzati, l'agente eziologico non viene identificato ma il più frequente è lo Streptoccocco Pneumoniae, seguito da Haemophilus influenzae, Virus respiratori,  Mycoplasma e Legionella, Gram negativi, Stafilococco. Aureo.

A secondo dell' esordio sintomatologico le CAP possono essere acute o croniche, ed avere dei quadri clinico radiologici tipici o atipici. Nelle forme tipiche l'esordio è acuto, si accompagna a febbre, dolore toracico, tosse produttiva con espettorazione purulenta, dispnea correlata ad infiltrato radiologico, con obiettività toracica fatta di rantoli, aumento del FVT ed ipofonesi.

Nelle forme atipiche l'esordio è subdolo, febbre discontinua, prevalgono i dolori diffusi, l'astenia, scarsi rumori obiettivi  con quadri radiologici negativi.

La diagnosi si avvale, oltre che dell'anamnesi e dell'esame obiettivo del paziente ( febbre, tosse, dolore toracico, dispnea) , della radiografia del torace in 2 proiezioni che rimane il gold standard perchè oltre alla diagnosi di certezza o differenzazione, suggerisce la probabile eziologia, la severità, l'eventuale successo o fallimento terapeutico. Dove è possibile, ma questo non viene fatto per la maggior parte delle CAP trattate a domicilio,  è necessario integrare con gli esami di laboratorio ( emocromo, indici di flogosi), emogasanalisi, emocolture su 3 campioni, espettorato per germi comuni, esame delle urine per antigene della Legionella e Pneumococco, sierologia per virus e batteri intracellulari, esami specifici per la ricerca del bacillo di Koch.

Un corretto approccio terapeutico al paziente con CAP comporta anzitutto la definizione della gravità del quadro di presentazione e del conseguente rischio di mortalità. Da questo, infatti, dipende la scelta sia dell’ambiente più appropriato di gestione clinica del paziente (ambulatorio, unità di degenza ospedaliera ordinaria, unità di terapia intensiva) sia del trattamento antimicrobico iniziale più razionale.

La decisione di ricoverare un paziente dipende da molti fattori, che includono l’età, la gravità del processo polmonare, le patologie coesistenti e la probabilità da parte del paziente di aderire correttamente ad una prescrizione terapeutica ambulatoriale. 1

Per supportare il clinico in tale definizione diagnostica, sono stati messi a punto degli indici predittivi del rischio di mortalità, e quindi della gravità del quadro clinico complessivo, del paziente che si presenta con CAP. l’Infectious diseases society of america (IDSA) e l’ATS (American Thoracic Society) raccomandano di utilizzare il Pneumonia PORT (Patient Outcomes Research Team) Severity Index ; questo indice  stratifica i pazienti in cinque classi di rischio in base ai seguenti parametri: età, presenza di almeno una tra cinque condizioni patologiche: alterazione dello stato mentale, alterazioni di parametri vitali e di laboratorio. I pazienti che si collocano nelle classi I-II presentano un quadro clinico di gravità lieve-moderata, un basso rischio di morte e possono pertanto essere trattati al proprio domicilio. Quelli collocabili nella classe di rischio IV-V presentano un quadro clinico di gravità medio-severa, un rischio di mortalità moderata e, rispettivamente, elevata, e dovrebbero quindi essere sempre ricoverati (quelli di rischio V in unità di terapia intensiva). I pazienti in classe di rischio III presentano un quadro di gravità intermedia e possono essere gestiti ambulatorialmente o in ospedale in base al giudizio clinico.

Le linee guida della   British thoracic society (BTS) e della European respiratory society (ERS)  raccomandano che la valutazione della gravità della malattia sia effettuata in base alla presenza di caratteristiche prognostiche sfavorevoli che includono: età >50 anni, patologie coesistenti e quattro caratteristiche addizionali quali confusione mentale, aumento dell’urea, aumento della frequenza respiratoria a >30 atti /m’, bassa pressione arteriosa (sintetizzati con l’acronimo CURB).

Per quanto sia stata dimostrata una buona attendibilità di tali indici, la necessità o meno del ricovero deve essere valutata dal giudizio del medico. La maggior parte dei pazienti con CAP può essere curata con buon grado di sicurezza al proprio domicilio. 2

 

Il trattamento antimicrobico delle CAP è nelle maggior parte dei casi empirico-ragionato, in virtù della frequente esigenza di trattamenti domiciliari e della bassa resa diagnostica delle indagini microbiologiche, come quelle su escreto.

 

Le attuali linee guida statunitensi (IDSA e ATS)  indicano l’utilizzo di un macrolide o della doxiciclina (nei casi di intolleranza al suddetto) quale regime preferenziale nelle CAP trattate ambulatorialmente (in quanto a basso rischio di mortalità), al fine garantire un’attività non solo nei confronti dello pneumococco ma anche dei patogeni “atipici”.

Le linee guida europee (ERS e BTS) raccomandano  la terapia empirica con amoxicillina  come antibiotico di prima scelta, privo tuttavia di attività sugli agenti “atipici”. Tale discordanza di indicazione è dovuta all’evidenza che in Europa i ceppi di S. pneumoniae sono frequentemente resistenti ai macrolidi attraverso il meccanismo “erm mediato” che conferisce loro una MIC molto elevata per l’eritromicina. Inoltre, la BTS considera poco rilevante il ruolo dei patogeni atipici poiché l’infezione da M. pneumoniae, il più frequente in questo gruppo di germi, esibisce una periodicità quinquennale e colpisce soprattutto soggetti giovani; alla luce di queste considerazioni, la BTS ritiene che nella gestione ambulatoriale “di prima linea” delle CAP non sia necessario garantire un’attività verso tali agenti.

L’IDSA e ATS individuano, tra i pazienti a gestione ambulatoriale, un sottogruppo di pazienti che presentino patologie associate o siano stati sottoposti a recente trattamento antibiotico. In questi viene raccomandato un approccio terapeutico più aggressivo del precedente, tramite l’utilizzo di un’associazione tra macrolide e β-lattamico (amoxicillina, amoxicillina-clavulanato, cefpodoxime, cefprozil, cefuroxime) o di una monoterapia con fluorochinolone “respiratorio”. I fluorochinoloni respiratori sono attualmente rappresentati da levofloxacina e moxifloxacina.

Anche nei pazienti ospedalizzati (quindi con un quadro più grave dei precedenti ma non tale da comportare il ricovero in terapia intensiva) le linee guida sia statunitensi che europee consigliano l’impiego del solo fluorochinolone respiratorio o l’associazione tra macrolide e β-lattamico; per quest’ultimo, tuttavia, vengono consigliate molecole ad infusione endovenosa (IDSA/ATS: cefotaxime, ceftriaxone, ampicillina-sulbactam, ertapenem; ERS: penicillina G, amoxicillina-clavulanato, altre aminopenicilline, cefalosporine di 2^ o 3^ generazione, non specificate).

Nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, le linee guida statunitensi e dell’ERS discriminano i pazienti in base alla presenza o meno del rischio di una eziologia da Pseudomonas aeruginosa. Questo va considerato nei soggetti con patologie strutturali del parenchima polmonare (come bronchiectasie) o sottoposti a recenti antibiotico-terapie o ricoveri ospedalieri, specie in unità di terapia intensiva. Nei casi esenti da tali fattori di rischio, viene raccomandata l’associazione tra β-lattamico iniettabile associato a un macrolide o ad un fluorochinolone respiratorio. Per i pazienti invece con rischio di infezione da pseudomonas, è consigliato l’utilizzo di un antibiotico ad attività anti-pseudomonas (piperacillina±tazobactam, carbapenemi, cefepime) associato ad un fluorochinolone attivo sullo pseudomonas (ciprofloxacina) ovvero ad un fluorochinolone respiratorio più un aminogicoside (sconsigliato negli anziani).

Non ci sono trials controllati che abbiano valutato nello specifico la durata ottimale del trattamento antibiotico nelle CAP; la decisione è di solito basata sul patogeno in causa, sulla risposta al trattamento del quadro clinico, sulle patologie associate e sull’eventuale comparsa di complicanze.  L’efficacia di un trattamento antimicrobico va monitorata basandosi principalmente sui parametri clinici di presentazione (quali febbre, tosse, dispnea, alterazioni dell’escreato) e di laboratori(quali VES, PCR, conta e formula leucociti). Infatti, in presenza di una terapia efficace, i reperti radiologici presentano comunemente tempi di miglioramento più lenti. 3

 

 

 

 

   Invece il rischio di contrarre un’infezione polmonare nei pazienti ricoverati va dallo 0.4 all’1.1%  e rappresenta  una delle cause più comuni di infezioni nosocomiali,  con una incidenza particolarmente elevata  (200 per 1.000) in pazienti immunocompromessi.  Fattori  favorenti questo tipo di patologia sono l’età anziana (0.5 casi /100 sotto i 35 anni   1.5/100 oltre i 65 anni) , le degenze prolungate,  problematiche neurologiche, recenti interventi chirurgici, presenza di sondino naso-gastrico. L’ intubazione tracheale inoltre comporta un rischio di infezione da 3 a 21 volte più elevata rispetto a pazienti non sottoposti a ventilazione meccanica

Secondo la definizione dei CDC (Centers for Diseases Control) di Atlanta e dell’ATS (American Thoracic Society) si ritengono contratte in ospedale le polmoniti che insorgono dopo 48 ore dal  momento del ricovero.

Quando le polmoniti si manifestano dopo 72 ore vengono definite non-nosocomiali e non-comunitarie e sono caratteristiche di quei pazienti  che frequentano gli ambulatori ospedalieri, che  vivono in case di cura o in  reparti di riabilitazione, che sono in trattamento domiciliare per chemioterapie o dializzati. Vanno infine menzionate le polmoniti da ventilazione VAP (Ventilated associated pneumoniae) caratteristiche di pazienti sottoposti a ventilazione meccanica dopo intubazione orotracheale  in reparti di terapia intensiva. 4

I pazienti ospedalizzati sono frequentemente soggetti affetti da affezioni respiratorie croniche, bronchiettasie, a volte tracheostomizzati,  tutte condizioni che determinano la presenza  di abbondanti secrezioni bronchiali, che rappresentano un terreno di coltura ideale per la crescita di flora batterica patogena trasmessa, oltre che per via aerea,  anche  attraverso il personale sanitario o la strumentazione infetta. Batteri potenzialmente patogeni  colonizzano quindi le prime vie aeree e successivamente scendono nel polmone profondo di soggetti con difese immunitarie inefficienti e spesso sottoposti a  trattamenti con farmaci immunosoppressivi o steroidei, causando in sequenza bronchiolite, broncopolmonite e, nei casi più gravi, ascesso polmonare. L’etiologia batterica rappresenta la quasi totalità delle affezioni nosocomiali causata soprattutto da Gram negativi (dal 25 al 75% ) e Stafilococco aureo (15-30%). Importante è considerare la tipologia dei reparti di degenza dove vengono contratte le infezioni ospedaliere. Nelle Terapie Intensive, nei pazienti intubati, lo Pseudomonas aeruginosa e lo Staphylococcus aureus sono tra i maggiori  responsabili di queste condizioni morbose insieme a Enterobacer spp, Klebsiella spp, Acinetobacter spp., Serratia mentre nei reparti di Geriatria, Medicina Interna, le Enterobacteriaceae sono responsabili di polmoniti da aspirazione gastrica soprattutto nei soggetti anziani, con deficit cognitivi e difficoltà  nella deglutizione. Tali condizioni favoriscono il passaggio nell’apparato respiratorio di agenti patogeni, normali costituenti della flora batterica del tratto gastroenterico.  Sempre nei pazienti anziani sta crescendo l’associazione di forme fungine, soprattutto da candida albicans, con forme batteriche, fino a  raggiungere percentuali del 15-20% di tutte le infezioni nosocomiali.

Questa condizioni morbosa causa un aggravio della spesa sanitaria sia in termini di impegno terapeutico, per consumo di farmaci sempre più costosi, sia per prolungamento del tempo di ricovero (7-9 giorni in più rispetto alla degenza media) infine la mortalità per polmonite nosocomiale è tra il 15% ed il 50% .

Nella diagnosi di Polmonite Nosocomiale riveste fondamentale importanza l’indagine radiologica in presenza di sintomatologia respiratoria , ma secondo le indicazioni dei CDC del 1998 si pone quando sono presenti 1 reperto maggiore ed almeno 2 minori, considerando Reperti Maggiori :

·         presenza di rantoli crepitanti all’ascoltazione

·         Presenza di addensamenti polmonari, opacità escavate, versamenti pleurici

Si considerano invece Reperti Minori:

·         Escreato purulento

·         Emocoltura positiva

·         Isolamento del patogeno

Queste forme di polmonite sono particolarmente gravi, spesso con un esito infausto  dal 20-50% in pazienti non intubati fino al 60-80% nelle forme severe con gravi comorbilità, a causa  della fragilità dei pazienti che ne risultano affetti  e dell’aggressività degli agenti patogeni. Inoltre negli ultimi anni si sta registrando un sensibile aumento delle resistenze come lo Stafilococco aureo resistente alla meticillina e lo Pseudomonas aeruginosa resistente a 3 antibiotici ( carbapenemi, amino glucosidi, chinolonici).

Per questi motivi si sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce e la necessità di instaurare rapidamente una terapia antibiotica anche sulla sola base empirica .

Numerosi studi hanno dimostrato che una terapia ad ampio spettro instaurata precocemente può ridurre la mortalità di oltre il 50% rispetto a polmoniti trattate tardivamente. In questi casi è utile considerare il PRI (Pneumonia Risk Index) che valutata l’età, le condizioni cliniche, le comorbilità e gli eventuali interventi chirurgici precedenti, stabilisce 5 classi a rischio di morte con una percentuale di decesso che varia dallo 0.24 al 15%.

Il trattamento terapeutico da attuare, sulla base dei patogeni più probabilmente coinvolti, secondo l’ATS/FADOI  prevede l’utilizzo di Cefalosporine di II-III generazione/ßlattamine protette nell’ipotesi di un’infezione da Enterobacter spp (non Pseudomonas), E.coli, Klebsiella spp, Proteus spp, S. marcescens, H influenzae, MSSA, S. peumonia.

In caso di Anaerobi, S.aureus, Pseudomonas, Legionella spp si dovranno aggiungere clindamicina, o vancomicina, o eritrocina  e rifampicina, o levofloxacina /ciprofloxacina.

In caso di Acinetobacter, P.aeruginosa si dovrà attuare terapia con Aminoglucoside/ciprofoxacina + ß-lattamasi protette/ceftazidime/carbapenemico/aztreonam.5,6,7.

Un’altra emergenza ancora attuale è la Tubercolosi (TB) pur trovando le sue radici nell’antichità, infatti ha accompagnato l’uomo nella sua storia. Era presente già nelle antiche civiltà e divenne epidemica nelle città affollate dell’Europa del XVII e XVIII secolo tanto che circa il 25% delle morti veniva attribuito alla TB. In Europa la TB ha toccato il suo culmine nel XIX secolo con tassi  grezzi di 1 morto /100 abitanti per poi diminuire significativamente negli ultimi 150 anni, fatta eccezione per la recrudescenza in occasione delle due guerre mondiali.

Questa patologia riveste tuttora, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una “global emergency”. Infatti circa due miliardi di persone, cioè un terzo della popolazione mondiale, sono stati infettati dal Micobatterio Tubercolare (MT) e di questi, ogni anno, se ne ammalano 8 milioni, di cui 2 muoiono a causa della malattia che è anche la principale causa di morte nei soggetti con infezione da HIV.

   Nei paesi sviluppati la tubercolosi è poco diffusa, ed è principalmente una malattia delle grandi aree urbane. Le diversità di incidenza hanno fondamentalmente origine dalla varietà di situazioni socio-economiche esistenti nei diversi paesi, inoltre varia con l'età.   In Italia, i valori di incidenza sono abbastanza stabili negli ultimi anni: l’immigrazione da Paesi ad alta endemia tubercolare e la diffusione dell’infezione da HIV sono i principali fattori che hanno determinato l’epidemiologia della TB negli ultimi anni.

   Così come nel resto dell’Europa occidentale, la proporzione di persone nate fuori dal nostro Paese, sul totale dei malati di tubercolosi, è andata aumentando nell’ultimo decennio, raggiungendo ormai il 50% con una diminuzione dei casi in persone provenienti dall’Africa, a fronte di un incremento dei casi che giungono dall’Est europeo. Da sottolineare che il 43% dei casi insorge entro 2 anni dall’arrivo in Italia, ma il 38% anche 5 anni ed oltre dopo il flusso migratorio. I dati dei paesi industrializzati suggeriscono peraltro che i casi di tubercolosi negli immigrati abbiano avuto finora un impatto praticamente nullo sul rischio di malattia nella popolazione autoctona. 8,9,10.

   Nel considerare la storia naturale della tubercolosi bisogna tener distinti due periodi: infezione e malattia.

Un individuo esposto al contagio dei Micobatteri tubercolari può, nell’arco di 2-6 settimane, sviluppare l’infezione. Tale situazione è svelata dall’intradermoreazione di Mantoux. L’inoculo per via sottocutanea di 5 UI di Derivato Proteico Purificato di Tubercolina (PPD-S) stimola i linfociti e attiva una risposta immune di tipo ritardato, segno di avvenuto contatto con il Micobatterio. Tale indagine, un tempo impiegata per fare diagnosi di malattia o per screening epidemiologici, ora è indicata per definire lo stato di Infezione Tubercolare latente (ITL). E’ dimostrato che solo il 10% dei soggetti infetti andrà incontro alla malattia: il 5% entro i primi due anni dall’infezione e nel restante corso della vita il rimanente 5%, anche se tutte le condizioni di deficit immunitario o segni radiologici di pregressa tubercolosi possono favorire tale progressione.   L’intradedermoreazione di Mantoux pur essendo al momento attuale il test impiegato per la diagnosi di ITL, presenta numerosi limiti: è un test in vivo operatore-dipendente e la PPD presenta una cross-reattività con BCG e Micobatteri non Tubercolari (NTM) esponendo quindi a falsi positivi; ma anche falsi negativi nei soggetti immunodepressi.

   Per questi motivi sono stati approntati nuovi strumenti per la diagnosi dell’ITL: QuantiFERON-TB GOLD e T SPOT-TB. Sono test ex vivo che utilizzano come stimolo antigenico due proteine: ESAT-6 e CFP-10 non presenti né nel BCG né nella maggior parte dei NTM. Essi rilevano, con metodiche diverse, la produzione di gamma-IFN, segno della risposta immune al Micobatterio tubercolare, da parte dei T-linfociti, stimolati dai due antigeni predetti. Infine possono essere eseguiti più volte anche a distanza di breve tempo, in quanto non presentano il fenomeno del potenziamento. 11

La sintomatologia della TB non è caratteristica, ma comune alle principali malattie respiratorie, almeno nella fase iniziale; con il proliferare dei bacilli compaiono una serie di segni come febbre, sudorazione notturna, astenia, anoressia, calo ponderale. La febbre alta-persistente o febbricola è presente nel 40-80% dei casi e in genere scompare dopo una o due settimane di terapia. Segno d’esordio della malattia può essere l’emottisi o il dolore toracico in caso d’interessamento pleurico. Il sospetto diagnostico deve sorgere quando sintomi quali febbre, tosse, astenia e dimagramento persistenti insorgono in soggetti a rischio, essendo rara l’insorgenza della TB in modo acuto. Tuttavia il quadro clinico può anche essere modificato o dominato dalla sintomatologia di malattie concomitanti quali diabete, epatopatie, alcolismo o insufficienza renale che mascherano il corteo sintomatologico inducendo un ritardi diagnostico. Le alterazioni ematologiche sono estremamente varie ma non significative.

La tubercolosi interessa principalmente l’apparato respiratorio, ma, nel 15-30% dei casi può colpire altri organi (laringe, linfonodi, ossa e articolazioni, sierose, apparato genito-urinario e meningi), anche senza una primitiva evidente localizzazione polmonare. Fattori di rischio per la TB sono:

·         Alta incidenza di casi (>10/100.000 ab.)

·         ITBL recente

·         Familiarità o coabitazione (contatto), recente immigrazione, neoplasie, terapie immunosoppressive tossicodipendenza, HIV, età estreme, insufficienza renale, alcoolismo, perdita di peso, malassorbimento, terapia con anti-TNF, segni radiologici compatibili con pregressa TB, silicosi, diabete,

La diagnosi di tubercolosi si fonda sul riconoscimento di Bacilli acido-alcool resistenti tramite l’esame microscopico del materiale biologico.

Si può utilizzare la colorazione di Ziehl-Neelsen che è un test rapido, semplice e poco costoso, che ha un valore predittivo >90% per la tubercolosi polmonare.

Si deve sempre effettuare successivamente l’esame colturale, l’identificazione di specie e l’antibiogramma. Pur essendo questa metodica il gold standard per la diagnosi di tubercolosi, essa è particolarmente lunga. Le tecniche diagnostiche di biologia molecolare, recentemente introdotte, assicurano in teoria, la diagnosi in poco tempo, a partire dalla presenza di una minima quantità di batteri nel campione in esame presentando una sensibilità elevata in campioni positivi all’esame microscopico e bassa in campioni con microscopia negativa. Tuttavia esse non escludono l’esecuzione anche delle metodiche tradizionali e vanno sempre interpretate alla luce di un giudizio clinico complessivo per cui non si usano come test di screening e non devono essere considerate di prima scelta se non in casi particolari.

Una problematica emergente di rilevanza non indifferente è rappresentata dal diffondersi di ceppi di Micobatteri resistenti, in particolare multiresistenti (MT-MDR) ossia resistenti contemporaneamente a due dei principali farmaci antitubercolari: la Rifampicina e l’Isoniazide. La percentuale rilevata è pari al 3,7 dei ceppi analizzati, di più frequente riscontro nella classe di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. Tale evenienza è particolarmente drammatica se si considera che la farmacoresistenza è indotta prevalentemente dall’uomo: ossia da una non corretta aderenza alla terapia e che i farmaci di prima scelta sono appena cinque a fronte del fatto che le Grandi Industrie non hanno nuovi agenti terapeutici da immettere sul mercato nell’immediato futuro. Secondo l’OMS si stima che ci siano ogni anno cinquecentomila nuovi casi di TB-MDR concentrati prevalentemente in Cina, Europa orientale e Russia in particolare. In alcuni casi la farmaco-resistenza si estende anche ai farmaci di seconda linea (TB-XDR). La situazione appare ancora più drammatica di fronte al sostanziale fallimento della vaccinazione con BCG e che i nuovi vaccini non saranno commercializzati prima di 10-15 anni. Recentemente l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha emanato nuove linee guida provvisorie per il trattamento della tubercolosi multifarmacoresistente    includendo l’utilizzo della bedaquilina. Si tratta del primo farmaco con un’indicazione  specifica per il trattamento della TB MDR in quanto molti dei farmaci fino ad oggi utilizzati non avevano questa indicazione specifica ma piuttosto erano impiegati off label.

 

Dal punto di vista radiologico i quadri più comuni delle infezioni polmonari possono essere raggruppati in quattro modelli di presentazione basati a loro volta su due matrici comuni, costituite dal coinvolgimento rispettivamente alveolare o interstiziale. E’ noto dall’anatomia patologica che in realtà non esistono lesioni che colpiscono esclusivamente l’alveolo o l’interstizio; tuttavia è anche certo che alcuni processi infettivi privilegiano l’uno o l’altro dei versanti, dando luogo a quadri con impegno  di tipo prevalentemente alveolare o prevalentemente  interstiziale. Pertanto poniamo i quattro pattern radiologici seguenti che possono risultare orientativi per l’eziologia dell’infezione.

         La polmonite di tipo lobare costituisce l’emblema del rapido e primitivo coinvolgimento alveolare. E’ tipica l’eziologia da streptococcus pneumoniae, Klebsiella. La radiografia standard documenta bene l’evento costituito da consolidazione primitiva degli spazi sotto forma di noduli rapidamente confluenti fino alla consolidazione omogenea di ritenzione lobare del parenchima polmonare. L’evoluzione è generalmente rapida sia nella fase di consolidazione che di risoluzione.

       Peraltro può risultare utile la TC per la dimostrazione di eventuali escavazioni o per problematiche di diagnostica differenziale.

       La broncopolmonite o polmonite lobulare riconosce un impegno primario dei bronchioli periferici e del piccolo interstizio; soltanto successivamente si assiste ad un coinvolgimento alveolare che rimane comunque circoscritto alle dimensioni lobulari.

      Questo quadro riconosce più comunemente una eziologia da mycoplasma, ma anche da altri germi.

       La polmonite interstiziale  presenta un pattern radiologico costituito quasi esclusivamente da ispessimento dei setti intra ed interlobulari che può assumere sul radiogramma un aspetto finemente lineare, reticolare e/o nodulare;  non raramente si osservano aspetti misti e con “vetro-smerigliato” là dove la correlazione morfologica non sia ben rispondente alla clinica può essere utile ricorrere alla TC ad alta risoluzione. L’eziologia è spesso virale.

        Il modello da embolizzazione  ematogena si presenta con aspetti nodulari di dimensioni medio-piccole generalmente escavate: il quadro è da correlare con emboli settici che presentano tipicamente un rapporto angiocentrico ben documentabile con la TC.

                 Le problematiche radiologiche correlate con le manifestazioni attuali della TB polmonare sono diverse, in parte scaturite dai cambiamenti epidemiologici, in parte dai mutamenti biologici nei rapporti fra il MT e l’organismo ospite. Inoltre, per l’esplosione del cancro polmonare, si impone, non raramente, una diagnostica differenziale tuttora non risolta nemmeno con la disponibilità della PET-CT.  Oggi il radiologo deve raccogliere diverse sfide diagnostiche rispetto alla malattia millenaria, ivi compresa quella legata al convincimento che essa non esista più.. Altra problematica pratica, non rarissima, è quella della diagnostica differenziale fra TB e sarcoidosi, due granulomatosi che, dal punto di vista morfologico possono risultare non distinguibili nella diagnostica radiologica .

        Per ragioni pratiche e di frequenza clinica, limitiamo a cinque argomenti quelle che riteniamo  le problematiche di radiologia clinica attualmente da focalizzare al fine di smascherare e descrivere in ogni dettaglio la TB polmonare attuale, che può presentarsi sotto svariate forme, a volte talmente sorprendenti da meritarle l’appellativo di la grande simulatrice:
1) Tubercolosi polmonare primaria nel soggetto adulto. 
2) Tubercolosi e cancro polmonare.
3) Tubercolosi polmonare nel soggetto immunodepresso.
4) Tubercolosi farmacoresistente.
5) Attuali criteri di guarigione.   

 

1 - Tubercolosi polmonare primaria nel soggetto adulto
Si può ben dire che, rispetto al passato, la tubercolosi ha cambiato sesso (il rapporto tra i due sessi si è invertito, penalizzando il maschio per il valore di circa 2,5:1, contrariamente al passato) ma soprattutto ha cambiato età .

        Nel passaggio del millennio  la TB disegna, rispetto all’età, una curva con andamento bimodale, avente il primo picco alla terza decade di vita ed il secondo alla sesta. Il primo picco riceve il maggiore contributo dalla tubercolosi primaria la quale si è nettamente spostata dall’infanzia verso l’età del giovane adulto  e decorre spesso asintomatica o oligosintomatica.

           Questo comportamento epidemiologico e clinico pone, non raramente, problemi di diagnostica differenziale con almeno tre malattie tipiche della stessa età: la sarcoidosi, il linfoma  di Hodgkin, alcune virosi respiratorie.  

        All’esigenza della diagnostica differenziale contribuisce fortemente la morfologia spesso sovrapponibile di queste tre malattie, dominata dalle tumefazioni linfonodali  iIo-mediastiniche, tipicamente raccolte «a pacchetto»; questo reperto si presenta particolarmente equivoco quando le lesioni parenchimali siano assenti o modeste .
         
Più raramente si può porre il sospetto di cancro polmonare, tenuto conto della tendenza attuale di questa malattia a scendere al di sotto dei trent’anni. Gli elementi differenziali sono di ordine clinico (modalità dell’esordio e del decorso), biologico (la tubercolosi è caratterizzata dal viraggio del test cutaneo alla tubercolina), morfologico (dal punto di vista strettamente morfologico può risultare preziosa la coesistenza di lesioni parenchimali e il relativo modello di distribuzione), densitometrico (può essere decisivo il riscontro, con la TC, di aree di colliquazione o di ipodensità da materiale caseoso e/o di  calcificazioni nel contesto dei linfonodi) .
          Nonostante tutti i criteri differenziali esposti, non raramente la diagnostica per immagini può risultare non conclusiva, per cui bisogna ricorrere alla biopsia linfonodale tramite mediastinoscopia, per via transbronchiale o per via transparietale sotto guida TC.
          Nella letteratura internazionale è segnalata con crescente frequenza la tubercolosi linfonodale nell’adulto  quale espressione di una forma primaria con minime lesioni parenchimali. È nota anche una sorta dì seconda infezione primaria nell’adulto il cui sistema immunitario abbia «dimenticato» la pregressa attivazione e perduto la conseguente immunità cellulo-mediata. Di particolare interesse è l’infezione primaria nel soggetto HIV positivo. 12,13


2 - Tubercolosi e cancro polmonare
      Si diceva un tempo che il cancro fosse una malattia del vecchio e la tubercolosi una malattia dei giovani. Oggi, pur essendo tornata ad essere una malattia dei giovani negli immigrati e nei soggetti HIV-positivi, la TB è sempre più una malattia degli adulti e degli anziani. Per questo comportamento epidemiologico, negli ultimi decenni sono cresciuti, nella pratica clinica, i casi di diagnostica differenziale tra cancro e TB polmonare; sia nella infezione primaria del giovane adulto (con grosse tumefazioni linfonodali simulanti linfomi o vistose atelettasie da sindrome adeno-bronchiale), sia nella fase post-primaria (forme tubercolari dense dell’apice, tubercolosi bronchiale con stenosi irregolari accompagnate o meno da atelettasia, forme caseose compatte a lentissima evoluzione, opacità dense mass-like intraparenchimali, a volte escavate e con espettorato negativo). Si possono configurare aspetti fortemente equivoci di tubercolosi pseudo-neoplastica specialmente in soggetti adulti, forti fumatori, affetti da BPCO . Tali aspetti diventano d’interpretazione radiologica ancora più difficile se coesistono condizioni d’immuno-depressione, con conseguente negatività del test cutaneo, evento comune nel soggetto anziano.

Casella di testo: a

 

         Il riscontro del MT nell’espettorato e la cutipositività non possono escludere, in alcuni casi, la coesistenza del cancro; il sintomo emottisi nell’adulto, come già accennato, deve evocare in prima istanza il sospetto di cancro, salvo dimostrazione contraria. Dì fronte a lesioni equivoche è sempre necessaria  una valutazione clinico-radiologica competente e accurata, utilizzando in sequenza logica tutte le necessarie metodologie d’imaging fare largo ricorso all’ago-biopsia TC-guidata. La conferma del sospetto diagnostico deve sempre derivare dal riscontro del MT nell’espettorato (su più campioni) oppure nel broncolavaggio, su prelievo bioptico o su pezzo di exeresi.
        L’impiego della TC consente di valutare con particolare accuratezza i caratteri morfologici e densitometrici della lesione parenchimale, la distribuzione spaziale, i linfonodi, l’impegno pleurico, la presenza o meno di metastasi locoregionali e a distanza. Con il criterio dell’enhancement densitometrico, dopo somministrazione di mezzo di contrasto iodato, essa contribuisce a discriminare lesioni maligne vs benigne, oltre che ad enfatizzare i tessuti colliquati, le aree di necrosi caseosa, le lesioni fibrotiche, i rapporti con la pleura, i caratteri dei linfonodi, le piccole calcificazioni. Ma non si può dire che la semeiotica TC abbia risolto completamente i problemi della diagnostica differenziale tra tubercolosi e cancro polmonare .

 

       Rimane incerto, ma sicuramente occasionale, il ruolo della RM su questo specifico tema, salvo l’estensione degli studi all’encefalo. Nell’ultimo decennio, la progressiva disponibilità della PET e della PET-CT ha ulteriormente affinato la diagnostica differenziale. Purtroppo, ancora oggi, la TB rappresenta la causa più frequente di falsi positivi alla PET! Perciò, nonostante l’adozione di corrette procedure diagnostiche, in alcuni casi non risolti può essere necessario l’intervento chirurgico di exeresi che risulta contestualmente diagnostico e terapeutico . 
        Il nodulo polmonare mass-like non presenta abitualmente caratteri differenziali a favore del cancro o della TB. Neppure la nuova tecnica di perfusion-CT, in grado di rilevare tessuti contenenti angiogenesi maligna,  sembra in grado di discriminare le due patologie, entrambe ricche di capillari neoformati. Tuttavia  l’attuale criterio TC di enhancement dopo mdc  rende più probabile l’orientamento diagnostico.     

         Resta ancora da chiarire se il cancro su tubercolosi, ovvero il cancro polmonare che nasce su cicatrice tubercolare, debba essere considerato una complicanza evolutiva tardiva, un’associazione frequente o una semplice coincidenza. L’aspetto pratico del problema risiede nel fatto che, nel contesto di vecchie lesioni tubercolari l’esordio di un cancro può sfuggire o essere interpretato come  ripresa evolutiva della malattia infettiva. .
           In casi rari si osserva la comparsa di tubercolosi su soggetto affetto da cancro polmonare (sempre da riattivazione): l’evento è legato genericamente alla caduta delle difese immunitarie, alle terapie, alle condizioni di denutrizione. Pur essendo in assoluto meno rilevante, anche questo evento può creare incertezze diagnostiche e complicare sfavorevolmente il quadro clinico.14

 

3 -Tubercolosi polmonare nel soggetto immunodepresso
        Sono note alcune condizioni  sfavorevoli per l’organismo nella difesa contro l’infezione tubercolare: malnutrizione, alcolismo, carenze igieniche, cure dimagranti, gravidanza, inurbamento, ambiente socio-economico depresso.

  La preesistenza di altre malattie può favorire l’impianto dell’infezione ed influenzarne sfavorevolmente il decorso. E’ emerso, negli ultimi decenni, che è soprattutto il patrimonio immunitario a condizionare fortemente sia l’impianto che il decorso clinico-radiologico dell’infezione tubercolare; ciò è vero oggi più che nel passato, soprattutto nei paesi occidentali.

     Le peculiarità della TB nel soggetto HIV positivo, sono di ordine biologico, clinico, anatomo-patologico e quindi radiologico. I dati che riguardano il ruolo della TB nella storia naturale dell’infezione da HIV sono oggi sufficientemente significativi perché se ne possano definire i reciproci rapporti .

     Il virus HIV-1, dotato di tropismo elettivo per la cellula chiave dell’immunità (il linfocita T-helper CD4), provoca una progressiva depressione immunitaria, aprendo le porte ad infezioni da germi patogeni opportunisti. I dati epidemiologici riportati da diversi autori  confermano questo concetto anche per la TB: il fenomeno è ormai universalmente accettato.

 

4  - Tubercolosi farmacoresistente

       Dal punto di vista clinico-radiologico le forme di TB-farmacoresistente non presentano caratteristiche distintive rispetto agli abituali casi di TB post-primaria, almeno nella fase di prima osservazione . Radiologicamente si tratta di quadri di malattia estesa a due o più lobi polmonari, contenenti lesioni cavitarie e noduli da disseminazione broncogena. Più che il reperto morfologico ed il grado di estensione delle lesioni,  dal punto di vista radiologico l’elemento di sospetto è costituito dalla mancata modificazione favorevole del quadro morfologico dopo terapia ben condotta  con i farmaci di prima linea o, addirittura, l’osservazione  di  un peggioramento del reperto sotto terapia.

 

5 - Gli attuali criteri di guarigione
     
L’impiego della HRCT ha favorito in modo straordinario il riconoscimento delle lesioni elementari, molto significative per il giudizio di attività di un  processo specifico  .

      Non è raro che, di fronte a lesioni  divenute Koch-negative, venga richiesto al radiologo un giudizio sull’attività del processo. Il primo esempio è costituito dalle immagini ipertrasparenti in seno a un processo fibroretraente: si tratta di lesioni cavitarie in evoluzione o di bolle di enfisema parafibrotico? E’  relativamente più facile discriminare le immagini d’ipertrasparenza, mentre è più insicuro il criterio di attività residua sull’opacità densa modello old TB  degli anglosassoni, a sede per lo più apicale, delimitata da strutture cicatriziali: esiste attività specifica nel suo contesto, è da considerare evolutiva, va trattata?

           Infine il tipico aspetto della tubercolosi moderna della guarigione aperta: si tratta di una vera caverna tubercolare detersa, con aspetto similcistico, delimitata da contorni netti e regolari, spessore parietale modesto, circondata o meno da esiti fibrotici anche minimi in soggetto Koch-negativo. Per insufflazione essa può assumere l’aspetto dello pneumatocele. Le caverne tubercolari residue, una volta deterse e riepitelizzate, possono essere sede di colonizzazione da parte di miceti, primo fra tutti l’Aspergillus Fumigatus, con formazione della classica immagine del micetoma, spesso accompagnata dal sintomo clinico emottisi che potrebbe evocare una ripresa di malattia tubercolare .

           Nel giudizio di attività, il criterio radiologico più affidabile  è contenuto negli  esami radiologi sequenziali; concordiamo con l’American Tuberculosis Association, secondo la quale è richiesta un’osservazione dettagliata di almeno 6 mesi per esprimere un giudizio di stabilità.
         Altri criteri derivano dalle caratteristiche morfologiche e densitometriche della lesione. La comparsa di linfonodi su un reperto stabile di old TB  deve far sospettare l’insorgenza di un cancro nel contesto della lesione .

 

 

Bibliografia

1)      Mandell L.A. Wunderink R.G. Anzueto A.
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2)      Guidelines for the Mangement of Adults with Community-acquired Pneumonia: Diagnosis, Assessment of Severità, Anitmicrobial Therapy, and Prevention.” Am J Respir Crit Care Med Vol 163.pp1730-1754,2001.

3)      Advances in Antibiotic Therapy for Community-acquired Pneumonia
Diego Viasus, Carolina Garcia-Vidal, Jordi Carratalà
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4)      Bamberger DM. Diagnosis of nosocomial pneumonia. Semin Respir Infect 3 (2) :140-147,1998

5)      Aoun M, Klastersky J. Drug treatment of pneumonia in the hospital. What are the choices? Drugs 42 (6): 962-973, 1991

6)      Agusti C.Rano A. Sibila O, Torres A. Nosocomial pneumonia in immunosuppressed patients..Infect Dis Clin North Am 17 (4): 785-800, 2003

7)      Johnson AP, Sheppard CL, Harnett SJ, et al. Emergence of a fluoroquinolone-resistant strain of Streptococcus pneumonia in England. J Antimicrob Chemother 52 (6): 953-960, 2003

8)      Ministero della Sanità. Documento di linee guida per il controllo della malattia tubercolare. Gazzetta Ufficiale S.O. n.40 del 18 febbraio 1999)

9)      American Thoracic Society. Diagnostic Standards and Classification of Tuberculosis in Adults and Children. Am J Respir Crit Care Med Vol 161 pp1376-1395, 2000

10)  WHO Global Tuberculosis Control Report 2011

11)  R. Diel, D. Goletti, G. Ferrara et al.Interferon-γ release assays for the diagnosis of latent Mycobacterium tuberculosis infection: a systematic review and meta-analysis Eur Respir J 2011 37:88-99

12)  Burrill J,  Williams C J, Bain G, et al (2007) Tuberculosis: A Radiologic Review, RadioGraphics 27:1255–1273

13)  Jeong-Nam Heo, Yo Won Choi, Seok Chol Jeon, Choong Ki Park (2005) Pulmonary Tuberculosis: Another Disease Showing Clusters of  Small Nodules. AJR 184:639–642.  

14)   Hofmeyr A, Lau WF, Slavin MA., et al (2007) Mycobacterium tuberculosis infection in patients with cancer, the role of 18-fluorodeoxyglucose positron emission tomography for diagnosis and monitoring treatment response.Tuberculosis (Edinb) 87:459-63.