LA STABILIZZAZIONE PERCUTANEA NAVIGATA

 

S. Bistazzoni

 

Nel corso dell’ultimo decennio la neurochirurgia ha cercato soluzioni mini-invasive ai problemi degenerativi della colonna vertebrale.

Al momento si sta diffondendo, per la cura di malattie degenerative del rachide vertebrale, in particolare per il trattamento delle spondilolistesi, una tecnica di stabilizzazione percutanea mini-invasiva, per recuperare la funzionalità e l’assetto della schiena senza lasciare cicatrici o segni evidenti.

La tecnica funziona in questo modo: i segmenti vertebrali lesionati sono trattati con una operazione di impianto di viti transpeduncolari fluoscopio-assistita che sono inserite attraverso delle mini-incisioni cutanee, che non arrivano ai 2 cm. Questo tipo di intervento a differenza del trattamento in open, riduce le perdite di sangue intraoperatorio, il trauma muscolare, il dolore post-operatorio, e permette un recupero più rapido dell’attività lavorativa.

Tale tecnica però presenta qualche rischio: l’uso del fluoscopio intraoperatorio è associato ad una significativa esposizione radiologica sia per il chirurgo che per il paziente; la visualizzazione stessa del peduncolo può essere limitata soprattutto in pz obesi o osteoporotici. L’incidenza di malposizionamento varia dal 6 al 40% e questo può portare a lesioni radicolari, viscerali e vascolari.

L’utilizzo del neuronavigatore permette una riduzione dell’esposizione radiologica e una migliore accuratezza nel posizionamento della viti; il grado di accuratezza passa dal 15% al 6%.     

La tecnica percutanea navigata è particolarmente utile nei casi più complicati quali: spondilolistesi superiori al II grado, deformità e rotoscoliosi.

 

Neurochirurgia IRCCS NEUROMED Pozzilli (IS)