Simposio su Sindromi di Malassorbimento

MICROBIOTA INTESTINALE E MALASSORBIMENTO

Antonio Gasbarrini, Mariachiara Campanale

 

INTRODUZIONE

 

Flora batterica, epitelio intestinale e sistema immune mucosale costituiscono nell’insieme un’entità morfo-funzionale in delicato equilibrio, responsabile dell’integrità del sistema gastroenterico ed implicata nella regolazione dello stato di “salute” dell’individuo in toto.

Prevenendo la colonizzazione da parte dei patogeni, degradando le componenti dietetiche e quelle prodotte in situ, producendo nutrienti e mantenendo la normale immunità mucosale, la flora intestinale partecipa attivamente all’omeostasi del nostro organismo. Negli anni recenti sono cominciate ad emergere sempre nuove evidenze sul fatto che l’azione e gli effetti della flora commensale possono essere interessanti e intriganti più di quanto si fosse ritenuto. Accanto alle funzioni della flora batterica intestinale già ben conosciute, si delinea sempre più chiaramente il ruolo del microbioma nello sviluppo di molte condizioni patologiche, incluse: l’obesità, (1,2) il diabete, (3) la steatosi epatica non alcolica,(4) la malattie infiammatorie croniche dell’intestino e alcuni tumori. (5)

Dr. Joshua Lederberg, Premio Nobel nel 1958, all’età di 33 anni, coniò il termine “microbioma” riferendosi al genoma collettivo dei nostri microrganismi indigeni . Più tardi, con il progetto “genoma umano”, sono state rilevate ben 233 proteine con analogie di sequenze presenti solo nei batteri, suggerendo che abbiamo acquisito questi geni dalla nostra flora residente. (6) Questo ha portato ad una domanda fondamentale: precisamente, in che misura la vita dell’uomo dipende dalla sua microflora?(7)

 

 

COMPOSIZIONE

Per avere un’idea concreta della numerosità ed eterogeneità dell’universo microbico intestinale, basti considerare che tale habitat ospita da 300 a 500 specie diverse di microrganismi e che il numero di cellule microbiche che risiedono nel lume, pari a circa un chilogrammo di peso corporeo, è 10 volte più numeroso del numero di cellule eucariotiche dell’intero organismo. Un’ulteriore livello di complessità è rappresentato dalla diversità spaziale e temporale della flora batterica: tale ecosistema non solo è quali/quantitativamente diverso a seconda dei vari livelli del tratto intestinale considerato, ma si modifica in relazione a età, sesso e una miscellanea di fattori ambientali quali dieta e stile di vita.

La colonizzazione batterica del tratto gastrointestinale inizia nel neonato subito dopo la nascita e, nei primi quattro anni di vita, l’ecoflora intestinale si modella realizzando un lento e progressivo shift verso la composizione microbica tipica dell’adulto: il risultato è un vero e proprio “imprinting microbiologico” che risente dei numerosi fattori che intercorrono in questa fase tanto delicata della vita di un individuo. La composizione della flora batterica in età infantile ha una grande importanza nel determinismo di varie patologie dell’eta’ adulta  (8,9). Dal momento che la prima fonte di microrganismi per il neonato è rappresentata dal contatto con la flora batterica vaginale e fecale materna, la modalità con cui avviene la nascita è il fattore che inizialmente condiziona la composizione microbica intestinale del neonato: il parto cesareo evita, infatti, il contatto con la flora batterica materna con la conseguenza che la ecoflora intestinale del neonato risentirà soprattutto dell’influenza di altri fattori ambientali, quali l’ambiente ospedaliero e la dieta. Anche la modalità di allattamento influenza pesantemente la composizione dell’ecoflora, l’allattamento materno al seno, infatti, stimola prevalentemente la crescita di Bifidobatteri; mentre l’allattamento artificiale favorisce l’instaurarsi di una flora più varia, composta da Bifidobatteri, Bacteroidi, Fusobatteri e Cocci, tra i quali però, nessun genere sembra prevalere (10,11).

La complessità strutturale dell’ecoflora intestinale è dovuta al fatto che essa varia con l’età del soggetto e presenta significative differenze quali/quantitative nei vari tratti dell’apparato gastrointestinale:

Cavo orale: ospita una complessa microflora consistente in streptococchi, bacteroidi, lactobacilli e lieviti.

Stomaco, duodeno e digiuno: la presenza di secrezioni acide gastriche, bile e succhi pancreatici, creando un ambiente ostile alla sopravvivenza di gran parte delle specie batteriche, giustifica la scarsità di microbi adesi alla superficie epiteliale o che transitano nel lume di stomaco, duodeno e digiuno (103-104 CFU/mL); tale popolazione batterica è rappresentata da aerobi Gram-positivi e anaerobi facoltativi, quali lactobacilli ed enterococchi. Solo eccezionalmente, nel digiuno di soggetti sani si riscontrano coliformi che, quando presenti, sono dei contaminanti transitori di origine alimentare. In condizioni fisiologiche, nel tenue prossimale non si riscontrano bacteroidi, specie dominante invece nella flora batterica del colon.

Ileo e colon: la concentrazione batterica aumenta progressivamente lungo l’intestino tenue, raggiungendo, superata la frontiera anatomica della valvola ileo-ciecale, una densità pari a 1011-1012 CFU/mL. A livello colico, in particolare, la flora anaerobia risulta da 100 a 1000 volte maggiore rispetto a quella aerobia; e’ importante anche notare come, delle 500 specie microbiche note, solo 10-20 generi sembrano predominare quantitativamente nella normale microflora umana.

L’età dei soggetti, come già accennato, influenza la composizione dell’ecoflora. In particolare, i generi Bacteroides, Bifidobacterium, Eubacterium, Clostridium, Peptococcus, Peptostreptococcus predominano nelle prime fasi della vita, mentre gli aerobi (anaerobi facoltativi), come Escherichia, Enterococcus, Enterobacter, Klebsiella, Lactobacillus etc, sono i generi subdominanti. I generi Bacteroides e Bifidobacterium sono dal punto di vista quantitativo, quelli più importanti raggiungendo percentuali pari, rispettivamente, al 30 e 25% della conta batterica anaerobia totale. Si pensa che i batteri appartenenti al gruppo dei Bacteroides Gram-negativi (p.e. Bacteroides ovatus, B. fragilis) siano i più numerosi. Da sottolineare come lo stesso genere contenga sia specie proteolitiche che saccarolitiche. Gli anaerobi obbligati includono, inoltre, Eubacteri e Bifidobacteri, come il Bifidobacterium bifidum e il Bifidobacterium infantis, preminenti nelle feci dei bambini allattati al seno.

E’ ovvio pero’ sottolineare che i dati sulla composizione dell’ecoflora sono sempre limitati e difficili da generalizzare. In ogni individuo, infatti, si realizzano differenti combinazioni tra le centinaia di specie appartenenti a ciascun genere, con conseguente personalizzazione dell’ecoflora (8,9,12)

Bisogna anche tenere presente che molte (circa il 50%) delle specie batteriche che possono essere osservate direttamente all’esame microscopico di campioni di feci diluite non possono essere coltivate sui comuni terreni di coltura (13,14). E’ verosimile però che il futuro utilizzo di nuove tecniche (analisi delle regioni ipervariabili del 16rRNA batterico mediante sequenziamento con PCR, con DGGE o utilizzando primers specie-specifici)  capaci di fornire un’analisi molecolare sia della flora coltivabile che di quella non coltivabile possa dare nuove dettagliate informazioni sulla composizione della flora batterica intestinale e permettere di creare veri e propri database utili ad un sistematico studio della composizione microbica intestinale (15). Da sottolineare, inoltre, che molte delle sequenze di DNA identificate con tali metodiche, corrispondono a batteri mai descritti prima, suggerendo che alcuni individui possano avere ceppi batterici unici (16).

 

 

 

FUNZIONI BIOLOGICHE

 

L’uso degli animali allevati nelle condizioni germ-free ha dato importanti informazioni sull’effetto del microbiota intestinale sulla fisiologia e patologia dell’ospite (17) Le evidenze raccolte grazie a questi studi (18) suggeriscono che la microflora ha rilevanti e specifiche funzioni metaboliche, trofiche e protettive. La capacità di fermentare composti alimentari non digeribili e di degradare il muco endogeno riveste, nell’ambito delle funzioni metaboliche, grande importanza. L’eterogeneità genetica della popolazione microbica fornisce una serie di attività enzimatiche e di vie metaboliche notevolmente diverse da quelle dell’ospite. La complessa attività metabolica garantisce substrati assorbibili dall’ospite, sostanze nutritive utilizzabili ai fini della crescita e proliferazione batterica e la fornitura di energia ad entrambi.

 

1.Funzioni metaboliche

La fermentazione dei carboidrati, il cui end-point metabolico è rappresentato dalla formazione di acidi grassi a catena breve, rappresenta la principale fonte energetica nel colon. I carboidrati non digeribili includono i polisaccaridi (incluso alcuni amidi, la cellulosa, le pectine), alcuni oligosaccaridi che resistono ai normali processi digestivi, zuccheri e alcol non assorbiti (19). Anche il metabolismo anaerobio di peptidi e proteine induce la formazione di acidi grassi a catena breve ma, al tempo stesso, produce intermedi biochimici potenzialmente tossici quali ione ammonio, amine, fenoli, tioli e indoli. Le proteine comunemente metabolizzate dalla flora batterica sono le elastine e il collagene derivanti da fonti dietetiche, dalla digestione attuata dai succhi pancreatici e dalla lisi batterica. La disponibilità dei substrati nel colon di un individuo adulto, è di circa 50-60g di carboidrati e 5-20g di proteine al giorno (8,9,12).

Esistono differenze significative in termini di metabolismo batterico nei vari segmenti colici. Il colon prossimale infatti è caratterizzato da un’elevata disponibilità di substrati forniti dalla dieta, da un basso pH derivante dall’intensa fermentazione batterica, da rapida proliferazione batterica e rapido transito. Al contrario, nel colon distale, i substrati sono meno disponibili, il pH è generalmente intorno ai valori di neutralità e la popolazione batterica è tendenzialmente statica. Mentre nel colon destro prevale il metabolismo saccarolitico, a sinistra l’attività batterica è tendenzialmente proteolitica.

I microrganismi presenti nel colon giocano un ruolo importante nella sintesi di vitamine e nell’assorbimento ionico, in particolare del calcio, magnesio e ferro. Le vitamine sintetizzate vengono utilizzate sia dagli stessi batteri autoctoni che dall'ospite: ciò accade per le vitamine B1, B2, B6, B12, PP, H, l’acido pantotenico ed l’acido folico (18,20,21).

L’assorbimento di ioni nel cieco è stimolato dalla fermentazione dei carboidrati e dalla produzione di acidi grassi a catena breve, in particolar modo acetato, butirrato e propionato. Ciascuno di questi acidi svolge un ruolo importante nei processi fisiologici dell’ospite. L’acido butirrico è utilizzato prevalentemente a livello dell’epitelio della mucosa colica, per il quale rappresenta la principale fonte energetica e nutrizionale. L’acido acetico e propionico sono stati individuati nel sangue portale e vengono metabolizzati dal fegato (acetato) o dai tessuti periferici, in particolar modo dal muscolo (propionato) (22,23).

La microflora intestinale svolge inoltre azione di deconiugazione degli acidi biliari. Gli acidi biliari derivano dal metabolismo del colesterolo nel fegato, dal quale vengono coniugati con glicina ed eliminati con la bile. A livello intestinale la deconiugazione ad opera della 7-deidrossilasi batterica, determina la formazione di acidi biliari primari e secondari che, in minima parte sono metabolizzati ed eliminati con le feci, mentre la maggior parte ritorna a livello epatico dove viene ri-coniugata ed eliminata attraverso la bile: tutto ciò si realizza attraverso un complesso meccanismo di feed-back, nel quale è fondamentale il ruolo svolto dalla microflora intestinale.

La flora intestinale probabilmente regola anche i depositi del grasso ed il metabolismo lipidico.(24) Già nel 1983 Wostmann e i suoi collaboratori hanno osservato che i roditori germ-free richiedono un apporto calorico maggiore di 30% rispetto ai roditori con la “normale” flora intestinale, per mantenere la loro massa corporea. La colonizzazione dei topi germ-free con la normale flora produceva un aumento del grasso corporeo del 60% e insulinoresistenza entro 14 giorni, nonostante una diminuzione dell’apporto alimentare del 30%. Anche la leptina, un ormone di derivazione adipocitica la cui espressione correla con il contenuto lipidico negli adipociti e il livello insulinico, aumenta significativamente dal 14° giorno dopo la colonizzazione del topo germ-free.

Un caso esemplificativo dell’interazione tra flora residente e individuo ospite è rappresentato dal Bacteroides Thetaiotamicron. Esso è un batterio anaerobio gram-negativo che costituisce il 6% della normale microflora. L’analisi delle sequenze di 16S RNA ha fornito per questo batterio le più esaurienti informazioni genomiche rispetto a quelle ottenibili per gli altri batteri appartenenti al microbiota intestinale. Tale batterio si è dimostrato in grado di modulare l’espressione di un’ampia varietà di geni dell’uomo, risultando implicato nelle più importanti funzioni fisiologiche intestinali.

Oltre ad assolvere dei compiti in materia di immunità locale e di protezione contro i patogeni, il Bacteroides thetaiotamicron (BT) ricopre un ruolo centrale nel metabolismo dei nutrienti. I mammiferi hanno una capacità limitata di idrolizzare e utilizzare la maggior parte dei polisaccaridi ingeriti con la dieta e la carenza di specifiche glicosil-idrosilasi è sopperita dalla microflora polifunzionale dell’intestino. In particolare emerge  il BT con la sua fondamentale attività saccarolitica. Nel suo genoma sono stati individuati geni coinvolti nel metabolismo dei carboidrati (susA- susG) e geni che codificano per proteine di membrana leganti i polisaccaridi ala superficie batterica (susC, susD, susE, susF). Complessivamente il BT possiede 226 idrolasi glicosidiche e 64 liasi polisaccaridiche, “armamentario” che gli permette di degradare i polisaccaridi della dieta, di assorbirli attraverso la parete batterica  e di metabolizzarli con produzione di ATP e SCFA, implicati in funzioni trofico-metaboliche a vantaggio dell’epitelio intestinale. Inoltre il BT dimostra una certa versatilità in risposta alle modificazioni della dieta grazie ad idrolasi inducibili, capaci di utilizzare i glicani della superficie mucosa come condroitin solfato, mucina, acido ialuronico ed eparina.

Seppur considerevole, questo rappresenta un accenno parziale alle funzioni svolte dal Bacteroides Thetaiotamicron, la cui attività metabolica è non solo complessa ma anche finemente regolata dal punto di vista genico. Tale simbionte risulta quindi un componente fondamentale del microbiota intestinale sia dal punto di vista numerico che funzionale.(25)

 

2.Funzioni trofiche

Probabilmente l’effetto più importante sui processi fisiologici del colon indotto dalla produzione di acidi grassi a catena breve da parte della flora residente, è rappresentato dall’effetto trofico sull’epitelio intestinale. La possibilità che l’ecoflora intestinale possa stimolare la proliferazione di cellule epiteliali intestinali è stata dimostrata in studi condotti su ratti allevati in condizioni ambientali germ-free: in tali sperimentazioni infatti la percentuale di cellule presenti nelle cripte intestinali era decisamente più bassa rispetto a quella dei ratti colonizzati da flora batterica convenzionale. Anche i processi differenziativi dell’epitelio intestinale sono altamente influenzati dai microrganismi residenti: è stato dimostrato che tutti e tre i maggiori  acidi grassi a catena breve sono in grado di stimolare la differenziazione in vivo delle cellule epiteliali sia del grosso che del piccolo intestino. L’acido butirrico, inoltre, sembra inibire in vitro la proliferazione cellulare e stimolare la differenziazione di linee cellulari epiteliali neoplastiche sia del piccolo che del grande intestino, nonché promuovere la reversione delle cellule dal fenotipo neoplastico a non-neoplastico (26). Si e’ anche ipotizzato che gli acidi grassi a catena breve potessero prevenire le riacutizzazioni di rettocolite ulcerosa e la cancerogenesi colonica, ma non sono ancora disponibili dati definitivi e validati.

 

3.Funzioni immunitarie

 

Il cross-tolk tra l’ospite e i batteri sulla superficie mucosale dell’intestino sembra giocare un ruolo importante nello sviluppo di un normale sistema immunitario. Gli animali allevati in condizioni germ-free, ad esempio, hanno una bassa densità di cellule linfoidi nella mucosa intestinale, le strutture follicolari sono poco sviluppata e la concentrazione delle immunoglobuline circolanti nel sangue è bassa (27,28) La colonizzazione dell’intestino da parte dei microrganismi determina un incremento del numero dei linfociti intraepiteliali (29,30) la formazione di centri germinali nella lamina propria[i] ed un aumento significativo della concentrazione delle Ig nel siero.

Molte e diverse interazioni tra microbiota, epitelio e GALT sono inoltre coinvolte nel modellamento dei meccanismi di memoria immunitaria sistemica. Tali meccanismi sembrano partecipare allo sviluppo della tolleranza orale e sono cruciali per l’appropriato sviluppo dei complessi circuiti immunoregolatori mucosali e sistemici.

Nell’adulto l’immunità può essere costantemente modellata da continue interazioni tra l’ospite e i suoi batteri all’interno dell’intestino. Gli organismi commensali sono capaci di sfuggire alla risposta immune, ad es. Bacteroides fragilis, una specie predominante nel colon umano, può cambiare l’antigenicità della propria superficie producendo diversi polisaccaridi capsulari. Questa capacità permette agli organismi di sfuggire all’immunosorveglianza e di mantenere una nicchia ecologica di predominanza nel tratto intestinale.

E’ noto inoltre che l’intestino umano è sede di un processo continuo di cosiddetta “infiammazione fisiologica” o “controllata”; dati recenti suggeriscono che i batteri commensali sono essenziali a tal proposito insieme ai Toll-like receptors (TLRs) espressi dalle cellule della mucosa.(29,31)

I TLR sono infatti le componenti chiave del sistema immunitario innato e formano una famiglia di proteine che legano alcune molecole rilasciate dai batteri, PAMPS (Pathogen-associated molecular patterns )  che sono Polisaccaridi essenziali e polinucleotidi che differiscono da un patogeno all’altro ,

 (ad es. lipopolisaccaride, flagellino, beta glucano),capaci di indurre una  risposta pro-infiammatoria attraverso una via NFkb-mediata.

 Tuttavia i risultati di diversi studi hanno mostrato che TLR più che essere semplicemente un trigger dell’infiammazione hanno un ruolo di tipo regolatorio molto più complesso (32). Le circostanze e i meccanismi con cui essi passano dall’esercitare un ruolo essenzialmente fisiologico ad un ruolo patologico nelle malattie intestinali non sono ancora ben conosciuti e richiedono ulteriori ricerche.

 

4.Effetto protettivo: il complesso ecoflora-mucosa quale barriera intestinale

 

L’influenza esercitata dai batteri intestinali sul trofismo, sulla morfologia e sulle funzioni dell’epitelio di rivestimento si ripercuote inevitabilmente sull’efficacia della funzione di barriera svolta dal complesso flora-superficie mucosa. In condizioni normali l’equilibrio tra le  varie specie batteriche promuove i meccanismi di difesa propri della superficie mucosa.

I ratti germ-free mostrano delle anomalie strutturali a livello della superficie mucosa assenti negli animali da esperimento allevati in modo convenzionale: la riduzione dello spessore dei villi intestinali, la diminuita altezza delle cripte del Lieberkhun, le poche e piccole placche del Peyer ed un numero ridotto di leucociti nella lamina propria alterano la composizione della barriera intestinale. L’effetto barriera della mucosa intestinale sembra correlato a molti e diversi meccanismi. Si è dimostrato, in vitro, come le cellule batteriche competano per siti di adesione presenti a livello del brush border delle cellule dell’epitelio intestinale: la modalità con cui alcune specie sono in grado di mantenere una specifica collocazione nel tratto intestinale è del tutto sconosciuta.                                

I batteri non patogeni che aderiscono alla superficie epiteliale possono impedire a loro volta l’adesione e il successivo ingresso di specie microbiche entero-invasive all’interno delle cellule epiteliali. Inoltre, i batteri competono tra di loro per la disponibilità degli alimenti all’interno delle nicchie ecologiche: l’ospite provvede attivamente a quanto necessario al batterio e quest’ultimo indica attivamente quanto ne necessita. Questa simbiosi previene la sovrapproduzione di nutrienti che potrebbe favorire l’intrusione di microbi rivali potenzialmente patogeni per l’ospite. Infine i batteri possono inibire la crescita dei loro rivali, attraverso la produzione di sostanze antimicrobiche note come batteriocine. L’abilità di produrre batteriocine è ampiamente diffusa tra la collettività microbica del tratto gastrointestinale; gran parte di queste sostanze sono degradabili dalle proteasi digestive dell’ospite, limitandone in tal modo l’azione a nicchie intestinali ristrette.

 

 

ALTERAZIONI DELLA FLORA INTESTINALE: SIBO ( SINDROME DA “OVERGROWTH” BATTERICO DELL’INTESTINO TENUE)

 

L’overgrowth batterico dell’intestino tenue (small intestinal bacterial overgrowth – SIBO) è una sindrome clinica associata ad un eccessivo numero di batteri nella parte prossimale dell’intestino tenue (>105 CFU/mL). Le condizioni predisponenti ad un dismicrobismo patologico nell’intestino tenue sono essenzialmente legate all’alterazione dei fattori anatomo-funzionali che in condizioni fisiologiche, limitano la sovracrescita batterica stessa. Tra i più frequenti e importanti fattori patogenetici vi sono sicuramente difetti della motilità intestinale (stipsi cronica, incontinenza della valvola ileo-ciecale, alterazioni dello svuotamento gastrico, neuropatia diabetica, sclerodermia), difetti anatomici (diverticolosi, stenosi, fistole, resezioni chirurgiche), ipo/acloridria gastrica (atrofia gastrica, resezioni gastriche, terapia protratta con PPI) ed altre condizioni come deficit immunitari, età avanzata, malnutrizione.

Sebbene ben poco sia ancora noto in merito alla caratteristiche della popolazione microbica intestinale, sia in termini di composizione che ovviamente di funzioni, in corso di SIBO, le conoscenze a disposizione fanno presumere come conseguenza diretta dell’alterazione sia quali- che quantitativa della flora microbica del piccolo intestino, la produzione di  metabolici tossici, danneggia la mucosa intestinale e compete con la mucosa stessa per l’assorbimento e l’utilizzazione dei nutrienti (33,34)

L’interferenza dell’attività microbica con la fase endoluminale di assorbimento è dovuta ad una precoce ed abnorme deconiugazione degli acidi biliari e ciò conduce ad un certo grado di insufficienza biliare per ridotta formazione delle micelle. Pertanto la contaminazione può essere causa di malassorbimento lipidico. Al tempo stesso non si può escludere che vi sia una parziale compromissione della fase enterocitaria dovuta ad un danno citotossico strutturale diretto, solitamente di entità limitata e con distribuzione focale, presumibilmente correlato all’aumentata adesività dei batteri alla superficie epiteliale e/o all’azione tossica dei metabolici batterici (acidi organici, acidi biliari liberi, acidi grassi idrossilati).

Gli alterati processi di deconiugazione e deidrossilazione batterica degli acidi biliari primari con conseguente ridotta formazione di micelle e malassorbimento lipidico, comportano una steatorrea di media entità nella maggior parte dei pazienti con SIBO. La deidrossilazione batterica degli acidi grassi rappresenta un ulteriore meccanismo di compromissione funzionale: acidi grassi deidrossilati infatti, non vengono né assorbiti né ulteriormente metabolizzati dalla flora batterica intestinale, ma hanno un potente effetto catartico, causando secrezione di acqua ed elettroliti e riducendo, in tal modo, anche l’assorbimento dei nutrienti. I carboidrati presenti nel lume del piccolo intestino poi, vengono fermentati dalla flora batterica con formazione di acidi grassi volatili e gas. La ridotta attività idrolitica degli enzimi del brush-border danneggiato dalle proteasi batteriche, comporta inoltre il malassorbimento dei disaccaridi. Inoltre la presenza di overgrowth batterico nell’intestino tenue determina fermentazione dei carboidrati con falsa positività ai test di intolleranza glucidica (35).

Ridotte concentrazioni sieriche di albumina ed amminoacidi essenziali sono spesso presenti per la metabolizzazione delle proteine della dieta in urea ed ammoniaca. Sperimentalmente è stata dimostrata una ridotta captazione di aminoacidi e peptici verosimilmente dovuta a submicroscopiche alterazioni di mucosa indotte dalle proteasi batteriche.

Anche il malassorbimento di vitamina B12 è di frequento riscontro nella sindrome del tenue contaminato per la competizione tra batteri ed organismo ospite per il legame con il complesso vitamina B12-fattore intrinseco. Al contrario l’acido folico, prodotto dalla fermentazione batterica di substrati presenti nel lume intestinale, può essere assorbito regolarmente dall’organismo ospite raggiungendo quindi livelli sierici normali od elevati.

La presentazione clinica della SIBO, quando non sia una franca sindrome da malassorbimento, può essere estremamente varia e aspecifica, lasciando spazio a dubbi diagnostici importanti. A tal proposito vale la pena di menzionare un recente studio americano nel quale si dimostra come parte dei pazienti catalogati come affetti da sindrome dell’intestino irritabile, presentino invece una SIBO suggerendo una possibile misclassificazione diagnostica in un sottogruppo di pazienti con IBS (36,37).

 

   Diagnosi della SIBO

 

Sebbene l’aspirazione e coltura del succo duodenale sono considerati i gold standard per la diagnosi di SIBO (38) tuttavia essi rappresentano dei metodi con molti limiti come la potenziale contaminazione da parte dei batteri orofaringei durante il campionamento. La bassa riproducibilità dell’aspirazione digiunale e della coltura (circa 38%), l’invasività e gli alti costi. Per questi motivi sono stati sviluppati molti test non invasivi per la diagnosi di SIBO. Sono dei test indiretti alla base dei quali c’è la capacità dei batteri luminali di metabolizzare i carboidrati (glucosio e lattulosio) producendo gas tra cui l’idrogeno che viene eliminato successivamente con l’aria espirata (39). Sulla base dei breath test la diagnosi di SIBO viene posta quando il livello di idrogeno espirato aumenta di più di 10 parti per milione (p.p.m.) rispetto al basale in due campioni successivi, o quando l’aumento di idrogeno espirato in un campione è maggiore di 20 p.p.m. rispetto al campione precedente dopo la somministrazione per os del substrato.

L’interpretazione dei breath test può risultare particolarmente difficile in particolare nei pazienti con transito intestinale particolarmente accelerato o ritardato, nella sindrome dell’intestino corto a causa del malassorbimento dei carboidrati ed una precoce fermentazione dei zuccheri non assorbiti, nei pazienti sottoposti a recenti terapie antibiotiche o nei pazienti non produttori di idrogeno. Esiste, infatti, una percentuale della popolazione che va da 15% a 27% che non produce idrogeno ma altri gas tra cui il metano, per cui la misurazione del solo idrogeno sottostimerà la prevalenza di SIBO tra questi soggetti. La determinazione combinata di metano ed idrogeno permetterà, invece, il rilievo dei soggetti portatori di Methanobrevibacter smithii, produttori di metano (40,41,42).

 

 SIBO  e intolleranze alimentari

La maggior parte dei pazienti affetti da SIBO lamenta tuttavia  una sintomatologia intestinale più sfumata, composta essenzialmente da diarrea acquosa, dolore addominale, meteorismo e flatulenza, del tutto sovrapponibile a quella che si riscontra in patologie quali la sindrome dell’intestino irritabile e le intolleranze agli zuccheri.

Un recente studio del nostro gruppo ha ipotizzato e dimostrato la correlazione tra SIBO e intolleranza ai carboidrati (lattosio, fruttosio e sorbitolo). (43) In tale studio,  sono stati arruolati 98 pazienti affetti da IBS, accertata sulla base dei Criteri Roma II, ad ognuno dei quali è stata somministrata una batteria di H2 Breath Test (BT), composta da Lattulosio BT (LBT) per la diagnosi di SIBO e da BT al lattosio, fruttosio e sorbitolo per la diagnosi di intolleranza ai suddetti zuccheri. E’ stato riscontrata una significativa associazione tra la positività al LBT e la positività agli altri test. Dopo terapia antibiotica decontaminante, il monitoraggio degli H2 Breath Test per lattosio, fruttosio e sorbitolo ha dimostrato una negativizzazione di tali test in una notevole percentuale di pazienti in cui si otteneva la decontaminazione intestinale. Tali dati suggeriscono come, nei pazienti affetti da Sindrome da overgrowth batterico, l’abnorme popolazione microbica possa indurre una precoce fermentazione dei carboidrati a livello tenuale e quindi un loro malassorbimento secondario; diversamente da quanto accade nella vera e propria intolleranza agli zuccheri, in cui i substrati non assorbiti diventano oggetto del metabolismo batterico a livello del colon. Il risultato ha notevoli implicazioni sul piano terapeutico, poiché suggerisce di interpretare i risultati si eventuali indagini  rivelatrici di intolleranze alimentari in modo comparativo con l’accertamento di un overgrowth batterico intestinale, in modo da poter indirizzare una buona fetta di pazienti verso una terapia antibiotica decontaminante, piuttosto che a faticose diete di eliminazione.

 

TERAPIA e ricorrenza

 

La terapia della sindrome da contaminazione batterica dell’intestino tenue è un argomento complesso e molto dibattuto: nonostante numerosi studi si siano avvicendati in questi ultimi anni proponendo diversi approcci terapeutici, non esiste a tutt’oggi un trattamento ottimale e globalmente accettato.

Le condizioni predisponenti rivestono un ruolo di primaria importanza nella patogenesi della SIBO. Il passo immediatamente successivo all’accertamento diagnostico di overgrowth batterico intestinale, dovrebbe dunque essere volto all’analisi e quindi al trattamento degli eventuali disordini di base. Tenendo ben presente il background patogenetico della SIBO, è dunque auspicabile tentare di rimuovere possibili condizioni che compromettano la barriera acida gastrica, la motilità intestinale e l’immunità sistemica e locale.

Nelle forme conclamate di SIBO è bene utilizzare dei supporti nutrizionali per sopperire ai deficit di vitamine, minerali e alla malnutrizione in generale.

Non è stato ancora chiarito il ruolo che farmaci promuoventi la motilità del piccolo intestino potrebbero avere nel miglioramento della sintomatologia.

La pietra miliare nel trattamento della SIBO è attualmente la terapia antibiotica. Idealmente, per la scelta del farmaco più appropriato, dovrebbe far da guida il test di suscettibilità in vitro: questo è tuttavia impossibile nel caso dell’overgrowth, che per sua stessa natura non riconosce eziologicamente una singola specie batterica microbica. L’approccio più largamente condiviso consiste nell’utilizzo di antibiotici ad ampio spettro.

Non esiste al momento un’uniformità terapeutica per cui i numerosi studi che si sono susseguiti alla ricerca della terapia più appropriata forniscono diverse evidenze sull’efficacia di svariati tipi di farmaci antibiotici. L’approccio iniziale si basava sull’utilizzo di antibiotici sistemici. Le tetracicline sono state tra i primi antibiotici ad essere impiegati in questo contesto e sono attualmente di raro utilizzo sia per il non promettente tasso di decontaminazione, correlato alla scarsa efficacia nei confronti dei batteri anaerobi e in particolare dei Bacteroides, sia per i noti effetti collaterali a livello di fegato, rene, cute, osso, apparato digerente e midollo osseo.(44)

La rifaximina è un antibiotico ad ampio spettro, derivato della rifamicina, inibente  la sintesi dell’RNA batterico e quindi avente azione battericida sia verso specie aerobiche che anaerobiche. In particolare i risultati in vitro predicono una maggiore attività verso gram-positivi quali Stafilococchi, Streptococchi ed Enterococchi piuttosto che verso gram-negativi quali Enterobacteriacee, Pseudomonas, Acinetobacter ed Helicobacter, ad eccezione dei Bacteroidi. La rifaximina è attualmente utilizzata per il trattamento della diarrea batterica acuta, per l’encefalopatia porto-sistemica e per la malattia diverticolare (45). La novità della terapia con rifaximina rispetto agli altri approcci è la sua caratteristica di antibiotico non assorbibile (meno dello 0.1% della dose somministrata per os viene assorbito a livello sistemico) e ciò ha una importante implicazione a livello pratico: minor rischio di effetti collaterali e tossicità sistemica, di interazioni tra farmaci e  di antibiotico-resistenza. Oltre ad avere un migliore impatto sul paziente, tali caratteristiche sono importanti soprattutto in caso di trattamento a lungo termine o di cicli ripetuti nel tempo.

Esistono vari dati in letteratura che comprovano la sua efficacia. Tra questi, uno studio comparativo, controllato e randomizzato, tra rifaximina ed clortetraciclina, ha sottolineato il più alto tasso di miglioramento clinico e di negativizzazione del breath test (70% vs 27%) nei pazienti trattati con rifaximina (44)

Lo stesso tipo di trattamento con dosaggio di 1200 mg/die di rifaximina per 7 giorni è stato somministrato da Cuoco et al. a pazienti affetti da SIBO, seguito poi da un ciclo di probiotici di 20 gg: il tasso di eradicazione si è attestato al 83%, con un significativo miglioramento dei sintomi gastrointestinali (46).

Anche il nostro gruppo ha condotto degli studi in tale campo: in un recente trial, abbiamo suddiviso in modo randomizzato 90 pazienti affetti da SIBO in 3 gruppi, sottoponendoli a diversi dosaggi di rifaximina per un periodo comune di 7 giorni. Il maggior tasso di eradicazione (60%), misurato come normalizzazione del glucosio breath test, è stato attestato nel gruppo che aveva ricevuto la più alta dose del farmaco, pari a 1200 mg/die, seguito dal gruppo con dosaggio di 800 mg/die, associato al risultato di 26.7% di normalizzazione del GBT, e infine dal gruppo a cui era stata somministrata il minor quantitativo di antibiotico, 600 mg/die, che ha evidenziato una percentuale di normalizzazione del GBT di 16.7%. Per ciò che concerne gli effetti collaterali, non si sono rilevate significative differenze della loro prevalenza tra i 3 gruppi (47).

Evidenze ancora più recenti testimoniano inoltre una maggiore efficacia dello schema terapeutico di 1600 mg/die di rifaximina per 1 settimana, con un reperto di normalizzazione del GBT di 82% rispetto al più utilizzato dosaggio di 1200 mg/die (48).

In definitiva, sebbene non vi siano dati conclusivi sulla miglior strategia terapeutica in pazienti con SIBO, la rifaximina sembra essere una valida scelta terapeutica, sia per l’efficacia nell’ottenere la decontaminazione, sia per la scarsità degli effetti collaterali.

Uno studio recente del nostro gruppo, ha tuttavia evidenziato che dopo terapia decontaminate, il tasso di ricorrenza  per SIBO è alta, 12.5% (95% CI, 5.3%-19.7%), 27.5% (95% CI, 17.7%-37.3%) e 43.7% (95% CI, 32.6%-54.6%) rispettivamente a 3, 6 e 9 mesi. L’età, la storia di appendicectomia e l’uso cronico di inibitori di pompa protonica sono risultati essere fattori predisponenti la ricontaminazione. La ricomparsa di SIBO si associava poi alla ripresa della sintomatologia gastrointestinale (49). Si evince quindi che il trattamento della SIBO non può prescindere dalla restituzione di tutti i potenziali meccanismi che fisiologicamente si oppongono alla contaminazione batterica dell’intestino tenue, poiché altrimenti è inevitabile una recidiva di SIBO anche in seguito ad un opportuna terapia antibiotica con successo. Tuttavia molti dei fattori predisponenti sono difficili da modificare o rimuovere totalmente, per cui potrebbe essere necessaria una terapia antibiotica ciclica.

Nei pazienti con ripositivizzazione del GBT, la ricorrenza dei sintomi potrebbe aiutare ad identificare il sottogruppo di pazienti da indirizzare ad un approfondimento diagnostico post-trattamento per accertare l’effettiva recidiva di SIBO e programmare quanto prima un nuovo ciclo di antibiotico-terapia.

È da sottolineare che nel nostro studio la ripositivizzazione del glucosio breath test è da riferirsi alla terapia con rifaximina. Non sono disponibili, al momento, dati sulla valutazione post-terapia eradicante con antibiotici diversi  comunemente usati per il trattamento della SIBO nella pratica clinica. Sono auspicabili futuri studi che si pongano come obiettivo la valutazione, tramite GBT, dell’effettivo beneficio derivante dalla terapia con antibiotici ad ampio spettro, assorbibili o non assorbibili, diversi dalla rifaximina. Essi potrebbero permettere di fare una valutazione comparativa e di trarre conclusioni più complete sui risultati a breve e lungo termine di diversi schemi di trattamento, in modo da identificare il migliore approccio terapeutico.

Attualmente, non sono disponibili in letteratura dati che suggeriscano la miglior opzione terapeutica per la ricorrenza di SIBO.

Si impone così la necessità di approfondire questo argomento per capire se cicli ripetuti di antibiotici non assorbibili potrebbero risultare efficacia nella prevenzione della recidiva di SIBO.

 

 

CONCLUSIONI

Epitelio intestinale, sistema immune mucosale, flora batterica ed alimenti rappresentano nell’insieme un’entità morfo-funzionale in delicato equilibrio, responsabile non solo dell’integrità dell’apparato gastroenterico ma, più in generale, della salute dell’individuo in toto. Per avere un’idea concreta della numerosità ed eterogeneità dell’intero universo microbico intestinale, basti considerare che l’habitat intestinale ospita da oltre 800 specie diverse di microrganismi e che il numero di cellule microbiche che risiedono nel lume è 10 volte più numeroso del numero di cellule eucariotiche dell’intero organismo, pari a circa un kilogrammo di peso corporeo. Un’ulteriore livello di complessità è rappresentato dalla diversità spaziale e temporale della flora batterica: tale ecosistema non solo è quali/quantitativamente diverso a seconda dei vari livelli del tratto intestinale, ma si modifica in relazione allo sviluppo, l’età e l’influenza dei fattori ambientali e dietetici. Le principali funzioni svolte dal complesso sistema della flora batterica sono certamente di tipo metabolico, trofico e di regolazione dell’immunità mucosale e sistemica. I batteri infatti sono coinvolti nei meccanismi di fermentazione dei carboidrati con produzione di acidi grassi a catena breve (acetato, butirrato e propinato) che rappresentano la principale fonte di energia per i colonociti. Anche il metabolismo anaerobico di peptidi e proteine induce la formazione di acidi grassi a catena breve ma, al tempo stesso produce intermedi biochimici potenzialmente tossici quali ione ammonio, amine, fenoli, tioli e indoli. I microrganismi presenti nel colon giocano un ruolo importante nell’assorbimento ionico, in particolare del calcio, magnesio e ferro e nella sintesi di vitamine quali le vitamine B1, B2, B6, B12, PP, H, l’acido pantotenico ed l’acido folico. La microflora intestinale svolge inoltre azione di deconiugazione degli acidi biliari prodotti dal fegato favorendone la ricaptazione a livello epatico dove gli acidi biliari vengono  ri-coniugata ed eliminati attraverso la bile. Per quanto riguarda invece il ruolo volto nella regolazione del sistema immunitario, bisogna sottolineare come il perfetto bilanciamento tra l’ecoflora intestinale ed il complesso superficie epiteliale-sistema immune dell’ospite si basi su un continuo scambio di informazioni (cross-talk) tale da modulare la risposta dell’ospite. Se da un lato infatti il sistema immunitario deve essere in grado di riconoscere e di attivarsi contro agenti patogeni, dall’altro lato è necessario che si instauri, nei confronti di batteri commensali ed antigeni alimentari, un meccanismo di tolleranza immunologica che, pur mantenendo un livello basale di infiammazione mucosale, non risulti dannosa per l’ospite. Alterazioni quali/quantitative dell’ecoflora intestinale che siano in grado di alterare questo delicato equilibrio sembrano essere coinvolte nell’insorgenza di patologie  gastroenterologiche e sistemiche quali le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, l’atopia, il cancro del colon, la sindrome dell’intestino irritabile, la sindrome metabolica, l’obesità e la sindrome da overgrowth batterico dell’intestino tenue. Quest’ultima, caratterizzata dalla presenza nell’intestino tenue di un’abnorme proliferazione batterica, superiore a 105 microrganismi/ml, si può manifestare con una classica sindrome da malassorbimento, caratterizzata da diarrea e steatorrea, perdita di peso, anemia macrocitica e deficit nutrizionali multipli ma  nella maggior parte dei casi si manifesta con una sintomatologia intestinale meno specifica, tipica dei pazienti affetti da sindrome del colon irritabile o da malassorbimento di zuccheri. Ancora oggetto di studio sono le opzioni terapeutiche per le disbiosi intestinali, sebbene le conoscenza sempre più approfondite dell’ecoflora intestinale e delle sue funzioni ci consentono oggi di agire in modo sempre più mirato sul complesso equilibrio microbico intestinale.
Allo stato attuale, probiotici, prebiotici, antibiotici sistemici e topici sono gli strumenti utilizzati per modulare la flora batterica in termini quali e quantitativi al fine di promuovere lo stato di salute dell’organismo. Tuttavia, è evidente come sia necessario, da un lato, una conoscenza molto più approfondita di questo complesso sistema metabolico che è il microbiota intestinale e dall’altra una migliore definizione delle caratteristiche dell’ospite (sistema immunitario, sistema entero-endocrino, assetto metabolico) per poter meglio comprendere i meccanismi alla base del cross-talk batteri-ospite e poter predisporre presidi terapeutici individualizzati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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Prof. Antonio Gasbarrini

Istituto Patologia Speciale Medica e Semeiotica Medica
Policlinico A. Gemelli - Universita' Cattolica del Sacro Cuore
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Tel. +39-06.30156018
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