Andrea  Cesalpino (1519-1603), esponente  dell'aristotelismo, insegna  medicina  e  botanica  a  Pisa; in  seguito, viene  chiamato  alla  corte  papale  in  qualità  di  medico  di  Clemente  VIII. La  sua  opera  più  importante  s'intitola  Quaestiones  peripateticae; si  possono  ancora  segnalare: il  trattato  De  plantis, un'opera  di  medicina  come  lo  Speculum  artis  medicae  Hippocraticum, e  la  Daemonum  investigatio  peripatetica (1580).


In
quanto  aristotelico, Cesalpino  ritiene  che  non  ci  si  debba  tanto  preoccupare  di  ripetere  la  dottrina  di  Aristotele, quanto  piuttosto  di  svilupparla  adeguatamente  in  base  ad  una  riflessione  critica  più  aggiornata, portandola, per così dire, all’altezza dei tempi. Perfettamente  in  linea  con  i  padovani, egli  insiste  sull'autonomia  dello  studio  della  natura, che  non  deve  confondersi  con  la  metafisica. Alla  dottrina  di  Aristotele, secondo  la  quale  ogni  essere  vivente  può  esclusivamente  derivare  da  un  altro  essere  vivente, Cesalpino  preferisce  la  teoria  della  "generazione  spontanea", pur  ammettendo  di  non  riferirla  alla  prima  creazione  di  tutti  gli  enti, ma  esclusivamente  alla  loro  successione.


Cesalpino  attribuisce  poi  ad  Aristotele  la  dottrina  dell'animazione  universale, dalla  quale   ricava  il  principio  dell'unità  dell'universo. Nella  spiegazione  della  vita  umana, egli  applica  proprio  questo  principio, perché, aderendo  al  pensiero  aristotelico, considera  il  cuore  la  sede  fondamentale  e  centrale  della  vita, in  polemica  con  la  dottrina  platonica, secondo  la  quale  tre  sono  i  centri  dell'esistenza  biologica: cervello, cuore  e  fegato. Coerentemente  con  queste  posizioni, anche  in  medicina  Cesalpino  sostiene  una  teoria  cardiocentrica, che  lo  conduce  ad  osservare  dettagliatamente  certe  funzioni  del  cuore, con  particolare  interesse  per  la  piccola  circolazione  del  sangue. In  generale, quale  studioso  di  medicina, egli  ritiene  che  si  debba  sempre  lavorare  unendo  esperienza  e  ragione.


Nel  suo  trattato  dedicato  alla  botanica, Cesalpino  abbandona  completamente  la  tradizionale  classificazione  delle  piante, fondata  sulla  radice  del  loro  nome, per  sostituirla  con  una  nuova  classificazione, basata  sulle  funzioni  fondamentali  della  vita  vegetativa. Tale  scelta  risponde  al  criterio  di  cui  si  è  detto, ossia  alla  volontà  di  unire  sempre, nelle  sue  indagini, esperienza  e  ragione.


Nella 
Daemonum  investigatio  peripatetica, Cesalpino  si  pone  il  problema  di  stabilire  se  certi  poco  comuni  sintomi  di  malattia  siano  attribuibili  a  cause  soprannaturali. Egli  ritiene  che  non  si  possa  rispondere  a  questo  quesito  basandosi  su  principi  medici, perché, per  la  medicina, è  impossibile  una  comunione  fra  mondo  divino  e  mondo  sublunare. Secondo  la  tradizione  galenica, l'anima  coincide  con  il  calore  nativo; tuttavia, se  si  abbandona  il  territorio  della  medicina  per  accostarsi  a  quello  della  filosofia, occorre  ammettere  che  l'intelletto  umano  ha  qualcosa  di  divino, e  che  la  materia  prima, in  quanto  animata, partecipa  della  divinità. In  altre  parole, un'entità  divina  permea  tutto, sebbene  con  diversa  intensità, per  cui, a  parere  del  filosofo, non  esiste  una  dicotomia  fra  mondo  sublunare  e  mondo  celeste.


In  quest'opera, Cesalpino  ammette  l'esistenza  dei  "demoni", e  stabilisce  anche  il  posto  che  spetta  loro  nella  gerarchia  naturale, ponendoli  nella  "sfera  ignea"; nonostante  Aristotele  non  abbia  mai  dato  indicazioni  in  tal  senso, tuttavia, per  Cesalpino, è  possibile  fare  una  simile  supposizione  perché  "ignis"  può  essere  usato  nel  significato  di  "aether". A  suo  parere, è  anche  perfettamente  lecito, sul  piano  filosofico, tentare  di  comprendere  in  che  modo  i  demoni  agiscano  nel  mondo, perché, come  si  è  detto,   egli  non  pone  una  netta  dicotomia  fra  realtà  sublunare  e  realtà  sopralunare (dicotomia che invece era centrale nel pensiero di Aristotele); inoltre,  ritiene  che, in  base  all'esperienza, molte  opere  di  "stregoneria"  non  possano  essere  ricondotte  al  concatenamento  causale  che  costituisce  l'ordine  della  natura. Pertanto, Cesalpino  sostiene  che  l'azione  dei  demoni  è  spiegabile  se  consideriamo  che  il  loro  intelletto  è  in  parte  speculativo  e  in  parte  pratico: in  quanto  speculativo, non  può  causare  nulla, in  quanto  pratico  può  costituire  il  principio  di  molte  azioni  soprannaturali. Cesalpino sembra  invece  non  apprezzare  troppo  l'eccessivo  rilievo  che  alcuni pensatori del suo tempo  attribuiscono  agli  astri, nel  tentativo  di  spiegare  fenomeni  apparentemente  "miracolosi”.