UNA LEUCEMIA GUARIBILE: “LA LEUCEMIA ACUTA PROMIELOCITICA”

 

Giuseppe Avvisati, Elisabetta Cerchiara

Ematologia, Università “Campus Bio-Medico”, Roma

 

Introduzione

La leucemia acuta promielocitica (LAP) rappresenta  una leucemia con peculiari caratteristiche cliniche e biologiche, tra le quali la presenza di una grave sindrome emorragica e una specifica anomalia genetica che si associa ad una eccellente risposta in vitro e in vivo all’azione differenziatrice dell’acido all-trans retinoico (ATRA).

La LAP rappresenta, tra tutte le leucemie mieloidi acute,  la leucemia per la quale sono stati fatti i maggiori progressi durante gli ultimi decenni. In particolare, l’avvento dell’ATRA e la sua associazione con i farmaci antraciclinici  hanno trasformato la LAP da malattia rapidamente fatale, nella leucemia mieloide acuta dell’adulto più frequentemente guaribile.

 

Storia ed epidemiologia

La LAP fu identificata per la prima volta nel 1957 da Hillestad e successivamente descritta in maniera più dettagliata da Bernard e i suoi collaboratori nel 1959

I primi progressi nell’identificazione genetica furono fatti nel 1970 da Rowley e i suoi collaboratori, i quali identificarono una specifica traslocazione cromosomica, la t(15;17) come “marchio genetico” della malattia e successivamente nel 1991 da diversi altri studiosi i quali clonarono i due geni coinvolti nella traslocazione che sono il RAR alfa e il  PML)

Più del 90% dei pazienti affetti da LAP ha una età alla diagnosi compresa tra i 15 e i 70 anni, interessando il sesso maschile e femminile in egual misura. Alcuni studi hanno, inoltre, riportato la presenza di alcuni casi di familiarità. Infine, alcune esposizioni  professionali e altri fattori di rischio sembrano essere associati allo sviluppo di LAP sebbene nessun agente ambientale specifico ha mostrano un ruolo chiave nella patogenesi della malattia.

 

Caratteristiche morfologiche e immunofenotipiche

Sono state identificate due principali varianti morfologiche di LAP, descritte all’interno della classificazione FAB (Franco-Americo-Britannica): la tipica LAP variante ipergranulare (M3) che costituisce la maggior parte delle diagnosi e la LAP variante microgranulare (M3v) che ne rappresenta il 15-20%. E’ stata descritta inoltre una rara variante basofila.

La forma classica si caratterizza per la presenza di promielociti displastici, con nucleo di forma irregolare e abbondanti corpi di Auer spesso raccolti insieme a formare piccoli fasci detti “faggots”.

La meno frequente variante microgranulare è caratterizzata da blasti leucemici con nuclei reniformi e miscoscopici granuli citoplasmatici. A differenza del tipo classico la variante M3v è frequentemente associata a iperleucocitosi.

All’analisi immunoistochimica i promielociti leucemici mostrano una spiccata positività per le colorazioni mieloperossidasi, sudan nero e cloroacetato esterasi.

Anche all’immunofenotipo le cellule blastiche della LAP mostrano alcune peculiari caratteristiche rispetto alle altre LAM. Esse infatti presentano positività per CD13 e CD33 ma perdono l’espressione per HLA-DR; sono inoltre negativi per CD34; CD7; CD11b; e CD14.

 

Caratteristiche genetiche

Il 90% delle LAP con morfologia tipica mostra la t(15;17) all’analisi citogenetica convenzionale. Sebbene tale anomalia cromosomica non è stata riscontrata in nessun’altra neoplasia , la sua mancata dimostrazione non esclude la diagnosi di LAP responsiva al trattamento con acido retinoico, in quanto è stato dimostrato che riarrangiamenti specifici possono essere evidenziati da analisi di biologia molecolare anche in casi di cariotipo apparentemente normale.

A livello molecolare la t(15;17) consiste in un riarrangiamento del gene RAR-alfa (recettore alfa dell’acido retinoico presente sul cromosoma 17) con il gene PML (da leucemia promielocitica) situato sul cromosoma 15, generando un mRNA di fusione PML/RAR-alfa che codifica per una proteina chimerica.

Alla fine degli anni 90, è stato dimostrato che il tipico blocco maturativo che caratterizza le cellule  della LAP dipende dalla capacità di PML/RAR-alfa di legarsi al complesso corepressore-istone deacetilasi (HDAC); tale legame determina una repressione trascrizionale. Quando utilizzato a dosi terapeutiche l’ATRA (ligando naturale di RAR-alfa) determina il rilascio del complesso PML/RAR-HDAC nonché la conversione di PML-RAR-alfa in attivatore trascrizionale; ciò comporta l'induzione del differenziamento dei blasti con remissione clinica della malattia.

 

Caratteristiche cliniche

La caratteristica clinica principale della malattia, alla diagnosi, è la presenza, in circa l’80% dei pazienti, di una grave sindrome emorragica la cui patogenesi è scarsamente conosciuta. Nonostante i rapidi miglioramenti indotti da una tempestiva terapia con ATRA e l’istituzione di terapie di supporto, emorragie letali (principalmente nel distretto cerebrale) rappresentano ancora la principale causa di insuccesso nel trattamento di induzione nelle LAP. Come esami di laboratorio, questo disordine è caratterizzato da aumentati livelli di FDP (prodotti di degradazione del fibrinogeno) nel siero, bassi livelli di fibrinogeno, conta piastrinica diminuita, normali livelli di ATIII, e ridotti livelli di inibitore α2 della plasmina.

Tali alterazioni, associate a valori normali di proteina C e ad una fisiologica emivita piastrinica indicherebbero un alterato processo fibrinolitico/proteolitico piuttosto che una coagulazione intravascolare disseminata (CID). Tale visione è inoltra supportata da un lavoro che ha dimostrato come nei promielociti leucemici sono presenti elevati livelli di Annessina II . L’ Annessina II è un recettore di superficie per il plasminogeno e per l’attivatore tissutale del plasminogeno (t-PA). Il legame sia del Plasminogeno che del t-PA all’annessina II porta ad un’aumentata attivazione del plasminogeno in plasmina con anormale fibrinolisi che si esplica mediante diatesi emorragica.

 

Terapia

Induzione

Le antracicline e l’acido retinoico sono i principali farmaci nella terapia di induzione della LAP di nuova diagnosi. Nel 1988 furono riportati i primi risultati di uno studio cinese che utilizzava l’ATRA da solo nella LAP e che aveva ottenuto ottimi risultati. In seguito a questo primo report, come già detto, diversi gruppi hanno utilizzato tali farmaci sia alla diagnosi che durante le recidive, ottenendo una percentuale di risposte complete tra il 64 e il 96%.

Questi primi studi di fase II furono molto utili ai fini della comprensione del profilo di efficacia e di tossicità dell’ATRA. Essa infatti, a differenza della chemioterapia convenzionale, agisce come agente differenziante specifico sui promielociti leucemici, inducendo elevatissime percentuali di remissioni complete, senza tuttavia indurre ipoplasia midollare o peggioramento della coagulopatia. Ciononostante alcuni pazienti sviluppano, durante la terapia di induzione, gravi effetti avversi come la sindrome da acido retinoico e lo pseudotumor cerebri. Inoltre, una volta raggiunta la remissione completa, l’uso continuativo di ATRA da sola, determina la comparsa di resistenza a questo farmaco nella totalità dei pazienti con conseguente recidiva di malattia.

Pertanto, al fine di ridurre tali complicazioni, successivi studi hanno valutato l’aggiunta di ATRA in regimi chemioterapici standard ottenendo migliori risultati rispetto ai controlli storici e riducendo gli effetti avversi precedentemente osservati. Successivamente, diversi grandi studi clinici prospettici mono e multi-centrici furono condotti nei diversi paesi (USA, Europa, Giappone e Cina) per cercare di dare una a numerosi quesiti, tra i quali la definizione di uno schema ideale (somministrazione di ATRA sequenziale vs simultanea), il ruolo svolto dal mantenimento e quello del monitoraggio molecolare.  Il risultato di questi studi è stato un notevole e significativo aumento della percentuale di RC (che ha raggiunto percentuali > 90%) e della sopravvivenza libera da malattia che a 3-4 anni dalla diagnosi si attesta su percentuali intorno al 70%-75% dei casi,  in particolare nei pazienti che ricevevano una schema di trattamento ATRA + chemioterapia in simultanea.

 

Consolidamento

Grazie alla presenza di uno specifico marcatore, soggetto ad amplificazione mediante tecnica PCR, il beneficio derivante dalla terapia di consolidamento nella LAP è stato ampiamente dimostrato.

Tale vantaggio è stato confermato dal raggiungimento di percentuali di remissioni molecolari > 95% in pazienti che hanno ricevuto almeno 2-3 cicli intensivi di consolidamento con una chemioterapia a base di antracicline; ciò ha permesso la definitiva adozione di tale strategia terapeutica come terapia di consolidamento.

Un altro interessante tema, sviluppato degli studi del GIMEMA (AIDA2000) e PETEMA, è la definizione di un approccio terapeutico di consolidamento stratificato in base al rischio, modulando l’intensità del trattamento sulla base della probabilità di recidiva.

Questo approccio “su misura” è un efficace strategia tesa a minimizzare la mortalità e la morbidità correlate alla terapia, senza rinunciare alla potenziale efficacia della guarigione per ciascuna classe di rischio. Entrambi gli studi hanno riportato una scarsa tossicità, un’elevata compliance, e uno spiccato effetto antileucemico dell’utilizzo di ATRA in combinazione con le antracicline, specie nei paziente con rischio basso e intermedio. La sopravvivenza a lungo termine, riportato da questi, e da altri, studi non lascia spazio ad una terapia più aggressiva post-remissione in pazienti con rischio intermedio e basso in prima remissione completa.

Nei paziente ad alto rischio, dati derivanti sempre da studi GIMEMA, effettuati su pazienti con età inferiore ai 60 anni, suggeriscono che questa categoria può beneficiare dell’uso di ATRA combinata con regimi polichemioterapici che comprendono antracicline  e alte dosi di ARA-C.

 

Mantenimento

Due studi randomizzati hanno mostrato un beneficio con la somministrazione di ATRA in terapia di mantenimento, somministrata in continuo o a cicli.

In aggiunta, lo studio APL93 del gruppo europeo riporta ulteriori benefici dall’uso di una tripla combinazione composta da ATRA, Methotrexate e 6-Mercaptopurina, tale associazione ha mostrato una più bassa percentuale di recidive ed è risultata particolarmente efficace nei pazienti con elevato numero di globuli bianchi alla diagnosi. In contrasto i dati provenienti dagli studi GIMEMA e JALSG non hanno confermano tale vantaggio.

 

Ruolo di altri Retinoidi

Per quanto riguarda la terapia con altri retinoidi, l’acido retinoico 9-cis (9 cis RA) e il derivato sintetico AM80 hanno mostrato di essere efficaci in pazienti recidivati.

Poiché tali agenti sono stati testati in vivo in un limitato numero di soggetti con malattia avanzata è ancora poco chiaro se la loro attività è superiore a quella dell’ATRA. Uno studio del MDACC di Huston ha, infine, recentemente sperimentato una forma di ATRA liposomiale in monoterapia nelle LAP di nuova diagnosi, riportando una remissione molecolare prolungata nella maggior parte dei pazienti.

 

Utilizzo del Triossido di Arsenico (ATO) nella terapia di prima linea

Sempre maggiori evidenze scientifiche suggeriscono che l’ATO può essere un farmaco efficace in prima linea, sia durante la fase di induzione che quella di consolidamento. Uno studio cinese ha messo in rilievo un effetto sinergico tra ATO e ATRA nel ridurre velocemente il trascritto PML/RARalfa durante la terapia di induzione. Altri risultati suggeriscono che ATO, con o senza ATRA, può raggiungere percentuali di remissioni complete in circa il 90% delle nuove diagnosi di APL. In ogni caso, molti studiosi, perlomeno nei paesi nei quali la chemioterapia con ATRA e antraci cline e le terapie di supporto intensive sono strategie economicamente accettabili, preferiscono utilizzare ATO durante il consolidamento in due principali categorie di pazienti: pazienti con alto rischio di recidiva e pazienti con controindicazioni o scarsa tollerabilità ad alte dosi di chemioterapia

 

Ruolo del trapianto

L’elevatissima percentuale di cura ottenuta dalla terapia standard indica che non esiste alcun ruolo per il trapianto nei pazienti che ottengono una remissione molecolare alla fine del consolidamento.

Per i pochi pazienti che presentano una malattia minima residua persistentemente positiva, data la pessima prognosi di tali pazienti nuovi approcci con ATO e/o GO seguiti da HSCT devono essere presi in considerazione. Il trapianto allogenico è la strategia di scelta per quei pazienti con donatore HLA identico disponibile, mentre, il trapianto autologo rappresenta un’alternativa per quei pazienti non eleggibili al trapianto allogenico. In quest’ultimo caso, comunque, il raggiungimento di una negatività della PCR prima del trapianto è considerato un requisito mandatorio.

 

Conclusioni

L’uso concomitante di ATRA e chemioterapia è superiore alla somministrazione sequenziale di tali farmaci, sia in termini di effetto antileucemico che per il controllo della sindrome da ATRA.

L’aggiunta di Ara-C non sembra aggiungere alcun beneficio in termini di sopravvivenza libera da malattia.

E’ stato dimostrato in due diversi studi randomizzati che l’inserimento di ATRA nella terapia di  mantenimento è efficace nel prolungare la durata della risposta. Tuttavia studi GIMEMA e JALGS non hanno mostrato nessun beneficio dall’aggiunta della terapia di mantenimento nei pazienti con PCR negativa dopo 3 cicli di consolidamento.

Il ruolo di nuovi agenti in prima linea è in fase di studio; tra questi l’ATO sembra essere molto promettente, soprattutto alla luce della non cross-resistenza con ATRA

Dagli studi PETHEMA e GIMEMA è emerso che, nei pazienti a basso rischio, dovrebbero essere evitate le esposizioni ad inutili tossicità al fine di ridurre la percentuale di gravi sequele come sindromi mielodisplastiche o leucemie secondarie. Allo stesso modo nelle popolazioni più anziane  l’uso di terapie di prima linea meno intensive deve impedire lo sviluppo di tossicità a breve termine.

 

 

Bibliografia

 

Avvisati G, Lo Coco F, Diverio D et al.: All-trans retinoic acid plus Idarubicin in newly diagnosed acute promyelocytic leukemia: a GIMEMA pilot study Blood 1996;88: 1390-1398

 

Avvisati G, Mele A, Stazi MA, et al: Epidemiology of acute promyelocytic leukemia in Italy. Ann Onco 1991  l 2:405-408

 

Avvisati G, ten Cate JW, and Mandelli F: The coagulopathy in acute promyelocytic leukemia: DIC? in Muszbek L (ed) Hemostasis and Cancer 1990. Boca Raton,FL, CRC Press, pp 91-100

 

Huang ME, Ye YC, Chen SR, et al.:  Use of  all-trans reicoic acid in the treatment of acute promyelocytic leukemia. Blood 1988 ;72:567-572.

 

Estey E, Thal PG, Pierce S, Kantarjian H, Keating M: Treatment of newly diagnosed acute promyelocytic leukemia without cytarabine. J. Clin. Onc 1997; 15: 483-490

 

Fenaux P, Chomienne C, Degos : Acute promyelocytic leukemia: Biology and treatment Sem Oncol 1997; 24:92-102

 

Grimwade D: The pathogenesis of acute promyelocytic leukemia: Evaluation of the role of molecular diagnosis and monitoring in the management of the disease. Br J Haematol. 1999; 106:591-613

 

Grimwade D, Howe K, Langabeer S, et al:  Establishing the presence of the t(15;17) in suspected acute promyelocytic leukemia: cytogenetic, molecular and PML immunofluorescence assessment of patients entered into the M.R.C. ATRA trial. Br J Haematol 1996; 94: 557-573

 

Guglielmi C, Martelli MP, Diverio D, et al: Clinical and biological relevance of immunophenotype in acute promyelocytic leukemia. Br J Haematol 1998; 102: 1035-41

 

Lo-Coco F, Avvisati G, Vignetti M et al. Front-line treatment of acute promyelocytic leukemia with AIDA induction followed by risk-adapted consolidation for adults younger than 61 years: results of the AIDA-2000 trial of the Italian GIMEMA group. Blood 2010;116:3171-79

 

Lo Coco F, Nervi C, Avvisati A, Mandelli F (Editors): Acute promyelocytic leukemia: A curable disease. Leukemia 1998; 12: 1866-1880

 

Mandelli F, Diverio D, Avvisati G, et al: Molecular remission in PML/RARa positive acute promyelocytic leukemia by combined all-trans retinoic acid and idarubicin (AIDA) therapy. Blood 1997; 90: 1014-1021

 

Onho R, Asou N; Japan Adult Leukemia Study Group: The recent JALSG study for newly diagnosed patients with acute promyelocytic leukemia (APL). Ann Haematol 2004 ;83 (supplement1);S77-8

 

Sanz MA, Lo Coco F, Martin G. et al. Definition of relapse risk and role of non-anthracycline drugs for consolidation in patients with acute promyelocytic leukemia: a joint study of the PETHEMA and GIMEMA cooperative groups. Blood 2000;96:1247–1252.

 

Sanz MA, Martin G, Gonzalez M et al. Risk-adapted treatment of acute promyelocytic leukemia with all-trans-retinoic acid and anthracycline monochemotherapy: a multicenter study by the PETHEMA group. Blood 2004;103:1237–1243.

 

Takeshita A, Shibata Y, Shinjo K et al. Successful treatment of relapse of acute promyelocytic leukemia with a new synthetic retinoid, Am80. Ann Int Med 1996; 124: 893-896.

 

Tallman MS, Andersen JW, Schiffer CA, et al: All-trans retinoic acid in acute promyelocytic leukemia. N Engl J Med 1997; 337: 1201-1208

 

Tallman MS, Kwaan HC: Reassessing the hemostatic disorder associated with acute promyelocytic leukemia. Blood 1992; 79: 543-553