L’evoluzione dei trattamenti chemioterapici nel cancro del polmone negli stadi avanzati.

 

Luigi Portalone, Silvia Portalone*

 

Direttore UOC Pneumologia Oncologica 2, Az. Osp S.Camillo Forlanini – Roma

*Borsista Medicina del Lavoro, Az. Osp. S. Andrea, Università La Sapienza – Roma

 

 

 

 

Riassunto:

Gli Autori compiono un rapido excursus attraverso l’evoluzione della terapia del carcinoma polmonare “non a piccole cellule”, dagli albori della chemioterapia sperimentale alle recenti terapie biologiche, sottolineando il modificarsi dell’approccio biologico alla malattia. L’introduzione di nuovi farmaci efficaci e meno tossici ha suscitato nuove speranze di controllo della grave malattia tumorale.

Parole chiave: Tumore polmonare NSCLC, Terapia, Storia.

 

Summary :

The AA complete a rapid excursus through the evolution of the therapy of the lung carcinoma “NSCLC”, from the dawns of the experimental chemotherapy to the recent biological strategies, underlining the modified biological approach to the illness. The introduction of new effective and less toxic drugs has aroused new hopes of control of the serious illness.

Key words: NSCLC, Therapy, History

 


 

 

Il carcinoma del polmone rappresenta la più frequente causa di morte per cancro nei paesi industrializzati, e si presenta frequentemente in stadio avanzato all’esordio. Questo spiega, anche se solo in parte, gli scarsi risultati in termini di sopravvivenza che caratterizzano questa patologia. In realtà anche le forme operabili all’esordio, tendono a recidivare in loco o a dare  metastatizzazione a distanza compromettendo il risultato chirurgico. A dispetto di uno scenario così pessimistico in questi ultimi venti anni sono stati ottenuti risultati apprezzabili nel controllo della malattia. Questo oltre ad un trend epidemiologico in discesa nel sesso maschile, ha contribuito a rendere notevolmente migliore la sopravvivenza mediana anche se tutt’ora in modo non ancora soddisfacente1.  Ci occuperemo della sua variante “non a piccole cellule” che presenta, anche se con distinguo che si vanno delineando sempre di più, la maggiore espressione epidemiologica ed un comportamento biologico in parte omogeneo.

Prima degli anni ottanta la terapia aveva caratteristiche eminentemente sperimentali, basata su criteri teorici ed esperienze locali; necessariamente la stadi azione era approssimativa in epoca preTC ed ecografia2. La stessa analisi statistica era approssimativa. La radioterapia veniva utilizzata nelle forme ritenute locali. Negli anni successivi vennero introdotti in terapia farmaci innovativi come i derivati del platino, i derivati semisintetici della Vinca e l’etoposide. Si cominciò ad usare solo i farmaci la cui attività in monoterapia fosse superiore al 15% in termini di risposta obiettiva. La radioterapia nelle forme avanzate assunse un ruolo palliativo nel controllo di sintomi come la sindrome della cava superiore, l’atelettasia e l’emoftoe. Ma un notevole impulso alla sperimentazione venne dato dall’introduzione di farmaci che, pur non avendo un ruolo diretto, erano altresì in grado di controllare effetti collaterali limitanti. Nel 1985 venne introdotta la Eritropoietina ricombinante, nel 1988 gli antagonisti dei recettori 5-HT3 ed infine nel 1990 i fattori di crescita leucocitari. In questo modo divenne possibile ridurre gli effetti tossici midollari sulla serie rossa e bianca e controllare la emesi da chemioterapici migliorando in modo sostanziale la qualità di vita dei pazienti. Nel 1995 comparve sul British Medical Journal la prima meta analisi, una nuova metodologia di confronto statistico, che pur in modo imperfetto e non sempre omogeneo, unificava varie esperienze statistiche traendo risultati su numeri sufficientemente ampi per una significatività universale3,4. In questo studio venne confermata, fra l’altro, in modo incontrovertibile, l’efficacia della terapia farmacologica nel trattamento della forma avanzata. Il periodo successivo fu denso di studi sperimentali volti a ricercare la schedula terapeutica più efficace. Si partì dall’uso di tre farmaci, per poi rendersi conto che anche due farmaci erano in grado di ottenere gli stessi risultati con minore tossicità e, quindi, migliore tolleranza da parte del paziente. Queste conclusioni vennero confermate dalla meta analisi pubblicata su JAMA nel 2004, in cui l’uso di una doppietta a base di cisplatino presenta una efficacia superiore ad un singolo farmaco ed equivalente a quella di tre farmaci in termini di sopravvivenza5. Naturalmente il risultato viene ottenuto con un minore effetto tossico. Nel frattempo sono comparsi i cosiddetti farmaci di terza generazione, i Taxani, la Gemcitabina, la Vinorelbina e le Camptotecine, tutti farmaci  il cui uso abbinato ai derivati del platino costituisce lo standard del trattamento di prima linea ancora oggi.  Sono gli anni in cui la necessità di confrontare l’efficacia della terapia non solo su premesse teoriche ma su risultati oggettivi riproducibili, impone l’introduzione di regole più rigide circa l’utilizzo di farmaci. I risultati delle fasi sperimentali sono rielaborati in linee guida non solo diagnostiche ma anche terapeutiche, basate su informazioni validate sul piano dell’efficacia da studi attendibili sul piano metodologico6. Le varie organizzazioni scientifiche attraverso pannelli di esperti, pubblicano linee guida su cui basarsi per garantire ai pazienti un trattamento omogeneo ed aggiornato. Man mano che si affinano le tecniche diagnostiche, aumentano i lati oscuri e si affina l’approccio terapeutico, selezionando i pazienti in sottocategorie sempre più rigide con soluzioni personalizzate. Viene così introdotta la terapia neoadjuvante, un approccio terapeutico preparatorio che mira a rendere operabili forme tecnicamente non resecabili per la presenza di compromissione linfoghiandolare mediastinica. La “sterilizzazione” del mediastino è la condizione per l’approccio chirurgico. I pazienti responsivi presentano un miglioramento sostanziale della sopravvivenza pur senza raggiungere quella dei pazienti operati all’esordio. Ci si interroga sul dosaggio migliore per il cisplatino, sulla efficacia dei derivati del platino e sulla durata ottimale della terapia di prima linea. Appare la seconda linea terapeutica anche se esistono dubbi sulla collocazione, se precoce od alla ripresa della malattia od, addirittura, se continuare con una terapia di mantenimento.

Alla fine del 2006 si era giunti ad alcuni punti fermi che possono così essere riassunti in: 

n      La chemioterapia prolunga la sopravvivenza

n      Le doppiette con il Platino ed i farmaci di 3° generazione (Gemcitabina, Taxolo, Etoposide e Vinorelbina) sono lo standard

n      La durata della terapia di prima linea varia fra i quattro ed i sei cicli

n      Il  cisplatino ha un lieve vantaggio sul carboplatino in termini di sopravvivenza ma maggiore tossicità

n      La terapi a di seconda linea è in grado di migliorare la sopravvivenza di pazienti selezionati

n      Nelle 2 decadi passate, la sopravvivenza mediana nel NSCLC è migliorata

Infatti la sopravvivenza mediana è passata dai circa 5 mesi degli anni ’90 ai circa 9 del nuovo millennio: un incremento del 100% ma sempre insoddisfacente in termini assoluti7,8,9,10,11.

Intanto aveva preso piede un nuovo approccio biologico al concetto di crescita tumorale ed alla modalità di ostacolarla; Folkman negli anni ’60 aveva intuito l’importanza della neoangiogenesi nella crescita e diffusione della neoplasia. Ora non si tratta più di combattere un gruppo di cellule inceppandone i meccanismi replicativi inducendole all’apoptosi. Ora è stata raggiunta la consapevolezza che il tumore si comporta come un tessuto organizzato in grado, parzialmente, di costruire un proprio ambiente favorevole, mimetizzarsi ed espandersi. Per fare questo attiva una serie di “fattori” stimolanti in grado di stimolare la crescita (Epidermal  Grow Factor), o indurre la neoangiogenesi  (Vascular Endothelial Grow Factor) attivando recettori posti sulla membrana cellulare.  Nel 2006 compaiono i primi farmaci in grado di inibire la cascata enzimatica conseguente l’attivazione dei recettori dell’EGF, gli inibitori delle TirosinKinasi 12,13, seguiti poi da anticorpi monoclonali antagonisti del recettori del VEGF14,15.  Il nuovo approccio alla biologia del tumore e l’efficacia selettiva di questi nuovi farmaci, rende sempre più consapevoli di un elemento incontrovertibile: l’individualità genetica peculiare di ogni essere umano ma anche di ogni neoplasia. Questa variabilità genetica individuale è responsabile di un comportamento non sempre omogeneo ai farmaci e della necessità di personalizzare la terapia in base alle variabili del soggetto e del tumore. Il primo elemento considerato condizionante è quello più semplice ed alla portata dela maggioranza dei laboratori, l’istologia. Sappiamo come i vari istotipi siano in grado di esprimere attività enzimatiche selettive capaci di interferire con la sensibilità farmacologica. E’ il caso della timidilato sintetasi  epressa dal carcinoma epidermoidale   ma non dall’adenocarcinoma. Questo enzima è in grado di proteggere la cellula dall’attività tossica del Pemetrexed16, un antimetabolita dell’acido Folico di recente introduzione. L’adenocarcinoma presenta così una sostanziale sensibilità a questo farmaco che è divenuto la prima scelta in associazione al cisplatino.  Gli anticorpi monoclonali e gli agenti biologici in generale costituiscono un importante terreno di ricerca anche in relazione alla loro ridotta tossicità tanto da candidarli alla terapia di mantenimento, tanto che l’EMEA è in procinto di autorizzare l’uso dell’Erlotinib nella terapia di mantenimento dell’adenocarcinoma polmonare che presenti particolari caratteristiche biologiche. Sicuramente, anche se la terapia citotossica tradizionale continuerà ad essere il cardine del trattamento del tumore del polmone, l’approfondimento farmaco genomico sarà essenziale per personalizzare la terapia.  Questo studio potrebbe permettere di identificare sottogruppi di pazienti con caratteristiche omogenee suscettibili di trattamenti più efficaci. L’obbiettivo futuro sarà quello di integrare la terapia tradizionale ed i nuovi farmaci in modo razionale e sinergico controllando la resistenza multi farmacologica e prevenendo le recidive.

 

 

 

Bibliografia:

1.      Molina JR, Yang P, Cassivi JD, et al: Non–Small Cell Lung Cancer: Epidemiology, Risk Factors, Treatment, and Survivorship.  Mayo Clin Proc. 83(5):584-594, 2008

2.      Green M, Horton C, Spaulding M, et al: Four-drug combination chemotherapy (methorexate, cyclophosphamide, hexamethylmelamine, and CCNU) for non-small cell bronchogenic carcinoma: A Cancer and Leukemia Group B Study. J Clin Oncol 1:559-565, 1983

3.      Non-small Cell Lung Cancer Collaborative Group. Chemotherapy in non-small cell lung cancer: a meta-analysis using updated data on individual patients from 52 randomised clinical trials. BMJ. 1995;311:899-909.

4.      Parmar MB, Torri V, Stewart L: Extracting summary statistics to perform meta-analyses of the published literature for survival endpoints.Stat Med 17:2815-2834, 1998

5.      Delbaldo C, Michiels  S, Syz N, et al, Benefits of Adding a Drug to a Single-Agent or a 2-Agent Chemotherapy Regimen in Advanced Non–Small-Cell Lung Cancer. A Meta-analysis. JAMA 292:470-484, 2004

6.      Simon R: How large should a phase II trial of a new drug be? Cancer Treat Rep 71:1079-1085, 1987

7.      Schiller JH, Ramalingam SS: Duration of Chemotherapy for Metastatic  Non–Small-Cell Lung Cancer: More May Be Better After All  J Clin Oncol 27 (20): 3266-67, 2009

8.      Socinski MA, Baggstrom MQ, Hensing TA: Duration of therapy in advanced, metastatic non-small-cell lung cancer. Clin Adv Hematol Oncol 1:33-38, 2003

9.      Fidias P, Dakhil S, Lyss A, et al: Phase III study of immediate versus delayed docetaxel after induction therapy with gemcitabine plus carboplatin in advanced non-small-cell lung cancer: Updated report with survival. J Clin Oncol 25:388s, 2007 (suppl; abstr LBA7516)

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12.  Tsao MS, Sakurada A, Cutz JC et al (2005) Erlotinib in lung endothelial growth factor in patients with advanced cancer. J Clin cancer—molecular and clinical predictors of outcome. N Engl J Oncol 19:843–850

13.  Tsao MS, Kamel-Reid S, Shepherd FA (2006) Assessing EGFR bevacizumab in combination with chemotherapy in the treatment mutations. N Engl J Med 354:527–528

14.  Gordon MS, Margolin K, Talpaz M et al: Phase I safety and pharmacokinetic study of recombinant human antivascular endothelial growth factor in patients with advanced cancer. J Clin Oncol 19:843–850, 2001

15.  Sandler A, Gray R, Perry MC, et al: Paclitaxel-carboplatin alone or with bevacizumab for non-small-cell lung cancer. N Engl J Med 355:2542-2550, 2006

16.  Scagliotti GV, Parikh P, von Pawel J, et al: Phase III study comparing cisplatin plus gemcitabine with cisplatin plus pemetrexed in chemotherapy naïve patients with advanced non-small cell lung cancer. J Clin Oncol 26:3543-3551, 2008

 

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