LE ALTRE MALATTIE POLMONARI INTERSTIZIALI (GRANULOMATOSICHE E NON GRANULOMATOSICHE).

FIBROSI POLMONARE E CARCINOMA POLMONARE

G. Farinelli

 

I due principali gruppi di Malattie Interstiziali del polmone non IIP (Polmoniti Interstiziali Idiopatiche) sono costituiti dalle Malattie Granulomatose (Sarcoidosi e Polmonite da Ipersensibilità)e dalle Malattie Cistiche (Istiocitosi a cellule di Langerhans e Linfangioleiomiomatosi). Metteremo in luce gli aspetti più rilevanti di queste patologie, in particolare le peculiari problematiche di diagnosi e trattamento. Illustreremo infine le attuali conoscenze nel rapporto fra Carcinoma Polmonare e Fibrosi Polmonare Idiopatica.

 

LA SARCOIDOSI

La Sarcoidosi è malattia dai molteplici aspetti, capace di manifestarsi con quadri clinico-radiologici molto diversi, a volte inusuali e di complessa interpretazione, con differenti evolutività e con risposte terapeutiche non sempre prevedibili. E’ patologia che induce il clinico ad essere sempre molto scrupoloso nel percorso diagnostico e nella gestione del paziente.

La Sarcoidosi è una malattia cronica infiammatoria multi organo, dalla eziologia sconosciuta, a patogenesi immune,  caratterizzata istologicamente da granulomi non necrotizzanti che colpiscono primariamente il polmone e le ghiandole linfatiche e che possono localizzarsi anche in molti altri distretti dell’organismo. La diagnosi può essere stabilita soltanto quando gli aspetti clinico-radiologici compatibili siano supportati dal riscontro in esame bioptico del tipico granuloma epitelioideo gigantocellulare non caseificante, e quando siano state ragionevolmente escluse altre cause di malattia granulomatosa.

Al di là di alcuni quadri assolutamente tipici, come ad esempio la sindrome di Lofgren (eritema nodoso, adenopatie ilari bilaterali, febbre, artralgie) la diagnosi di Sarcoidosi può rivelarsi assai problematica, e in molte occasioni è una diagnosi di esclusione. Il percorso diagnostico muove da una presentazione clinico-radiologica  che sia suggestiva della malattia.

Per quanto riguarda gli aspetti clinici, possiamo affermare che non esiste un quadro sintomatologico “tipico” o altamente evocativo. In effetti circa il 30-50% dei pazienti giunge alla diagnosi in modo casuale, senza particolari manifestazioni patologiche. Il polmone è l’organo più comunemente coinvolto -nella pressoché totalità dei casi, anche in assenza di particolari evidenze-, ma i sintomi respiratori sono relativamente poco comuni, anche in forme con lesioni radiologicamente estese. Tosse, disagio respiratorio, dispnea sono i sintomi respiratori più comuni,  in particolare nelle forme a maggiore estensione e in quelle  evolutive. Dal punto di vista della funzione respiratoria la Spirometria e l’Emogasanalisi possono risultare normali nei casi meno gravi; nelle forme più estese si osserva in genere un deficit ventilatorio restrittivo -sebbene a volte sia presente una componente ostruttiva-, riduzione della diffusione al CO, ipossiemia;  l’insufficienza respiratoria conclamata si evidenzia nei casi di fibrosi avanzata.

La malattia può coinvolgere altri organi (Cute, Occhio, Cuore, Sistema Nervoso,Ossa, Organi ipocondriaci, Apparato Muscolare, Reni) con conseguente comparsa di segni organo-specifici; particolarmente rilevanti  quelli cardiovascolari (disturbi del ritmo a volte pericolosi) e neurologici. Attenzione va rivolta al metabolismo del Calcio per possibile ipercalcemia e conseguente ipercalciuria, motivo di nefrocalcinosi.        

Sotto il profilo radiologico l’alterazione  tipica è rappresentata da infiltrati polmonari  nodulari bilaterali generalmente estesi in tutti i campi, con predilezione delle vie linfatiche e dei fasci bronco vascolari. Secondo la classificazione di Scadding (riveduta) la malattia viene distinta in 4 stadi radiologici, cui corrispondono diverse aspettative prognostiche. Stadio I: solo linfoadenopatie ilo-mediastiniche, Stadio II: anche infiltrati polmonari, Stadio III:  solo alterazioni polmonari, Stadio IV: fibrosi polmonare conclamata.

Il passo successivo nell’iter diagnostico è costituito dalle procedure bioptiche. Queste possono essere praticate su stazioni facilmente accessibili (cute, linfonodi periferici, quando siano coinvolti); le biopsie polmonari vengono comunemente effettuate attraverso Fibrobroncoscopia con BAL e biopsia trans bronchiale, oppure  ago aspirato (TBNA ed EBUS-TBNA) su stazioni linfonodali mediastiniche. Le manovre più invasive (VATS, “Open lung”, Mediastinoscopia) sono riservate ai casi non risolvibili endoscopicamente. Da rilevare che il BAL, per le sue peculiari caratteristiche (Linfocitosi con aumentato rapporto CD4/CD), può essere ritenuto di per se diagnostico quando si sia in presenza di una linfocitosi >25% con rapporto CD4/CD8>3.5, in un appropriato setting clinico-radiologico.

Esistono tuttora differenti opinioni in merito alla terapia, a motivo soprattutto del rivelante tasso di remissioni spontanee. Il trattamento è ritenuto indispensabile nelle forme che presentino sintomatologia severa o comunque un evidente deterioramento della funzione respiratoria, e in quelle con coinvolgimento di organi vitali (Occhio, SNC, Cuore). Nei casi asintomatici  in stadio I e II e nelle forme di stadio III con modeste anomalie della funzione respiratoria e con malattia stabile è comune convincimento di non intraprendere trattamento.

La terapia è effettuata con corticosteroidi, per periodi non inferiori ai 6-9 mesi.  Un considerevole numero di pazienti può richiedere trattamento per lunghi periodi, ed è spesso difficile prevederne la durata. Da sottolineare come esistano percentuali rilevanti di casi che necessitano di terapia cronica di mantenimento e di casi di recidiva della malattia, anche a distanza dall’apparente guarigione.

In caso di insuccesso terapeutico, o di effetti collaterali non tollerabili, si fa ricorso a terapie immunosoppressive diverse. Il farmaco alternativo ritenuto di prima scelta è il Methotrexate, ma molti altri principi vengono utilizzati in casi particolari.

 

LA POLMONITE DA IPERSENSIBILITA’  (ALVEOLITE ALLERGICA ESTRINSECA)

La Polmonite da Ipersensibilità (HP) è una malattia immunomediata, esclusivamente polmonare, che può manifestarsi con o senza sintomi sistemici, causata dall’inalazione di sostanze antigeniche in soggetti sensibilizzati che siano geneticamente predisposti a sviluppare la patologia.

Gli antigeni responsabili descritti sono numerosi, ed includono batteri, funghi, protozoi, proteine animali e vegetali ed elementi chimici a basso peso molecolare. Si tratta in molti casi di malattia professionale, ma l’esposizione può anche verificarsi in ambiente domestico o in luoghi di ricreazione, o in occasione di attività hobbistiche. Ritenuta in genere patologia di bassa incidenza, può tuttavia essere più frequente di quanto generalmente riportato; la frequenza è maggiore nei soggetti non fumatori (circa 80-95%).

Gli aspetti clinici possono essere estremamente variabili. La comparsa di sintomi occasionalmente si verifica a breve distanza dall’esposizione, in forma definita acuta: febbre, mialgie, tosse, dispnea e leucocitosi, in varia combinazione, possono manifestarsi dopo 4-12 ore dall’esposizione. Più frequentemente i sintomi respiratori compaionoi dopo mesi o anni di esposizione intermittente, configurando le forme definite “insidiose” che possono evolvere con o senza sovrapposizione di episodi di acuzie. Il quadro clinico-funzionale è quello di una pneumopatia restrittiva con alterato scambio dei gas, capace di evolvere fino all’insufficienza respiratoria cronica conclamata. Come nel caso della Fibrosi Polmonare Idiopatica possono manifestarsi episodi di esacerbazione acuta.

Le alterazioni istologiche caratteristiche sono rappresentate dalla combinazione di: bronchiolite cellulata, infiltrati infiammatori interstiziali (linfociti, plasmacellule, spesso eosinofili e neutrofili), e circoscritti granulomi mal definiti, non necrotizzanti, con o senza cellule giganti. Ci si può frequentemente trovare di fronte, però  a patterns istologici del tutto sovrapponibili a quelli della NSIP, della UIP e della COP; in questi casi solo la presenza di granulomi e di fibrosi peribronchiolare può indirizzare verso la diagnosi di HP. Il BAL ha aspetti caratteristici, spesso fortemente indicativi della diagnosi: una elevata linfocitosi con rapporto CD4/CD8 <1 è  tipica della patologia, è riscontrabile anche nelle forme croniche fibrotiche, e rappresenta un importante elemento di diagnosi differenziale.

Anche le alterazioni radiologiche hanno aspetti peculiari, e sono  costituite da opacità ground-glass diffuse, da opacità ground-glass centro lobulari (noduli sfumati), associate ad aree di air trapping, a formare il quadro definito di Headcheese. Così come avviene per gli aspetti istologici, nelle forme insidiose ad evoluzione cronica sono radiologicamente riscontrabili elementi tipici delle malattie interstiziali fibrosanti (ispessimento reticolare dell’interstizio, distorsione dell’architettura parenchimale, honeycomb, bronchiettasie da trazione, aree di consolidazione) tanto da dar luogo a quadri complessi, fortemente evocativi di UIP, NSIP, COP, in cui è assai spesso difficile una diagnosi differenziale.

 Di fronte a reperti HRCT evocativi, gli elementi predittori di HP sono costituiti dal dato di esposizione ad antigeni noti, dal riscontro nel siero di precipitine specifiche, dagli  episodi sintomatici ricorrenti,dal la linfocitosi al BAL, dal riscontro bioptico di granulomi non necrotizzanti.

L’allontanamento dalla fonte di esposizione è il provvedimento terapeutico più importante. La terapia farmacologica prevede l’uso gli steroidi, in casi non sufficientemente controllati  associati ad altri immunosoppressori.

 

LA ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS POLMONARE (ISTIOCITOSI X) (PLCH)

Si tratta di una malattia di origine sconosciuta caratterizzata dalla infiltrazione tessutale polmonare da parte di elementi cellulari definiti Cellule di Langerhans. E’ patologia pressoché esclusiva di forti fumatori, con incidenza fa e 20 e i 40 anni di età, in cui non è stato identificato altro fattore epidemiologico associato.

Il pattern radiologico tipico e quello di una associazione di noduli centrolobulari che vanno incontro a cavitazione e cisti a parete spessa o sottile, di diversa grandezza; gli elementi sono sparsi simmetricamente nei campi polmonari, con relativo risparmio dei territori postero basali. I quadri possono essere piuttosto variabili in relazione alla diversa presenza di noduli e lesioni cistiche; possono riscontrarsi cicatrici stellate con distorsione parenchimale.

Noduli cellulari lassi formati da cellule di Langerhans, granulomi mal formati, accumulo intralveolare di macrofagi pigmentati, infiltrati tessutali sono gli elementi istologici caratteristici. Nel BAL si osserva aumento dei macrofagi, un basso rapporto CD4/CD8 e soprattutto la presenza di cellule CD1a+, che se presenti in quantità >3% costituiscono elemento altamente suggestivo di PLCH, nell’appropriato contesto clinico-radiologico. Il riscontro di una quota di CD1a+>5% è fortemente probatorio, ma piuttosto raro. Nella maggior parte dei casi per la definizione diagnostica è necessario il ricorso a procedure bioptiche.

Clinicamente, almeno i 2/3 dei pazienti presentano sintomatologia, costituita soprattutto da dispnea e tosse produttiva, poco frequentemente associata a sintomi generali. Le PFR possono risultare normali nel 20% dei casi; il deficit ventilatorio è restrittivo; può essere ostruttivo o misto in fase avanzata. La DLCO è ridotta in oltre il 70% dei pazienti. La storia naturale può essere quella di un progressivo declino di DLCO e FEV1 in pochi anni, fino all’insufficienza respiratoria conclamata.

La cessazione del fumo può condurre a regressione o stabilizzazione (non in tutti i casi). Nelle forme severe con progressivo deterioramento funzionale va presa in considerazione una terapia immunosoppressiva e l’immissione in lista di attesa di trapianto.

 

LINFANGIOLEIOMIOMATOSI (LAM)

Si tratta di un raro disordine multisistemico interessante giovani donne in età fertile, caratterizzato da progressiva distruzione cistica del polmone, da anomalie linfatiche e da tumori benigni addominali (angiomiolipomi, prevalentemente renali).

L’elemento patologico caratteristico è costituito da una anomala proliferazione di cellule assimilabili alle cellule muscolari lisce (LAM cells) che infiltrano il polmone provocando la formazione di cisti a parete sottile, che possono presentarsi di diversa grandezza, conformazione, estensione; alterazioni cistiche si riscontrano anche nei linfatici assiali.

Tosse e dispnea sono presenti nella grande maggioranza delle pazienti. Il pneumotorace è la più frequente delle complicazioni, spesso rappresentando il sintomi di inizio. Un versamento pleurico chiloso è riscontrabile in circa il 30% dei casi.

Alla TC l’aspetto caratteristico è costituito dalla presenza di cisti tondeggianti a parete sottile, ben delimitate, disseminate bilateralmente, simmetricamente, di grandezza e numero variabili, da pochi elementi fino al completo sovvertimento del parenchima.

L’evoluzione naturale può essere verso l’insufficienza respiratoria conclamata grave. Il trattamento farmacologico che si è rivelato capace di rallentare il deterioramento funzionale è il Sirolimus, agente immunosoppressivo utilizzato nei trapianti. I broncodilatatori e la riabilitazione respiratoria sono provvedimenti utili. Data la giovane età delle pazienti, è orientamento attuale l’immissione in lista di attesa di trapianto.

 

 

FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA E CARCINOMA DEL POLMONE

La frequente comparsa di Carcinoma nella Fibrosi Polmonare Idiopatica è stata rilevata già da parecchi decenni. Alcune caratteristiche patologiche accomunano le due malattie: i fenomeni di proliferazione incontrollata dei fibroblasti, di aumentata resistenza alla apoptosi, di rapida migrazione cellulare, tipici della IPF,  sono aspetti  comuni anche alle malattie neoplastiche.  Le mutazioni genetiche, il danno cronico del DNA, le mutazioni dei geni del surfactante sono meccanismi patogenetici comuni presenti sia nella IPF che nel carcinoma polmonare.

Dalla cospicua serie di lavori pubblicati si rileva  come nella IPF sia significativamente aumentata l’incidenza di cancro del polmone rispetto alla popolazione normale e alle altre patologie interstiziali (fino al 31%), mentre non si riscontra una aumentata incidenza di neoplasie in altre sedi. E’ assai evidente la correlazione con il fumo di sigaretta, con il sesso maschile e con l’età avanzata.

Alla luce delle casistiche più recenti non si ritiene attualmente che vi sia predominanza di uno specifico tipo istologico, mentre in anni passati il carcinoma squamoso è stato considerato il più frequente. Le aspettative di vita vengono generalmente ritenute ridotte rispetto a quelle della malattia di base.

I principali problemi legati alla terapia chirurgica sono rappresentati dalla fragilità e compromissione funzionale di questi pazienti, che spesso presentano una scarsa tolleranza al  trattamento. Nelle casistiche pubblicate la mortalità postoperatoria risulta significativamente più elevata rispetto alla popolazione non IPF (7-8% contro lo 0.8-1.9%), e in anni recenti sono state da più parti riportati episodi di riesacerbazione acuta della IPF nel postoperatorio, con esito fatale (percentuali che vanno dal 7 al 27%).

Per tali ragioni è più frequente il ricorso a chemio-radioterapia, pur tuttavia con le specifiche problematicità che tali pazienti pongono e a fronte di  aspettative di  vita comunque limitate. Anche con tali procedure sono riportati casi di esacerbazione acuta.

 

 

Bibliografia essenziale

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Tazi A Adult pulmonary Langerhans’ cell histiocytosis. Eur Respir J 2006;27

 

Prof. Gianfranco Farinelli Pneumologo, Consulente Ambulatorio Interstiziopatie Polmonari, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma