EPATOPATIA ALCOLICA

 

G. Gasbarrini & G. Addolorato

Istituto di Medicina Interna, Università Cattolica del Sacro Cuore

 

 

Introduzione

L'abuso cronico di alcol rappresenta un problema sociale ed una patologia relativamente frequente nei Paesi occidentali come Europa e USA. Infatti dal 20 al 40% dei soggetti ospedalizzati in tali Paesi hanno patologie alcol-relate.

Nonostante l’importante riduzione del consumo annuo di alcol procapite registrata nel’ultimo decennio, l'Italia rimane una delle nazioni a piu' alto consumo di bevande alcoliche e si stima che l’abuso possa interessare cinque milioni di persone, valutabile attorno ai 4 milioni di individui, definiti come “bevitori eccessivi” e che di questi circa 1 milione sono identificabili come “alcoldipendenti”.

L'abuso di bevande alcoliche è correlato ad un ampio spettro di lesioni epatiche, tuttavia il legame non è completamente chiarito, in quanto alla patogenesi del danno epatico da alcol concorrono fattori genetici, immunologici, infettivi e nutrizionali (Figura 1).

 

Cenni fisiopatologici

            L'epatocita metabolizza l'alcol etilico attraverso tre vie metaboliche:

1. L'alcol-deidrogenasi (ADH), enzima localizzato nel citosol, dà inizio alla catena di reazioni delle prima via che, in condizioni fisiologiche, metabolizza circa il 90% dell'alcol che raggiunge il fegato (circa il 10% dell’alcol ingerito viene metabolizzato dal sistema alcol-deidrogenasi presente a livello gastrico). Tale sistema, in condizioni di assunzione cronica di alcol, comporta una riduzione del rapporto nicotinamide-adenin-dinucleotide/nicotinamide-adenin-dinucleotide ridotto (NAD/NADH), aumento della produzione di acetaldeide e del consumo epatocellulare di ossigeno. L'acetaldeide, composto altamente reattivo e tossico, viene metabolizzato sia a livello citoplasmatico che mitocondriale per azione dell'enzima aldeide-deidrogenasi (ALD-DH), del coenzima NAD e di H2O. Dal metabolismo dell'acetaldeide deriva l’acetato, che viene ulteriormente degradato a CO2 ed H2O.

2. Il sistema di ossidazione microsomiale dell'etanolo (MEOS), localizzato nel reticolo endoplasmatico, rappresenta la seconda via di metabolizzazione dell’alcol che, in condizioni fisiologiche, degrada l'8-10% dell'alcol che giunge al fegato. L'enzima protagonista dell'ossidazione dell'etanolo è il citocromo P alcol-specifico (450IIE1). L’assunzione cronica di forti quantitativi di alcol comporta la saturazione del sistema alcol-deidrogenasi ed la conseguente "induzione" del sistema di ossidazione microsomiale dell’etanolo ad operare ad "alto regime", cosicchè fino al 50% dell'alcol che giunge al fegato viene processato attraverso il citocromo P450 IIE1. La restante parte continua ad essere metabolizzata dal sistema alcol-deidrogenasi, che passa ad operare a "basso regime" dopo l'induzione del sistema di ossidazione microsomiale dell’etanolo.

3. La catalasi, enzima localizzato nei perossisomi, entra in funzione solo nelle rare condizioni in cui vi sia una esagerata produzione di acqua ossigenata (H2O2) da parte dei precedenti sistemi e può arrivare a metabolizzare il 2% dell'alcol giunto al fegato, in condizioni di eccessivo consumo alcolico.

            Le principali conseguenze biochimiche dell’eccessiva assunzione di etanolo sono l'accumulo di acetaldeide e l'aumento del consumo di ossigeno e della formazione di radicali liberi dell’ossigeno. E’ da segnalare che, recentemente, nell’animale da esperimento, è stato evidenziato che tale produzione è direttamente correlata alla dose di etanolo somministrata.

In particolare, l’incremento della produzione radicali liberi dell’ossigeno consegue all’induzione del sistema microsomiale di ossidazione dell’etanolo. Queste molecole altamente instabili e reattive sono responsabili, insieme con l'acetaldeide, dei processi di lipoperossidazione che danneggiano le membrane cellulari (prevalentemente quelle mitocondriali) ed inducono un’ulteriore formazione di radicali liberi dell’ossigeno. I fenomeni di lipoperossidazione, inoltre, consumando i composti antiossidanti della cellula, quali cisteina, vitamina E e glutatione ridotto, ne aumentano la suscettibilità a nuovi insulti.

            L’incremento di acetaldeide e radicali liberi dell’ossigeno, la riduzione del rapporto nicotinamide-adenin-dinucleotide/nicotinamide-adenin-dinucleotide ridotto (NAD/NADH), la lipoperossidazione ed il consumo di antiossidanti comportano conseguenze sfavorevoli sul metabolismo lipidico, proteico, glucidico e sulla composizione e funzione della membrane cellulari. Queste alterazioni sono responsabili di una sofferenza cellulare che può condurre alla necrosi.

 

1. Metabolismo lipidico. L'eccesso di nicotinamide-adenin-dinucleotide ridotto (NADH) e di acetaldeide alterano il ciclo di Krebs ed i processi di fosforilazione ossidativa a livello mitocondriale. Ciò si traduce in un rallentamento della ossidazione degli acidi grassi con conseguente accumulo endocellulare di questi composti (steatosi), soprattutto a carico degli epatociti della zona centrolobulare (zona III dell'acino di Rappaport) dove il tasso di ossigeno ematico è minore. Il formarsi della steatosi è anche favorito dal diminuito rilascio di lipoproteine dal fegato, dall'aumentata lipogenesi epatica, dall’aumentata captazione dei lipidi circolanti da parte dell'epatocita e, infine, dall'aumentata mobilizzazione periferica di acidi grassi indotta dall’alcol.

2. Metabolismo proteico. L'acetaldeide può coniugarsi con legame covalente alle proteine (attraverso l'interazione con i gruppi sulfidrilici o aminici). In particolare, la denaturazione della tubulina, componente dei microtubuli cellulari, comporta una riduzione dell’attività del sistema di escrezione microtubulo-dipendente con conseguente ritenzione endocellulare di proteine, lipidi, acqua ed elettroliti. A ciò fa seguito il rigonfiamento torbido ed il peggioramento della steatosi.

3. Metabolismo glucidico. La diminuzione del rapporto nicotinamide-adenin-dinucleotide/nicotinamide-adenin-dinucleotide ridotto (NAD/NADH) può condurre ad un blocco della gluconeogenesi epatica con conseguente ipoglicemia. L’abuso alcolico può determinare anche un incremento della gluconeogenesi ed iperglicemia, il cui meccanismo patogenetiico è a tutt’oggi sconosciuto; è stata ipotizzata una riduzione della utilizzazione di glucosio a livello dei tessuti periferici indotta dall'eccesso di acetaldeide.

4. Membrana cellulare. Acetaldeide e radicali liberi dell’ossigeno sono capaci di alterare la composizione in acidi grassi dei fosfolipidi di membrana con conseguente riduzione della sua microviscosità ed aumento della rigidità. E’ stata, inoltre, ipotizzata un’azione lesiva diretta dell’acetaldeide sulla funzionalità ed immunogenicità delle membrane cellulari.

 

Principali manifestazioni cliniche

Steatosi

 E' la più comune espressione istopatologica dei danni metabolici da abuso alcolico (70-100% dei casi), caratterizzata da accumulo di lipidi nella cellula epatica secondario sia ad un eccesso di sintesi di trigliceridi e sia ad un difetto di produzione delle lipoproteine. È ritenuta una alterazione degenerativa benigna e reversibile con la sospensione dell'assunzione alcolica, di per sé non rappresenta una lesione pre-cirrotica. Clinicamente è di solito asintomatica o solo raramente può provocare dolore all'ipocondrio destro. All'esame obiettivo si rileva la presenza di epatomegalia. La diagnosi può essere posta mediante ecografia addominale. L’epatosteatosi può accompagnarsi a modeste alterazioni degli indici di funzionalità epatica, particolarmente ad ipertransaminasemia ed elevazione delle gamma-glutamil-transpeptidasi (gamma-GT).

 

Epatite Acuta Alcolica.

Si manifesta in genere in soggetti dediti all’abuso cronico di bevande alcoliche, nei quali un’assunzione acuta di elevate quantità di alcolici determina l'aggravarsi della sofferenza epatica preesistente. Alcune ore dopo l'abuso alcolico, compaiono malessere profondo, nausea, vomito, dolore addominale e, talora, febbre preceduta da brivido; successivamente, prima le sclere e poi la cute assumono un colore itterico e le urine un colore marsala. All'esame obiettivo, è possibile rilevare epatomegalia. Gli esami di laboratorio documentano aumento degli indici di citonecrosi, (soprattutto transaminasi glutammico-ossalacetica [GOT] e ornitil-carbamil-transferasi), degli enzimi di colestasi (gamma-GT e fosfatasi alcalina) e della bilirubinemia. Il quadro istologico e' caratterizzato dalla caratteristica presenza dei corpi di Mallory, costituiti da ammassi di materiale ialino intensamente eosinofilo (microfilamenti), disposti intorno al nucleo.

 

Epatite Cronica Alcolica (ECA)

La sua identità e ancora controversa ed alcuni Autori ritengono che l'alcol sia solo un cofattore. In particolare, recenti studi ipotizzano che i virus dell'epatite siano spesso coinvolti nella patogenesi del danno epatico alcolico ed evidenziano una notevole associazione fra cirrosi epatica e infezione da virus B in soggetti abusatori di alcol oltre alla presenza di anticorpi anti-virus C dell'epatite (anti-HCV) in una percentuale compresa fra il 25 e il 52% dei soggetti portatori di ECA (Addolorato et al, 2000a). Da segnalare, infine, che la presenza di anti HCV positività risulta strettamente correlata alla severità del danno epatico.

Sul piano clinico si può manifestare con modesti disturbi dispeptici (in rapporto alle concomitanti alterazioni della mucosa gastrointestinale e del pancreas), inappetenza, irregolarità dell'alvo, dimagrimento, astenia e subittero. All'esame obiettivo è possibile rilevare, oltre alla colorazione giallastra delle sclere, la presenza di teleangectasie al volto e sul palato, di eritema palmare e di ipotrofia muscolare. Il fegato appare debordante dall'arcata costale, di consistenza aumentata, superficie liscia, non dolorabile. Tardivamente possono comparire reticolo venoso superficiale, edemi agli arti superiori e versamento ascitico.

Gli esami di laboratorio mostrano modesta iperbilirubinemia di tipo misto, modesto incremento della SGOT, netta elevazione delle GGT, iperlipemia, diminuzione dell'attività di protrombina. L'ecografia mette in evidenza una fine disomogeneità diffusa, associata spesso a aspetti iperecogeni, tipo "fegato brillante", per la frequente presenza di steatosi. La biopsia rivela la costante la presenza di steatosi, cui possono associarsi i corpi di Mallory, ed è caratterizzata da abbondante fibrosi nelle zone centrolobulari e negli spazi portobiliari

 

Cirrosi Epatica Alcolica

 La prevalenza di cirrosi nei forti bevitori varia dal 3 al 30%, a seconda delle casistiche. Quindi, solo alcuni (relativamente pochi) abusatori cronici di alcol svilupperanno questa patologia, la cui comparsa, inoltre, non ha un preciso rapporto con la dose globale di alcol assunta. In genere, la cirrosi si instaura dopo 5-35 (mediamente 14) anni di abuso. Al suo sviluppo concorrono, verosimilmente, numerosi fattori: infezioni da virus epatolesivi, fattori genetici e carenze nutrizionali (Addolorato et al, 2000a). Un ruolo non secondario può essere attribuito anche alla risposta immunitaria cellulo-mediata nei confronti di antigeni della membrana epatocitaria modificati dall'alcol o dai suoi metaboliti, quali il recettore per le asialoglicoproteine o LSP (Liver Specific Protein), corpi di Mallory, proteine e citocromo P-450IIE1. La cirrosi può svilupparsi direttamente dallo stadio steatosi/fibrosi del danno alcolico, senza essere preceduta da episodi ricorrenti di epatite acuta alcolica oppure da una epatite cronica attiva. Obiettivamente e clinicamente non differisce dalle cirrosi di altra natura. Il reperto istopatologico è caratterizzato da lesioni degenerative epatocitarie, fibrosi diffusa e noduli di rigenerazione; è inoltre rilevabile una deposizione di IgA lungo i sinusoidi epatici, ritenuta altamente suggestiva di eziologia alcolica del danno.

 

Carcinoma epatocellulare

La cirrosi epatica, qualunque ne sia l’eziologia, costituisce una lesione predisponente l'insorgenza del carcinoma epatocellulare. Al momento, non vi è evidenza di un rischio piu' elevato di trasformazione neoplastica della cirrosi alcolica rispetto alle cirrosi virali. Accanto alle lesione epatiche sopra ricordate, l'abuso alcolico potenzia, con meccanismi non ancora del tutto chiariti, il danno che si manifesta in corso di due condizioni geneticamente determinate, l'emocromatosi e la porfiria cutanea tarda.

 


 

 

DINAMICHE DELL’EPATOPATIA ALCOLICA

 

Fig. 1: Schema esemplificativo delle dinamiche del danno epatico da alcol. Dal danno metabolico si giunge alle alterazioni istopatologiche che vanno dalla steatosi fino all'epatocarcinoma. L'abuso alcolico favorisce inoltre la comparsa di due patologie epatiche geneticamente determinate: l'emocromatosi e la porfiria cutanea tarda, entrambe predisponenti la comparsa dell’epatocarcinoma. L'influenza di cofattori genetici, immunologici, infettivi e nutrizionali nella genesi dell'epatopatia alcolica è rilevante.

NAD/NADH= nicotinamide-adenindinucleotide/nicotinamide adenindinucleotide ridotto;

Cit.= citocromo.

=­ aumento; = SYMBOL 175 \f "Symbol" riduzione; ? = evoluzione non sicuramente confermata.

 

 

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