L’acqua minerale nella terapia delle patologie digestive: realtà o fantasia?

 G. Gasbarrini

G. Merra*, V. Gerardi°, F. Mangiola°, M. Candelli*, F. Scaldaferri°, M. De Francesco&, G. Zuccalà*, A. Gasbarrini°, G. Gasbarrini§

 

 

PREMESSE

Pensiamo che tutti i medici si siano chiesti: ma le acque hanno in realtà una funzione non solo dietetica, ma anche terapeutica? Questo problema è ancora per buona parte non risolto e i motivi sono vari:

-         anche se vi sono molte ricerche sull'effetto, essenzialmente clinico delle acque minerali, se usate in forma di terapia idropinica termale, vi sono difficoltà nell'eseguire sperimentazioni con criteri validi anche per il fatto che, in molti comitati etici, vi è difficoltà ad approvare ricerche che non abbiano una reale certezza clinica;

-         la sperimentazione con le acque trova una notevole difficoltà per farla “in cieco”, se non altro per la differente sensazione palatologica fra i diversi tipi di fluido;

-         in ogni caso una sperimentazione realmente valida a mente dovrebbe prevedere un numero di casi realmente importante, con costi sicuramente assai elevati per le istituzioni che li richiedono.

 Alla luce di tutto quanto suddetto, abbiamo deciso di esaminare alcuni aspetti della fisiologia e fisiopatologia che possono tornare utili per la valutazione del reale effetto di una minerale.

Pertanto, procederemo con:

-         alcune considerazioni su quello che si deve intendere per assorbimento e malassorbimento oltre che 'escrezione dell'acqua. In particolare ci gioveremo di considerazioni sulla cosiddetta “barriera mucosa intestinale”;

-         ciò che si sa delle modalità di passaggio dell'acqua dal lume intestinale al torrente ematico;

-         le attuali conoscenze sull'intervento del microbiota intestinale nell’assorbimento dell'acqua;

-         la revisione di ricerche sperimentali, in microscopia elettronica, sugli effetti dell'acqua minerale posta nel lume intestinale, in particolare con studio delle modificazioni a livello dell'epitelio nel corso del processo di assorbimento;

-         revisione delle principali pubblicazioni sull'effetto di differenti acque minerali nel soggetto normale e nei portatori di una delle due sindromi, la dispepsia e la stipsi, a tutt'oggi riconosciute dal SSN come situazioni che si possono giovare della terapia idropinica;

-         riferire su alcune ricerche recentissime condotte sui tempi di svuotamento gastrico nella dispepsia e sui tempi di transito oro-cecale nella stipsi cronica, con effetto indiretto sulla situazione microbica intestinale. Per queste ultime ricerche abbiamo scelto un'acqua minerale assai nota e usata in Italia: “Uliveto”, che, già da tempo, è stata considerata in particolare per la sua ricchezza di calcio e sul controllo della ipersecrezione gastrica.

 

 

 

 

ASSORBIMENTO E MALASSORBIMENTO

Il piccolo intestino, o intestino tenue, esteso dal piloro alla valvola ileocecale, svolge funzione di trasporto del bolo alimentare, di assorbimento dei nutrienti, di secrezione esocrina ed endocrina, ed una funzione immunologica. La superficie assorbente viene notevolmente incrementata dalla presenza delle cosiddette valvole conniventi, dei villi e dei microvilli, fino ad un’estensione totale pari a quella di un campo di tennis (circa 200 m2 ).

Esaminando brevemente i principali aspetti di alcune delle funzioni sovracitate, ricordiamo che in particolar modo nell’assorbimento (ovvero l’attraversamento della mucosa intestinale da parte dei prodotti della normale digestione), le cellule prevalentemente coinvolte sono gli enterociti, cellule colonnari altamente specializzate, con un rapido turnover cellulare, caratterizzate dalla presenza di una membrana luminale ripiegata in numerosi microvilli che incrementano di 600 volte la superficie intestinale. Tale struttura rappresenta il cosiddetto “brush border”, dotato di almeno 22 enzimi digestivi e 19 differenti recettori e sistemi di trasporto. La maggior parte dei nutrienti viene assorbita in sedi specifiche a livello intestinale, principalmente in virtù della presenza di carriers specifici. Ad esempio calcio, ferro, lipidi  e zuccheri sono assorbiti preferenzialmente a livello del primo tratto dell’intestino tenue, mentre i sali biliari e le vitamine liposolubili a livello ileale. I principali meccanismi di assorbimento sono il trasporto attivo, mediato da carrier contro gradiente, il trasporto facilitato, mediato da carrier secondo gradiente, l’assorbimento passivo caratterizzato da diffusione non mediata e la pinocitosi.

Riportiamo brevemente le tappe dell’assorbimento dei principali nutrienti.

I carboidrati ingeriti vengono dapprima idrolizzati dalle amilasi salivari e pancreatiche. L’amido è convertito in alfa-destrine, maltotriosio, maltosio e destrine lineari, a loro volta idrolizzati in zuccheri semplici dagli enzimi del brush border quali ß-galattosidasi (lattasi) e α-glucosidasi (saccarasi-isomaltasi, trealasi e glucoamilasi). Successivamente il glucosio e il galattosio sono assorbiti con meccanismi di trasporto attivo, mentre il fruttosio con diffusione facilitata da carrier  presenti sull’epitelio che ne permettono poi il trasporto dal lume intestinale all’interno della mucosa. La carenza di enzimi del brush border o il malfunzionamento di carrier possono essere alla base di malassorbimenti selettivi di carboidrati, come nel caso del più comune deficit di lattasi. Le proteine vengono inizialmente digerite nello stomaco grazie all’azione dell’acido cloridrico e delle pepsine che agiscono come endoproteasi. A questa fa seguito una fase di digestione intestinale con l’intervento di proteasi pancreatiche ed enzimi del brush border che liberano amminoacidi, a loro volta assorbiti attraverso meccanismi di trasporto specifici, per lo più di tipo attivo. I lipidi vengono sottoposti inizialmente all’azione della lipasi gastrica che svolge tuttavia un ruolo marginale, mentre la fase più importante è quella intestinale, con l’azione del succo pancreatico (lipasi, fosfolipasi ed esterasi) e della bile. Questi contribuiscono alla costituzione delle micelle, aggregati molecolari di acidi grassi, monogliceridi, colesterolo e acidi biliari coniugati, permettono ai prodotti non idrosolubili della lipolisi di raggiungere la membrana plasmatica delle cellule epiteliali dei villi e di superare lo strato acquoso soprastante. Normalmente l’intestino maturo è caratterizzato da una estesa superficie assorbente, di un rapido turn-over cellulare con elevata capacità riparativa, oltre che da fenomeni di adattamento da parte di segmenti non affetti da malattia. Quando tali capacità di compenso vengono superate da un processo morboso, si rende manifesta la sindrome da malassorbimento.

E' opportuno fin d'ora premettere che, anche nel caso del cosiddetto malassorbimento globale, che coinvolge macro e micronutrienti, le conseguenze clinico laboratoristiche sono estremamente variabili e che ciò, dal punto di vista pratico, si riflette in una grande varietà di quadri clinici. In molti pazienti l'enteropatia non è accompagnata da quei segni clinici ritenuti classicamente espressione di malassorbimento ed è incostantemente accompagnata dall'alterazione dei comuni test che esplorano la funzione assorbente. Vi sono poi sintomi che non sono direttamente riferibili al malassorbimento ma che tuttavia, con la loro presenza a volte anche isolata, possono costituire una importante spia clinica di specifiche malattie associate al malassorbimento. In conclusione, nel paziente con malassorbimento, a meno di drammatici ritardi diagnostici o di situazioni di difficile controllo terapeutico quali la sprue refrattaria, l'enteropatia da raggi o l'intestino corto, la simultanea presenza di molti dei sintomi o segni caratteristici della sindrome da malassorbimento costituisce un evento del tutto eccezionale.

 

ASSORBIMENTO DELL’ACQUA

La membrana cellulare è costituita da un doppio strato fosfolipidico. In generale, molecole apolari diffondono passivamente attraverso di essa, rispetto alle molecole cariche o polari. Un’eccezione è costituita dall’acqua, che pur essendo una molecola polare, passa facilmente la membrana cellulare, per osmosi. Il termine osmosi indica la diffusione del solvente (acqua) attraverso una membrana semipermeabile dal compartimento dove vi è minor concentrazione di soluto (ipotonica) verso il compartimento a maggiore concentrazione di soluto (ipertonica), quindi secondo il gradiente di concentrazione. L'osmosi è un processo che avviene senza apporto esterno di energia, che tende a diluire la soluzione più concentrata, e a ridurre la differenza di concentrazione.  L’acqua riesce a passare il doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare attraverso le acquaporine, proteine situate in specifici tessuti, quali i tubuli prossimali del rene, gli eritrociti, i vacuoli delle cellule vegetali, che facilitano il flusso delle molecole d’acqua all’interno o all’esterno delle cellule dei suddetti tessuti.

Da nostre antiche osservazioni, condotte in microscopia elettronica in trasmissione, abbiamo potuto osservare come, immettendo acqua Uliveto nel lume di intestino normale, vi è un importante ed immediato passaggio del fluido, senza altri particolari processi, e quindi, evidentemente, sia attraverso le cellule epiteliali, sia attraverso le giunzioni terminali. Ne risulta un importante aumento degli spazi intercellulari, in particolare a livello basale, prima del passaggio verso i vasi sanguigni e linfatici (Fig: 7.500x).

 

 

 

UN PO’ DI STORIA

Nel 1989 Franzoni et al. dimostrarono che, possedendo l’acqua Uliveto una blanda azione neutralizzante l’acidità gastrica, esercitava un’azione tamponante sui succhi gastrici senza provocare importanti reazioni gastrinemiche secondarie, come in caso di azioni tamponanti più energiche, e, per questo, poteva essere consigliata, sia per l’utilizzo quotidiano, sia in patologie peptiche quali l’esofagite, la gastrite o l’ulcera duodenale.

Gasbarrini et al. nel 1991 si avvalsero dell’ecotomografia, allora da poco propostasi come tecnica per lo studio sia dello svuotamento gastrico che colecistico e dimostratasi affidabile e rispettosa delle condizioni fisiologiche, valutando e confrontando gli effetti di un’acqua bicarbonato-alcalina (Uliveto) rispetto all’”acqua di fonte” sugli svuotamenti gastrico e colecistico. I risultati ottenuti indicarono, in primis, uno svuotamento gastrico più progressivo e graduale con acqua Uliveto, quasi ad indicare una migliore conservazione del tono di contenimento della parete, dimostrato dall’analisi dei valori di sezione antrale e, in secundis, una differente entità dello svuotamento colecistico, in considerazione delle maggiori percentuali di volume residuo, a testimonianza di una minore contrazione colecistica che, però, diveniva soddisfacente nel tempo. Pur non essendo ancora chiaro l’esatto meccanismo con cui l’acqua Uliveto inducesse queste modificazioni, anche se già noti alcuni suoi effetti su alcuni organi del sistema APUD e sull’attività elettromotoria digestiva, fu affermata la sua utilità nelle turbe dello svuotamento gastrico caratterizzate da un rallentamento, specie se in stomaci ipotonici, oltre all’azione, seppur più modesta, sullo svuotamento colecistico, in cui, la riduzione del volume stesso, veniva raggiunta senza passare attraverso periodi di contrazioni colecistiche rapide e senza interferire sul fisiologico ritmo a tre tempi, peculiarità che indicò la bevanda utile nel trattamento dietetico delle forme di patologia biliare in cui si volessero evitare energiche contrazioni vescicolari.

Paolucci et al. nel 2001 sottolinearono come la stipsi cronica fosse una patologia di grande diffusione, e nella sua forma idiopatica, dipendesse da numerosi fattori, inclusi personalità, stress, livello di attività fisica, uso di farmaci e condizioni socio-economiche. Nel loro studio valutarono gli effetti di una supplementazione di acqua minerale ad alto contenuto di ioni calcio e magnesio (Uliveto) paragonata ad una supplementazione con acqua a basso contenuto minerale e osservarono, nel I gruppo, in maniera statisticamente significativa, un aumento del numero di evacuazioni ed una conseguente riduzione di utilizzo di lassativi, indicando come possibile causa il fatto che l’alto contenuto minerale avesse contribuito all’effetto lassativo del liquido di supplementazione e, in particolare, il magnesio avesse potuto formare sali di zolfo o citrato che, a loro volta, avessero promosso una riduzione dei fluidi nel canale digestivo e, indirettamente, alterato la motilità. Tali dati furono, poi, confermati e supportati, nel 2002, da Cuomo et al., che dimostrarono l’efficacia dell’acqua Uliveto, anche nella dispepsia funzionale.

 

L’ACQUA ULIVETO…IERI: EFFETTI NELLA PATOLOGIA DIGESTIVA COSIDDETTA FUNZIONALE

La dispepsia costituisce una delle principali indicazioni per visite specialistiche ed indagini ematochimiche e strumentali nei paesi occidentali. Il problema principale sul piano clinico investe il trattamento della forma funzionale o non organica, definita come un disturbo localizzato ai quadranti superiori dell’addome in assenza di patologia specifica rilevabile endoscopicamente. La prevalenza della dispepsia nella popolazione generale è stimata a valori che vanno dal 14% al 41%. In Italia quasi il 50% dei soggetti dispeptici che si rivolgono a centri specialistici di gastroenterologia o di endoscopia sono affetti da dispepsia funzionale (idiopatica). In una certa percentuale di questi casi il quadro clinico è correlato con uno svuotamento rallentato e con un’alterazione dell’attività motoria gastroduodenale. Il legame tra dispepsia funzionale e infezione da Helicobacter pylori non è ancora chiaro e certamente l’eradicazione di questa infezione non sempre comporta miglioramento dei sintomi nella maggior parte dei pazienti.

Una questione oggetto di intenso dibattito attualmente, in Italia in particolare, è se i trattamenti idropinici con acque termali, tanto diffusi nel nostro Paese così come in Francia e in Germania, possono avere un ruolo nel trattamento dei disturbi funzionali de tratto gastroenterico, e quindi anche nella dispepsia. La letteratura esistente è notevole ma sfortunatamente appartiene quasi tutta a una pubblicistica che non varca i confini nazionali dei vari paesi, per cui non è ritenuta possedere quei requisiti di verifica che oggi si richiedono per un buon lavoro scientifico. Mancano inoltre studi osservazionali longitudinali che conferiscano ai trattamenti idropinici con acque termali le caratteristiche di “investimento” socio-sanitario, che ne avvallino l’indicazione e la prescrizione da parte della classe medica. Solo recentemente sono stati riportati dati su questo aspetto, che inducono a ritenere che effettivamente il trattamento termale possa avere un impatto positivo sulle strategie sanitarie in campo gastroenterologico. Il trattamento idropinico termale presuppone inoltre che l’effetto terapeutico sia condizionato dalla particolare composizione in ioni e minerali dell’acqua somministrata.

L’obiettivo di un nostro studio in proposito è stato quello di valutare l’effetto di un trattamento idropinico a base di acqua oligominerale sullo svuotamento gastrico dei solidi e sulla sintomatologia in un gruppo di pazienti affetti da dispepsia funzionale (non organica). Abbiamo utilizzato il “breath test al 13C-acido octanoico”, un test di svuotamento dei solidi definitivamente validato. Questo test è in grado di soddisfare i requisiti per poter misurare il tempo di svuotamento gastrico: infatti l’acido octanoico è un acido grasso a catena media che per la sua lipofilia si lega al tuorlo d’uovo e viene assorbito dalla parete intestinale, arrivando inalterato al fegato attraverso il sangue portale. Qui subisce ossidazione mitocondriale che non è influenzata dal citocromo P450, né dalla presenza di carnitina. L’effetto della somministrazione di fluidi sembra avere effetti sia acuti che cronici sul transito gastrointestinale sia nei soggetti “sani” che nei pazienti con stipsi anche se non c’è accordo completo soprattutto per quello che riguarda i soggetti non stitici. E’ stato ipotizzato che la differenza di effetti riscontrata tra soggetti di controllo e stitici sia dovuta alle particolari caratteristiche fisiopatologiche che coinvolgono la funzione motoria intestinale nei soggetti con stipsi e alle caratteristiche della composizione chimica dei fluidi di supplementazione. Una situazione analoga potrebbe verificarsi nella dispepsia, per molti versi dal punto di vista etiopatologico simile alla stipsi. La tipologia di contenuto in ioni e minerali delle acque usate in questo studio potrebbe essere responsabile dell’attivazione di chemorecettori capaci di stimolare la motilità del tratto gastroduodenale in risposta al pasto o di attivare complessi motori interdigestivi. Il fatto che il trattamento idropinico si dimostri efficace nei pazienti dispeptici che spiegherebbe anche la condizione di rallentato svuotamento gastrico, che frequentemente si riscontra in questa affezione. Fra l’altro l’acqua Uliveto, particolarmente ricca di calcio, può avere notevoli giovamenti clinici in caso di osteoporosi.

 

La stipsi è un disturbo molto comune nella pratica clinica e generalmente indica una condizione persistente  caratterizzata da defecazione difficoltosa, poco frequente o che sembra incompleta. Talora la stipsi è un segno clinico rivelatore di diverse malattie organiche, ma spesse volte si presenta come un disturbo isolato, non associato ad alcuna patologia, e pertanto viene considerata una malattia, più  propriamente definita come stipsi idiopatica.

Data l’ampia variabilità delle normali abitudini intestinali, la stipsi non è facile da descrivere o quantificare. La sola frequenza nell’evacuazione non rappresenta un criterio sufficiente per la diagnosi, anche se la maggioranza degli individui ha una frequenza di almeno 3-4 evacuazioni settimanali. La forma e la consistenza delle feci sono ben correlate con il tempo trascorso dalla defecazione precedente: feci dure e caprine sono indicative di un rallentato transito intestinale, mentre feci acquose e molli sono associate ad un transito rapido. Anche fattori psicologici o determinate abitudini sociali possono essere causa di stipsi.

Da un punto di vista clinico-descrittivo la stipsi può essere distinta in:

  a) stipsi di recente insorgenza;

  b) stipsi cronica, presente anch’essa in diverse condizioni patologiche e spesso associata ad una inadeguata assunzione di fibre o ad un inadeguato apporto idrico. Quest’ ultimo aspetto non va assolutamente sottovalutato. Si è potuto, infatti, verificare come nel 90% delle stipsi croniche non si rileva una causa sottostante e  la stipsi stessa regredisce con l’esercizio fisico costante, con un’integrazione dietetica di fibre (da 15 a 25 grammi/die) e con un’abbondante idratazione. Spesso, mediante questi semplici accorgimenti, si riesce ad evitare la cronica somministrazione di lassativi.

Lo scopo di un nostro studio condotto in proposito è stato valutare se una terapia a base di acqua minerale fosse in grado di regolarizzare il tempo di transito intestinale, in quanto è risultato statisticamente rallentato nei pazienti con stipsi cronica rispetto ai controlli sani, utilizzando un Breath Test al lattulosio, metodica oramai validata a livello internazionale, che si basa sulla non assorbibilità di questo zucchero da parte della mucosa del canale alimentare. Per questo motivo, il lattulosio supera lo stomaco e l’intestino tenue intatto e giunge nel cieco ove i batteri (normalmente presenti nella flora del colon) lo degradano determinando la produzione di idrogeno. Una parte dell’idrogeno così formatosi viene assorbita dalla mucosa intestinale, passa nel torrente circolatorio per essere infine rilasciata a livello degli alveoli polmonari e prontamente espirato. Valutando dunque il tempo di comparsa dell’idrogeno nel respiro si è in grado di determinare in maniera indiretta il tempo di transito oro-cecale.

La stipsi idiopatica è una patologia molto diffusa nella popolazione generale soprattutto nelle età più avanzate e può giovarsi validamente di numerose terapie farmacologiche e non. A questo proposito si assiste ad una sempre maggiore medicalizzazione di questa sindrome, in particolare con l’uso di lassativi, spesso lesivi a lungo termine per la motilità intestinale, quando un maggiore apporto di fluidi può rappresentare un trattamento valido, economico e innocuo.

I risultati dello studio hanno dimostrato come una supplementazione con acqua minerale di almeno 2 litri al giorno per un periodo di 3 settimane ha portato un deciso miglioramento del tempo di transito oro cecale in pazienti affetti da stipsi cronica. Inoltre anche la sintomatologia di questi pazienti è migliorata considerevolmente con un’eccellente compliance del paziente nei confronti della terapia. I meccanismi fisiologici alla base del migliore transito intestinale non sono completamente chiariti. L’acqua probabilmente esplica la sua azione sia in quanto fluido (quindi solubilizzando e ammorbidendo il contenuto intestinale) sia formando insieme al contenuto intestinale una massa che stimola i barocettori di parete alla contrazione sia attraverso il suo contenuto in sali minerali. A tutto questo consegue una riduzione del transito intestinale e quindi un aumento del numero delle evacuazioni settimanali ed una riduzione della sintomatologia. Un minor tempo di contatto del contenuto intestinale con la flora batterica comporta infatti anche una riduzione della metabolizzazione dei residui alimentari da parte dei batteri ed una ridotta formazione di gas con un miglioramento del meteorismo. 

 

L’ACQUA ULIVETO…OGGI

Con l’acqua Uliveto abbiamo realizzato uno studio “proof of concept” in cui abbiamo arruolato 15 pazienti affetti da dispepsia funzionale e stipsi cronica secondo i criteri di Roma III.

Il tempo di transito oro-cecale è stato calcolato mediante breath test al lattulosio e il tempo di svuotamento gastrico mediante un Breath test all’acido ottanoico.

Ogni paziente ha effettuato I suddetti test a tempo zero.

Successivamente i pazienti hanno assunto una supplementazione di 1,5 l di acqua Uliveto, acqua minerale  “naturalmente frizzante” (residuo fisso a  180 °C = 860 mg / l), ricca in bicarbonato (HCO3-= 650mg. / l) e calcio (Ca + + = 169 mg / l) , e B. reuterii (in compresse, al dosaggio di 108 CFU, due volte al dì) per 15 giorni. Al termine della supplementazione ogni paziente ha effettuava nuovamente un breath test al lattulosio e un breath test all’acido ottanoico.

Abbiamo verificato che il tempo di transito oro-cecale è in genere più rallentato nei soggetti affetti da stipsi cronica rispetto ai controlli. Il rallentato tempo di svuotamento gastrico si associa più facilmente alla dispepsia funzionale rispetto ai controlli. Nel nostro studio è stato osservato un incremento della velocità di transito oro-cecale e del tempo di svuotamento gastrico dopo supplementazione con acqua Uliveto e  L. reuterii.

La supplementazione con acqua Uliveto e L. reuterii migliora il tempo di transito intestinale  e il tempo di svuotamento gastrico in pazienti affetti da stipsi cronica e dispepsia funzionale. Tuttavia sono necessari ulteriori studi per stabilire se il suddetto effetto è dovuto alla supplementazione con acqua Uliveto, al  L. reuterii, o alla combinazione di entrambi.

 

 

 

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* Dipartimento di emergenza e Accettazione, UCSC, Policlinico “A. Gemelli” – Roma

° Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, UCSC, Policlinico “A. Gemelli” – Roma

& Ospedale Civile di Caserta

§ Fondazione Ricerca in Medicina, Onlus, Bologna