“Paura e/o dolore mentale”

Mario Giampà

 

                                    … lo sviluppo del cervello e dell’attività cerebrale e mentale è sfaccettata e ricca di sottigliezze.

Comincia con le molecole e prosegue fino ai geni; coinvolge grandi numeri di cellule, la loro   

                                 attività elettrica e la loro varietà chimica, un’anatomia estremamente intricata, con nuclei e

                                 strati dalle più svariate connessioni, mappe che ricevono segnali da ingressi sensoriali e

                                 inviano segnali a uscite motorie. Queste strutture sono soggette a continui cambiamenti di

                                 natura elettrica e chimica, che guidano i movimenti e ne sono guidati.

                                Tutto ciò risulta conseguenza dell’evoluzione – conseguenza, cioè, dell’azione esercitata dalla

 selezione naturale nel corso di centinaia di milioni di anni

                                                                         Gerald Maurice Edelman, 1992

 

 

           Sempre Edelman, nel suo saggio del 1992, dal titolo Sulla materia della mente, sostiene che ogni teoria scientifica deve essere confermata o invalidata per via sperimentale. Anche se, sostiene sempre Edelman, la storia insegna che nulla è tanto efficace, per promuovere nuove forme di pensiero e  nuovi esperimenti, quanto una teoria che si possa correggere, migliorare o anche smantellare.

Dopo il biologico, vediamo l’uomo nella sua fenomenologia, così lo descrive Bruno Callieri (2004), l’essere umano è inestricabile da un’essenza culturale: così uno stesso vissuto elementare, ad esempio l’angoscia, attraverso l’elaborazione culturale può essere strutturato, messo in forma come colpa, passione, peccato, possessione, affatturamento/influenzamento magico; rito, mito; somatizzazione, depressione o vuoto; oppure una percezione extrasensoriale è una visione se inscrivibile nel contesto delle credenze condivise, se convenzionalizzata nel contenuto, se organizzata secondo un modello rituale, oppure, in assenza di tutto ciò, può essere un’<allucinazione>.

Già, nel 1984,  lo psicoanalista Eugenio Gaddini segnalava che la psicopatologia individuale cambia, così come cambia l’individuo umano, a seconda dell’ambiente culturale in cui si forma.

Questa <essenza culturale> nasce dal biologico?

Prendo la mossa della mia riflessione citando il filosofo Felice Cimatti, che scriveva sulla pagina culturale di un quotidiano del 22 giugno del 2005 quanto segue

L’animale umano è un animale sociale, che per crescere e vivere ha, per sua natura, bisogno della relazione – da quella fisica a quella comunicativa – con i propri simili. Uno dei meccanismi fondamentali dell’interazione sociale è “l’imitazione”.

Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che si attivano quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo imitare l’azione altrui, perché il nostro cervello “risuona”, per così dire, assieme a quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale fondamentale, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli. C’è di più: se quel che fai tu è simile a quel che faccio (o potrei fare) io, allora io sono in qualche modo tuo simile, e viceversa. La soggettività umana, ma probabilmente anche quella di animali diversi dall’Homo sapiens, nasce attraverso meccanismi cerebrali di questo tipo.

Lo scopritore dei “neuroni specchio”, Vittorio Gallese, dell’Università degli Studi di Parma, ha messo in evidenza che esiste una relazione tra sistema sensorio - motorio e cognizione nei primati non – umani e nell’uomo. Pertanto partendo dalla scoperta di questi “neuroni specchio” (mirror neurons) non possiamo più parlare di una soggettività individuale ma dobbiamo parlare di una <intersoggettività originaria>. Siamo legati agli altri reciprocamente ed in modo istintivo e al di fuori della nostra volontà, in un modo pre – verbale  e pre –razionale. L’identità sociale è pertanto un processo di co – costruzione rispondendo a regole di reciprocità. Sostiene, inoltre, Gallese insieme a George Lakoff come gran parte dei concetti che normalmente utilizziamo nel linguaggio e nel pensiero abbiano radici sensori – motori. Ciò potrebbe spiegare i fondamentalismi.

Se <l’imitazione> e la <consonanza intenzionale> dirigono l’uomo di oggi e se l’oggi è l’Era del vuoto, come la definisce G. Lipovetsky, dove la meta dell’uomo è la realizzazione di sé e il processo di personalizzazione vede al suo termine un individuo ridotto a uno zombi, talvolta cool e apatico, talvolta privo del sentimento di esistere (1983), allora quanto la sindrome depressiva e l’attacco di panico debba essere visto sotto un’altra luce? Quanto sono la conseguenza di una mancata sintonia, concordanza con l’altro o con gli altri? Quanto può accadere che ci muoviamo in una <folla solitaria>, per citare il titolo di un saggio?

Genitori zombi, mediaticamente intossicati, genitori spaventati ed irrealizzati o genitori fondamentalisti?

La psicoanalista Cecilia Albarella (2005)sostiene che  anche nei casi nei quali la personalità si è sviluppata in modi complessivamente soddisfacenti, le difficoltà, che si incontrano nel mondo attuale a investire in progetti e ideali comuni, tendono a determinare uno sfumato e impercettibile senso di vuoto, dovuto a un impoverimento del senso della vita. Sensazioni di vuoto e uno smorzarsi di energie vitali sembrano quindi caratterizzare una situazione di malessere, di cui siamo testimoni e partecipi.

Lo psicoanalista francese André Green, a questo proposito parla di <narcisismo di morte>, caratterizzato da un senso di vuoto e di morte; queste forme cliniche vengono differenziate da quelle nelle quali prevalgono invece spinte motivate dal narcisismo di vita (C. Albarella, 2005)

Cosa si intende, comunemente per sindrome depressiva?

Se cerchiamo sul “De Mauro – Dizionario della lingua italiana” il significato della parola Sindrome, troviamo questa definizione, è un complesso di sintomi che manifestano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma. Ed ancora dal vertice psicologico è un complesso di comportamenti con cui si reagisce a una specifica situazione critica, a un pericolo, a un condizionamento, ecc.

Situazioni critiche, pericoli, condizionamenti.

Pericoli: esiste la sindrome cinese, psicosi collettiva che si può originare dal timore di un’improvvisa catastrofica esplosione nucleare.

Situazioni critiche: nuove immagini, nuove emozioni, si pensa, si osserva, nuovi pensieri proposte dagli artisti: esiste la sindrome di Stendhal, forte turbamento emotivo, con manifestazioni di pianto e svenimenti, avvertito talora da turisti che visitano centri storico-artistici o contemplano capolavori.

Condizionamenti: esiste la sindrome di Stoccolma, fenomeno psichico, descritto per la prima volta in un gruppo di ostaggi in una banca della capitale svedese, per cui il sequestrato simpatizza con il sequestratore manifestando ostilità verso il mondo esterno.

Il fenomeno è un fatto, evento naturale o provocato che può essere oggetto di osservazione e studio. E’ ciò che appare, ciò che si manifesta all’esperienza sensibile e che si contrappone alla realtà oggettiva e intelligibile.

Allora forse ci troviamo di fronte a dei fenomeni che la mente umana non tollera, perché non chiamarla invece che sindrome depressiva, come propone Julia Kristeva, nuove malattie dell’anima?. Non più malattie, non più compresse o gocce, non più fattucchiere, stregoni o imbonitori. Forse si metterebbe in moto un nuovo pensiero su di noi e sul mondo.

Ecco che allora lo psicofarmaco diventa un freno o addirittura intralcia la selezione naturale o impedisce lo sviluppo di un pensiero gruppale. E’ vero che prima degli psicofarmaci c’erano l’alcol per noi occidentali e per altre culture sostanze allucinogene e cannabinoidi.

Ma solo Lipovetsky la pensa così del nostro modo di vivere, di un vuoto che ci comprime la pelle? Contro un liquido amniotico rassicurante e protettivo.

Remo Bodei, filosofo, sostiene che nei paesi dell’Occidente in cui il benessere è relativamente esteso, una delle forme di disagio più diffuso è rappresentata dalle speranze deluse. Cosa fare? Il rimedio, secondo Bodei, all’invalicabile limitatezza dell’esistenza individuale è vivere altre vite per mezzo di una immaginazione alimentata dai testi letterari e dai media. Ciò porta al rischio della dissoluzione della realtà nella fantasia.

Già Sigmund Freud riteneva che il soggetto e il mondo non potevano essere pensati separatamente, in quanto nascevano l’uno con l’altro. In questo mondo, come Bodei, sostiene anche la psicoanalista brasiliana Aurea Maria Lowenkron (2004), l’uomo moderno vive in un conflitto permanente, facilmente vittima di angoscia, oscillando tra la colpa di rifiutare il luogo che gli è stato destinato per seguire i propri desideri e l’insoddisfazione risultante dalla rinuncia a questi desideri. Questo se produceva sintomi nevrotici ai tempi di Freud oggi produce sintomi narcisistici e depressivi in soggetti minacciati di annichilimento e perdita di identità. Tutto ciò porta J. Kristeva e E. Roudinesco a ritenere, anche se da vertici differenti, che questi cambiamenti sociali e culturali di queste ultime decadi del secolo passato, abbiano trasformato il paziente nevrotico in un paziente affetto da patologia narcisistica. Si chiedono se la nevrosi dei tempi di Freud, abbia acquisito nuovi sintomi, se la depressione come entità clinica sia mai esistita.

Per la psicoanalista Julia Kristeva l’uomo e la donna di oggi vivono in una società che li orienta verso il consumo sfrenato, li stordisce con un sovraccarico di stimoli e di immagini, e rendendo il loro discorso standardizzato e normalizzato, modella uomini e donne avidi di divertimenti e di consumi “oggetti insignificanti che offrono piacere perverso, ma non soddisfazione”. Stressati, si rendono dipendenti da medicamenti e si rifugiano in immagini visive che bloccano il vuoto esistenziale sperimentato. Nell’era attuale, i cui ideali sono plasmati dall’esigenze della società dei consumi, che promuove l’illusione della libertà individuale illimitata, il malessere assume molte volte forme d’apatia, vuoto interiore, solitudine e fallimento. In questo modo, sembrano acquisire rilievo le figure cliniche della cosiddetta depressione, dell’abuso di droghe, della violenza e della sofferenza vissuta nel corpo come somatizzazioni gravi.

Lo psicoanalista brasiliano Marcio de Freitas Giovannetti (2004) descrive bene lo sconcerto di oggi: gli uomini e le donne vivono in un mondo dove le frontiere spazio – temporali non esistono più e l’idea o il concetto di continuità sono sostituite dalla velocità e dalla accelerazione del tempo. (…) In questo mondo attuale, del Nuovissimo Testamento, tutto é provvisorio. C’è solo una parola per nominare il nostro sentimento davanti alla nostra propria immagine: perplessità. Senza parlare del dibattito intenso che gira intorno alle clonazioni... La schiavitù ha assunto altre forme: a chi appartiene un determinato corpo umano é la questione centrale emergente in questo momento nel quale già certi organi possono essere sostituiti. Oppure venduti. Quando l’utero di una donna può essere utilizzato per ricevere embrioni fecondati “in vitro” o essere creati da una cellula epidermica. Quale è la soggettività per il secolo XXI? é di oggi fondamentale che lo psicoanalista possa ripensare, partendo dal contesto attuale, la soggettività emergente in questo nuovo secolo Come collocare la problematica della identità e del soggetto quando le frontiere geografiche si dissolvono nello spazio cibernetico? L’appiattimento dell’immaginario dovuto al eccessivo bombardamento immaginifico al quale tutte le persone sono sottoposte configura il trauma del nuovo soggetto: non più sessuale, il trauma fondatore della nuova soggettività é l’informazione. Se Anna Arendt ci avvertiva a metà del secolo XX della “banalizzazione del male”, l’avvertimento che deve essere lanciato ora é la banalizzazione “ tout court ” con la assenza delle frontiere e con la inondazione immaginifica, lo spessore e la densità necessarie alla costituzione di una identità individuale e privata sparisce nella stessa proporzione nella quale la velocità dei cambi è avvenuta tra il mondo esterno ed il mondo interno.Pertanto, non è da sorprendersi che i corrispondenti clinici attuali della nevrosi di prima siano la anoressia, la bulimia, la depressione diffusa e la indecisione di scelte di vita. Tutto ciò denunciando che i meccanismi di cambio tra l’interno e l’esterno sono disturbati o impossibilitati ad esistere.

Altro sconcerto: L’immagine che caratterizza la post-modernità sarebbe una immagine iper-reale … una immagine che non si riferisce a qualche realtà passata, ad un qualsiasi riferimento.

Il giornalista Luigi Pintor scriveva su un quotidiano, che il mondo si rivela oggi più globale di ieri nella sua instabilità e vulnerabilità. Oggi? Ieri? Domani? Questa linearità del tempo è precipitata, si è accorciata in un istante. Come far luogo in noi stessi a questo modo di attualità? Ci dobbiamo confrontare con un eccesso di realtà o di una sovrabbondanza di informazione, che possono provocarci uno sgretolamento del sistema di identificazione nel centro della nostra identità; una rottura dei vincoli primordiali ed una perdita dei riferimenti e dei contatti di appartenenza.

Tutto ciò è paura! Deve essere neutralizzata attraverso una mentalizzazione nel nostro apparato per pensare i pensieri, ossia la mente a questa paura dare un senso, dare un nome, dare una risposta esistenziale.

Di conseguenza, in questo nostro mondo globale ed in continua e veloce trasformazione, come già abbiamo sottolineato, la distinzione tra quello che è patologico o normale subisce delle modificazione anche in psichiatria, che per varie ragioni, la distinzione è più difficile o delicata che in altre discipline mediche. Tratti di personalità, aspetti dell’esperienza psichica, comportamenti e modi di interazione che in genere definiamo normali non sono infatti definibili in modo univoco con formule e leggi ed ancora oggi di più nel villaggio globale che abbiamo descritto. Sebbene ognuno abbia un’idea di dove situare un ipotetico confine tra normalità e anormalità di un comportamento, restano in realtà molti dubbi e interrogativi. Tale confine non è delimitabile in modo netto. Vissuti e comportamenti comuni e normali sfumano per gradi verso condizioni anormali e patologiche. (M. Biondi)

Inoltre oggi, uno degli aspetti più controversi nel campo delle neuroscienze è il problema di come passare dalla verbalizzazione soggettiva della esperienza mentale alla sua oggettivazione sperimentale. (Enrico Smeraldi).

Se teniamo conto che la nostra vita affettiva è sottesa da un complesso sistema funzionale dotato di un elevato grado di plasticità per cui diversi eventi, situazioni interne ed esterne, possono determinare improvvisi cambiamenti dell’umore senza che ciò assuma connotazioni patologiche. Le continue fluttuazioni del tono affettivo di fondo tra i due poli opposti della tristezza e della euforia svolgono un’importante funzione adattativi.

Rientrano in questa fluttuazione del tono affettivo di fondo tra tristezza e ed euforia le sindromi depressive con le sue varie declinazioni cliniche (Episodio depressivo, episodio maniacale, episodio misto, episodio ipomaniacale, episodio depressivo maggiore, disturbo distimico, disturbo depressivo non altrimenti specificato, disturbo bipolare I°, disturbo bipolare II°, disturbo ciclotimico, disturbo bipolare non altrimenti specificato, disturbo dell’umore dovuto ad una condizione medica generale, disturbo dell’umore indotto da sostanze) Comunque si voglia chiamare la sofferenza mentale c’è un sottostante fondo costituzionale genetico, sessuale che interagisce con l’ambiente animato e inanimato, adeguato o inadeguato.

Cervello e corpo sono indissolubilmente integrati da circuiti neuronali e biochimici che dall’uno puntano all’altro, e viceversa. Non dobbiamo dimenticare che una sintomatologia depressiva nelle malattie del sistema nervoso centrale (come la Corea di Huntington, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, tumori, traumi cranici, sclerosi multipla, ictus, epilessia del lobo temporale); nelle malattie endocrine e metaboliche (morbo di Cushing, ipotiroidismo, ipokaliemia, ipercalcemia); nelle malattie addominali (tumori del pancreas, pancreatite cronica, epatite, cirrosi); nelle malattie infettive (HIV, mononucleosi infettiva, influenza, polmonite virale, tubercolosi); nelle malattie sistemiche (lupus eritematoso, artrite reumatoide).

Anche una sintomatologia depressiva è associata all’uso di farmaci come ormoni (Contraccettivi orali, corticosteroidi, anabolizzanti), antinfiammatori e antinfettivi (Fans, sulfamidici, etambutolo, baclofen), farmaci cardiovascolari (alfa-metildopa, reserpina, propanololo, guanetidina, clonidina, diuretici tiazidici, digitale), psicotropi (benzodiazepine, neurolettici, sospensione di stimolanti tipo cocaina e amfetamine), ad altri farmaci (cicloserina, cimetidina, indometacina).

Se alcune scuole di psichiatria (pa. 1824, vol II°) (Cassano) ammettono l’esistenza di una “tristezza fisiologica”, quanto oggi, dopo la descrizione che abbiamo fatto del vivere moderno, dobbiamo pensare ad una “tristezza fisiologica” diventata “tristezza fisio-patologica fondamentale”?

Ci dobbiamo chiedere quanto sia mentalmente fisiologica, fisiologicamente mentalizzabile questa società globale nella quale siamo immersi. Secondo LeDoux la paura è uno stato soggettivo di attenzione che viene indotto quando i sistemi cerebrali reagiscono ad un pericolo, ad un isolamento. L’uomo moderno si sente solo e in pericolo. La sofferenza fisica, il dolore mentale , l’eventuale paura della morte, i vissuti di terrore aumentano nell’uomo con una cardiopatia e vanno viste all’interno del malessere della nostra epoca. Se è un uomo cardiopatico deve affrontare ancora di più l’isolamento in una società dove la malattia non è ammessa, il dolore deve essere nascosto. L’efficienza, la prestanza, il corpo sano e sportivo è apprezzato.

Scrive la psicoanalista Marie de Hennezel la morte, la nascondiamo come se fosse vergognosa e sporca. Nella morte, vediamo soltanto orrore, assurdità, sofferenza inutile e penosa, scandalo insopportabile: è invece il momento culminante della nostra vita, ne è il coronamento, quello che le dà senso e valore. Resta comunque un immenso mistero, un grande punto interrogativo che portiamo nell’intimità più profonda. Bisogna dare spazio e  parola a questo interrogativo.

Cosa fare? Non significa che  il medico si debba trasformare in psichiatra, in psicologo o in psicoterapeuta ma che al di là del supporto tecnico-diagnostico, deve utilizzare e sviluppare la sensibilità per conoscere la realtà del paziente, ascoltare i suoi lamenti e incontrare, insieme con lui, strategie che facilitino l’accettazione, la comprensione della malattia e l’adattamento alle modificazioni che, purtroppo deve fare a causa dei suoi problemi, quali che siano di post-acuzia, di preparazione ad un trapianto, di una riabilitazione. Possono insorgere nel paziente cardiopatico disturbi d’ansia, alterazione dell’umore, possibili stati di depersonalizzazione. C’è il rischio di vivere il corpo malato come estraneo e al di fuori del suo controllo. Tutt’altro discorso va fatto per il trapiantato di cuore. L’intera famiglia come l’individuo viene investita dall’evento che evoca una morte evitata ma già annunciata. L’evento inciderà sulla modalità di organizzazione del nucleo familiare. Cosa fare? E’ necessario che il cardiopatico venga sottoposto ad un consulto psichiatrico per esaminare il vissuto interno del paziente, per ottenere informazioni ed elementi di valutazione per un eventuale invio ad un gruppo omogeneo di lavoro riabilitativo e/o gestione della propria angoscia o rabbia. Certo in presenza di una pregressa sofferenza mentale si deve valutare una psicoterapia individuale oppure della coppia o della famiglia.

Comunque sia possono formarsi gruppi omogenei di psicoterapia di malati organici, in base ad una diagnosi comune oppure ad un obiettivo specifico da conseguire. Ormai quasi tutti gli ospedali iniziano ad avere un servizio di psicologia clinica presso la riabilitazione  cardiologia, con il compito di una prevenzione secondaria che agisca sui fattori di rischio: tabagismo, assunzione di alcol, impotenza, vita sedentaria (MariaClotilde Colucci es al., 2004). Il gruppo omogeneo come elemento affettivo, crea legami tra i membri del gruppo, facilita l’uscita dalla solitudine angosciante e alienante di sentirsi malato e favorisce la certezza di sentirsi accettati e compresi (Marinelli, 2004).

Solitudine angosciante che in questo modo descriveva in un saggio del 1997 lo psicoanalista Rosario Merendino, la paura riguarda eventi particolari; l’angoscia rappresenta uno stato mentale che segna l’esistenza fin dal suo inizio e riguarda fondamentalmente la relazione di alleanza Io-Tu quale si evolve, con maggiore o minore successo e soddisfacimento, prima nel rapporto madre-bambino e poi nel rapporto tra individui e tra individuo e società. L’angoscia si affianca al bisogno istintuale affettivo dell’essere umano di ottenere dall’altro e dare a sua volta all’altro accoglimento, riconoscimento e appartenenza. Essa sorge dalla frustrazione, ma esprime pur sempre il timore di perdere l’appartenenza o di non riuscire ad ottenerla. Sospinge alla strutturazione di difese atte a compensare la mancata alleanza, ma, se capita e tollerata, incrementa la ricerca, il lavoro e la creatività.

Con il paziente cardiopatico quando usare lo psicofarmaco?

La scelta di uno psicofarmaco o l’invio ad uno psichiatra per un consulto dipende dalla personalità del medico, dal suo status mentale, dalla sua cultura, dalla sua esperienza, dal suo stile <nell’arte di curare>. Termino con una poesia, mia la traduzione:

 

L’arte di curare

Percepire … la verità, percepire … la melodia dell’essere

Capire l’assunto, l’essenza dell’umano vivere.

Distinguere la dissonanza del dolente patire

Sintonizzare sulla forza del proprio voler star bene.

Intendere, comprendere ... ben volere ...

Empatizzare, identificarsi ... ben armonizzare

Per quel momento ... e solo in quel momento.

Parlare, dialogare, diagnosticare

Suggerire, intervenire, agire.

Trattare, medicare, operare …

Con decisa fermezza e … dolce delicatezza,

Con profonda sicurezza e … armonica bellezza,

Stimolando la verità, scientifica, fredda, dura,

In modo estetico, artistico … con bontà … con affetto.

 

A arte de curar

Ouvir …de verdade, ouvir … a melodia do ser …

Perceber o tema, a essencia do humano viver.

Discernir a dissonancia do doentio padecer ...

Sintonizar o poder do seu sadio querer.

Entender, compreender ... bem querer ...

Empatizar, se identificar ... bem afinar

Para entao … e so’ entao:

Falar, dialogar, diagnosticar

Sugerir, intervir, agir.

Tratar, medicar, operar ...

Com clara firmeza e ... suave delicadeza,

Com profunda certeza e ... harmònica beleza,

Reavivando a verdade; cientifica, fria, dura,

Com estética, artìstica ... com bondade ... com ternura

 

 

Bibliografia

 

- Albarella Cecilia, Il disagio nella postmodernità: edonismo, narcisismo, vuoto.

                             Psiche, 2-2005.

- Bodei Remo, Speranze deluse e vite immaginarie, Psiche, 2-2005

-Callieri Bruno, Psicopatologia e cultura. L’uomo-limite, ultimogenito dell’occidente, in ATTUALITA’ IN PSICOLOGIA, vol. 19, n. 1-2, 2004

- Biondi Massimo, in Trattato Italiano di Psichiatria, Vol. II°, Masson, Milano 1999

- Cassano G. B. e coll., Trattato Italiano di Psichiatria, Vol. II°, Masson, Milano 1999.

- Cimatti Felice, Nei neuroni-specchio il riflesso sociale della natura umana, Il Manifesto, 22/06/05

- Colucci Mariaclotilde, de Bellis Luisa, Mariani Rachele, Dall’omogeneità al “vaso crinato”: filogenesi di un’esperienza gruppale in un Reparto di Cardiologia. In Gruppi Omogenei, a cura di Corbella S., Girelli R., Marinelli S., Borla, Roma, 2004

- Edelman M. Gerald, Sulla materia della mente, Adelphi, Milano, 1993

- Gaddini Eugenio, Se e come cambiano i nostri pazienti fino ai nostri

                            giorni. In SCRITTI 1953 – 1985. Cortina, Milano 1989.

- Giovannetti de Freitas Marcio, “L’ospitalità nella clinica psicoanalitica di oggi” di prossima pubblicazione in Italia

- Giovannetti de Freitas Marcio, Il mondo attuale e la soggettività: una provocazione per lo psicoanalista, in ATTUALITA’ IN PSICOLOGIA, vol. 19, n. 3-4, 2004

.- Green Andrè, Narcisismo di vita e narcisismo di morte, Borla, Roma,

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- De Hennezel Marie, La morte amica, Rizzoli, Milano, 1996

- LeDoux J. E. Emozione, memoria e cervello, <Le Scienze>, 312, 1994, 53: 32 - 40

- Lipovetsky G., L’era del vuoto. Saggi sull’individualismo contemporaneo. Luni,

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- Lowenkron Aurea Maria, Sulla clinica psicoanalitica attuale: nuovi sintomi o nuove patologie?, Rivista di Psicoanalisi, n. 4.2004, Borla, Roma 2004

- Julia Kristeva, Le Nuove Malattie dell’anima, Borla, Roma, 2000

- Merendino P. Rosario, Pensare la Psicoanalisi, Franco Angeli Editore, Milano, 1997

- Smeraldi Enrico, Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano 1999