Ruolo della Medicina nucleare
nella diagnostica e terapia

 

G. Ventroni – L. Mango

 

La chirurgia radioguidata ha aggiunto un ulteriore strumento ai metodi tradizionali usati dal chirurgo, permettendo di identificare il tessuto da asportare mediante “marcatura” pre-operatoria della lesione (o sospetta tale) con un radiofarmaco.

Il successo della chirurgia radioguidata è testimoniato dalla sua crescente diffusione, non soltanto nei centri ospedalieri di alta specializzazione, ma anche in ospedali più periferici, particolarmente per quanto riguarda la biopsia radioguidata del linfonodo sentinella o per la tecnica di centratura di lesioni mammarie non palpabile in pazienti con carcinoma mammario.

La metodica della biopsia del linfonodo sentinella consiste nell’identificare con sicurezza il primo linfonodo che riceve linfa direttamente dal tumore, per poi analizzarlo rapidamente e accertarsi se contenga cellule maligne.

La R.O.L.L. (Radioguided Occult Lesion Localization) consiste nell’introduzione di un tracciante all’interno di un piccolo nodulo non palpabile o all’interno di un cluster di microcalcificazioni.

Entrambe le metodiche prevedono l’utilizzo di una sonda per chirurgia, rivelatrice del tracciante radioattivo,elemento aggiuntivo che richiede il progressivo adattamento delle capacità percettive da parte del chirurgo a utilizzare in sede intraoperatoria le informazioni provenienti da questo sistema di rilevazione delle radiazioni gamma (sonde intraoperatorie per chirurgia radioguidata) sotto forma di segnali acustici di intensità e/o frequenza proporzionali alla quantità di radiazioni rilevate.

L'alto tasso di identificazione del linfonodo sentinella con la sonda per chirurgia radioguidata (oltre il 90% dei casi), e una bassa percentuale di Falsi Negativi <3-4% unitamente alla sicurezza in termini di radioprotezione (tanto per le pazienti che per lo staff medico) indicano che questa procedura rappresenta un importante progresso nella stadiazione ascellare per il trattamento del carcinoma mammario, risparmiando per molte pazienti la dissezione ascellare.

PET è l’acronimo di Tomografia ad Emissione di Positroni (Positron Emission Tomography); si tratta di un esame che sfrutta i positroni - le antiparticelle degli elettroni - emessi in seguito a particolari reazioni di decadimento radioattivo, per visualizzare il funzionamento di un organo.

Diversamente da quanto avviene per la Tomografia Computerizzata (TC) e per la Risonanza Magnetica (RM), che forniscono immagini principalmente morfologiche, la PET fornisce immagini funzionali, che permettono cioè di evidenziare l'attività di un organo o di un apparato e quindi anche la presenza di uno stato patologico attraverso la modificazione di tale funzione.

La tecnologia più utilizzata attualmente è quella di macchine ibride (PET-TC), che permettono di sovrapporre i risultati riguardanti la forma e l'anatomia degli organi forniti dalla TC con quelli sul funzionamento delle cellule provenienti dalla PET.

Nella pratica clinica che riguarda il carcinoma della mammella l’esperienza ha evidenziato immediatamente i limiti della metodica in alcune fasi della malattia riservandone l’impiego solo in precise condizioni che si sono gradualmente definite. Senza dubbio il basso valore predittivo negativo della PET, connesso ad un costo molto elevato, ne impedisce l’uso quale indagine di screening. In fase di staging pertanto l’uso della PET è giustificato solo nelle forme avanzate per definire la reale funzione della malattia, sia in relazione al N che al M: in questa applicazione è indiscutibile il valore aggiuntivo per impostare un corretto piano terapeutico.

Più importante invece il ruolo che assume nelle recidive locali o mediastiniche e nella valutazione delle metastasi a distanza, come anche nella rilevazione delle localizzazioni linfonodali loco-regionali ed a distanza; per le lesioni ossee la PET  compete con la scintigrafia ossea, più sensibile la prima nelle lesioni blastiche, la seconda nelle litiche.

E’ utile nella valutazione della risposta alla terapia perché  è l’unica forma d’imaging diagnostico che permette di osservare in vivo modificazioni biologiche significative di una risposta cellulare al trattamento sia chemio che radioterapico.

La PET è infine importante nel definire correttamente il volume bersaglio del piano di trattamento radioterapico secondo parametri anatomo–funzionali che scaturiscono dalla valutazione sincrona delle immagini anatomiche (TAC o RM) e funzionali (PET). Questo favorirebbe l’ottimizzazione del trattamento radioterapico, aumentando le dosi di radiazione sulla lesione neoplastica vitale e riducendo la quota erogata agli organi sensibili adiacenti: la precisione che le nuove tecniche radioterapiche (PAM, IMRT ecc) consentono di realizzare, trova il miglior supporto nella possibilità di fusione delle immagini. La scintigrafia ossea è un indagine altamente sensibile ma poco specifica specifica. Tra le principali indicazioni spicca l'identificazione delle metastasi ossee. Nel caso dei tumori della mammella l’indagine ha indicazione nella rilevazione di aree di alterazione ossea per la stadiazione pre-operatoria e il successivo follow-up, per la rivalutazione post-terapia in seguito alla comparsa di segni di ripresa di malattia e la ricerca di fratture patologiche. La scintimmamografia e’ una procedura  diagnostica non invasiva in grado  di  fornire immagini a  contenuto informativo  sulla  vitalità  cellulare  e  sulla cellularità delle  lesioni mammarie.

La scintimammografia ha un ruolo complementare rispetto alla mammografia nei seguenti casi:

         diagnosi di tumore mammario quando la mammografia è dubbia inadeguata  o indeterminata.

         nelle  pazienti con microcalcificazioni  dubbie, distorsioni  del  parenchima. completamento diagnostico  per l’identificazione  di  tumori multicentrici o bilaterali nei pazienti con tumore alla mammella già noto

Data la bassa specificità il vantaggio diagnostico è costituito dall’elevato valore predittivo negativo.

L’applicazione terapeutica principale nel campo delle neoplasie mammarie consiste nella terapia Medico-Nucleare delle metastasi ossee. Le metastasi ossee sono una frequente e grave complicanza negli stadi avanzati di malattia. Le maggiori complicanze associate a interessamento metastatico osseo sono il dolore spesso resistente alle più comuni terapie, l’ipercalcemia , la compressione radicolare e/o del midollo spinale e le fratture patologiche. La terapia medico-nucleare con radiofarmaci osteotropi è utile nei casi di interessamento metastatico di multipli segmenti dello scheletro e rappresenta un importante strategia per la palliazione del dolore.

I radiofarmaci utilizzati sono radionuclidi ß-emittenti (elettroni carichi negativamente) con capacità di penetrazione tessutale fino ad alcuni mm. Alcuni di essi possono avere anche una eventuale emissione γ,  fenomeno che può essere sfruttato per ottenere immagini scintigrafiche tramite le quali è possibile eseguire calcoli dosimetrici che ci permettono di personalizzare e massimizzare le dosi di trattamento.

La sua efficacia si manifesta con la riduzione o scomparsa del dolore miglioramento  della qualità di vita nei 2/3 dei pazienti. Risposte  complete nel 20-30% dei casi, in ogni caso la riduzione dell’uso di farmaci analgesici e di altre terapie (radioterapia, chemioterapia). Può anche essere possibile un vero e proprio effetto terapeutico sulle lesioni se il trattamento è utilizzato nelle fasi precoci.

 

 

Guido Ventroni - Lucio Mango

Servizio di Medicina Nucleare

A.O. “S.Camillo-Forlanini” – ROMA