Anoressia e bulimia: una sfida tra clinica e psichiatria
 


Dott. Marcello Marcelli
Direttore Struttura Complessa Scienza della Alimentazione Nutrizione Clinica

Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata Roma

 

 

Sig Presidente, gentili colleghe e colleghi, ringrazio l’ Accademia per l’ onore di questo podio.

I disturbi dell’alimentazione, (disturbi del comportamento alimentare) rari 20 anni fa , sono una drammatica realtà in incremento, patologie equidistanti a psichiatria e medicina interna, di difficile soluzione sia per lo  psichiatra che per l’ internista, e colpiscono prevalentemente un target femminile giovane, fragile.  La popolazione sofferente non è poca: la prevalenza è dello 0,5% per l’anoressia, dell’1-2 % per la bulimia e circa del 3-4%  le forme di confine. E’ una punta di iceberg: in giovane età  il 5/10% delle donne ha un rapporto insano con il cibo e le proprie forme corporee. Con il 6% di decessi l’ anoressia ha il triste primato di avere più alta mortalità indotta da cause psichiatriche, un rischio 12 volte superiore alla popolazione femminile di pari età. La maggior parte dei decessi è causata dal semidigiuno e dalle oscillazioni elettrolitiche per i comportamenti compensatori.

Riporto la classificazione in fieri del Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (DSM) in versione  V (work in progress) in confronto all’ attuale DSM IV

 

Anoressia nervosa

 

Ridotto consumo energetico rispetto al fabbisogno, con peso  significativamente ridotto per età sesso e stato di salute. Il basso peso è definibile come peso inferiore al minimo normale o per bambini ed adolescenti, inferiore al minimo previsto.

Intensa paura di acquistare peso o ingrassare o comportamento persistente finalizzato ad evitare di guadagnare peso, pur con un peso significativamente ridotto.

Alterata percezione del proprio peso e delle proprie forme corporee , o mancata percezione delle gravità della propria magrezza.

Tipo restrittivo: Negli ultimi tre mesi il soggetto non ha ricorrenti abbuffate o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici)

Tipo binging/purging Negli ultimi tre mesi il soggetto  ha avuto ricorrenti abbuffate o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici)

 Amenorrea e la paura di guadagnare peso sono criteri attuali nel DSM-IV, in revisione sul DSM V

 

Bulimia Nervosa


A.  Episodi ricorrenti di abbuffate. Un episodio di binge eating è caratterizzato :

 

(1) Mangiare, in un periodo discreto di tempo (ad esempio, in  due ore), una quantità di cibo che è decisamente più grande rispetto alla maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze analoghe.
(2) Un senso di mancanza di controllo sul cibo durante l'episodio (per esempio, una sensazione che non si può smettere di mangiare o controllare cosa o quanto si sta mangiando).
B. Ricorrenti comportamenti inappropriati di compenso al fine di prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
D. L'autovalutazione è eccessivamente influenzata dalla forme corporee.
E. Il disturbo non si manifesta esclusivamente durante episodi di anoressia nervosa.
Il  DSM-IV richiede che gli episodi di abbuffate e le condotte compensatorie si verifichino entrambe in media due volte / settimana nel corso degli ultimi tre mesi. Richiede inoltre  come obbligatoria la classificazione in sottotipi  (purging o non purging). Una revisione della letteratura ha indicato che il sottotipo non purging aveva ricevuto relativamente poca attenzione, e pazienti con  questo sottotipo si sovrappongono troppo  a soggetti con Binge Eating Disorder; inoltre, non è facile definire comportamenti inappropriati non purging come ad (ad esempio, il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo).
Prima di avventurarci in un viaggio di pura medicina narrativa nel mondo dei disturbi dell’ alimentazione, dobbiamo ricordare l’ estrema complessità del  comportamento umano verso il cibo, interpretabile o  in modo funzionale/biologico ricorrendo alla neurobiologia, alla biochimica, alla psichiatria e comunque alle scienze esatte o, all’ opposto,  pensare con Levy Strauss che  ogni tratto della cultura alimentare può essere letto solo strutturalmente e la cultura alimentare ed il rapporto con il cibo possono essere spiegati solo in termini culturali. Nulla come l’ anoressia nervosa risponde ad una duplice lettura, biologica e culturale insieme.  

Nel 1944  Keys , Brozek, ed altri iniziano il Minnesota Starvation Experiment, una ricerca di restrizione dietetica semicoercitiva: lo studio è sviluppato insieme ai sistemi di reclutamento militare Statunitensi: in un sistema di leva obbligatorio, la semicoercizione consisteva nell’ accettare il rigido protocollo prescrittivo oppure partire per il fronte.  Furono reclutati 36  uomini tra 22 e 33 anni, scelti con una accurata selezione da un pool di oltre 400 volontari. La selezione comprendeva test fisici e psicologici, per cui i 36 ragazzi scelti erano giovani americani fisicamente e psicologicamente sani. I soggetti dopo wash out, furono sottoposti a   6 mesi di restrizione calorica (circa 1500 calorie /die)  con perdita di peso del 25%  e poi ad una fase di recupero.

Durante l’ esperimento   furono evidenziati drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali dovuti alla fame.  Nella maggior parte dei casi, questi cambiamenti persistettero anche durante la fase di rialimentazione . Aumentò la preoccupazione per il cibo. Gli uomini trovavano sempre più difficile  concentrarsi sulle loro attività abituali, dato che erano afflitti da pensieri persistenti sul cibo e sul  mangiare.   Il cibo divenne l’ l’argomento principale di conversazione, lettura e sogni ad occhi aperti. Molti degli uomini iniziarono a leggere libri di cucina e di raccolta delle ricette.

Alcuni svilupparono  un improvviso interesse per la raccolta di oggetti per caffè, pentole, piatti, e altri utensili da cucina. Questo accumulo compulsivo fu  esteso anche a prodotti non correlati con il cibo: vecchi libri, inutili vestiti di seconda mano, soprammobili e altra "spazzatura". Dopo tali acquisti, spesso anche di un certo sacrificio economico, gli uomini rimanevano perplessi sul perché avevano comprato tante cose inutili. 
Nonostante il precedente scarso interesse su questioni culinarie prima dell'esperimento, il 40% degli uomini fecero progetti riguardanti la cucina come parte dei loro piani post-esperimento.  Alcuni cambiarono realmente occupazione dopo l’ esperimento: tre diventarono  chef, e uno si dedicò alla agricoltura

Gli uomini trascorrevano gran parte del loro tempi a pianificare come avrebbero potuto mangiare la loro razione. Alcuni perdevano tempo per quasi due ore nel corso di un pasto facendo insoliti intrugli, mescolando insieme gli  ingredienti, con un incremento enorme di sale e spezie.  Il consumo di caffè e tè aumentò in modo così drammatico che si dovè limitare a 9 tazze al giorno, un uomo masticava fino a 40 pacchetti al giorno di gomma da masticare al giorno. Durante la fase di riabilitazione di 12 settimane, la maggior parte di questi atteggiamenti e comportamenti continuò . Durante il semidigiuno per alcuni la fame divenne una preoccupazione intensa, per altri intollerabile. Molti non riuscirono  ad osservare la dieta e furono segnalati episodi di bulimia seguiti da rimorso.   Durante il periodo di riabilitazione molti dei soggetti persero  il controllo del loro appetiti "mangiando in  modo  più o meno costante con atteggiamenti a tipo binging. Anche dopo 12 settimane di riabilitazione, gli uomini spesso lamentavano fame continua, anche perfino dopo un pasto abbondante: Uno dei volontari si abbuffava   (6.000 calorie)  ed iniziava la merenda un'ora dopo aver finito il pasto, altri mangiavano a più non posso durante i tre pasti regolari con spuntini a mattina, pomeriggio e sera.  Solo dopo circa cinque mesi di riabilitazione la maggior parte degli uomini riportò una certa normalizzazione  delle abitudini alimentari, tuttavia, per alcuni il consumo eccessivo di cibo continuò: più di 8 mesi dopo la fase di rialimentazione alcuni uomini ancora mangiavano quantità anomale, e un soggetto riferiva di consumare "circa il 25 per cento più di prima .Una volta iniziò a ridurre, ma aveva  tanta fame che non poteva resistere".
Anche se gli uomini erano abbastanza equilibrati prima del digiuno, dopo divennero frequenti irritabilità ed esplosioni di rabbia: durante il semidigiuno furono notati lunghi periodi di depressione con occasionale euforia . Per la maggior parte dei soggetti, l'ansia diventò  più evidente. Molti degli uomini iniziarono a mangiarsi le unghie o a fumare perché si sentivano nervosi.   L'apatia diventò comune, e alcuni trascuravano l’ igiene personale.  La maggior parte dei soggetti manifestò  periodi di disagio emotivo molto grave.

Quasi il 20% del gruppo sviluppò gravi sintomi di estremo degrado emotivo. Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory evidenziò un aumento significativo di depressione, isteria, ipocondria.

Tali aberrazioni non scomparvero immediatamente durante la riabilitazione, ma durarono per diverse settimane, ed alcuni uomini in realtà diventarono  sempre più depressi, irritabili, negativistici anche dopo il semidigiuno. .
Tre soggetti svilupparono  disturbi "psicotici" severi. Un soggetto non era in grado di aderire alla dieta,  e sviluppò sintomi allarmanti  per una attrazione compulsiva verso i rifiuti e un forte, quasi irresistibile desiderio di frugare  nei bidoni della spazzatura. Attraversò numerosi cicli di binging compulsivo e divenne tanto emotivamente disturbato da chiedere l’ ammissione volontaria al reparto psichiatrico universitario.  Dopo nove settimane di restrizione, un altro soggetto iniziò a rubare nei negozi monili di nessun valore intrinseco. Sperimentò fuga di idee, istinti suicidi, depressione, violenza. A causa della natura allarmante dei suoi sintomi fu rimosso dalla sperimentazione e internato nel reparto psichiatrico universitario. Un altro soggetto sviluppò depressione profonda ed idee autolesionistiche. In preda a crisi profonda, si tagliò tre dita di una mano in risposta allo stress.
Per alcuni volontari, gli sbalzi d'umore erano notevoli: Un soggetto sperimentava episodi di estrema euforia alternati a momenti di profonda depressione.  Percepiva che era alla fine delle sua strada e sentiva di diventare pazzo e perdere i suoi freni inibitori. I contatti con le donne diminuirono  notevolmente durante semi-digiuno. Quelli che continuavano a frequentare ragazze constatarono che le relazioni divennero tese. Un soggetto scrisse:  "Sono uno dei circa tre o quattro che ancora esce  con le ragazze. Mi sono innamorato di una ragazza durante il periodo di controllo, ma la vedo solo occasionalmente ora. E ‘ un problema  vederla, anche quando mi visita nei laboratori. Mi richiede uno sforzo anche  tenerle la mano. Se  vediamo uno spettacolo, la parte più interessante  è contenuta nelle scene in cui le persone stanno mangiando”
Il quadro descritto evidenzia come il semidigiuno ( e se vogliamo una restrizione calorica simile ad una dieta per perdere peso,)  alteri in un certo numero di soggetti -considerati assolutamente normali- il normale comportamento con sviluppo di disturbi psicotici.

Un altro indizio di quanto il setup nutritivo interagisca sulle scelte comportamentali. Gli psichiatri definiscono PICA (Allotriofagia) la persistente ingestione compulsiva di sostanze non nutritive: vi può essere consumo vorace di ghiaccio (pagophagia) terra (geophagia) ecc. Anche questo sembra un comportamento compensativo per incrementare l’ intake di nutrienti minerali : In letteratura vi sono diverse segnalazioni di pazienti con anemia sideropenica e presenza di Pica, in cui la somministrazione di ferro interrompe il disturbo comportamentale.

In quale contesto culturale ci si muove, che possa giustificare un 10% della popolazione femminile con forme più o meno rilevanti di dispercezione corporea? Siamo immersi in una cultura lipofoba, con un forte impulso alla magrezza. Una donna di 165 cm di 67 chili ha un peso normale secondo l’ OMS, ma è soprappeso per l’ immaginario collettivo. Sono profondamente mutati  i modelli estetici di riferimento: dalle Tre Grazie di Rubens con forme morbide a celebrare la donna fertile, alle recenti Miss Italia di 51 chili per 172 cm di altezza e BMI al di sotto dei valori normali, vi è un salto evidente. Il fenomeno è progressivo e permea tutta la cultura occidentale: Dal 1920 ad oggi il modello estetico femminile di riferimento (miss America) è andato  perdendo peso  ed è passato da un  BMI di  22 ad un BMI inferiore a 18. Barbie, la celebre  bambola compagna di giochi delle nostre figlie, è in realtà  una caricatura femminile stilizzata; Se venisse pantografata ad altezza naturale, braccia, gambe e collo non riuscirebbero a contenere ossa, esofago, trachea. E’ stato anche posto in evidenza che la forma corporea che una donna giudica per se stessa  ideale  è posta ad un peso significativamente minore rispetto a quello che le donne pensano l’ uomo giudichi attraente, e ben al di sotto di quello che esse stesse comunque giudicano attraente.  Gli uomini invece hanno concezioni di idealità e  realtà riguardo la forma corporea molto più raggruppate.

Come si aggiustano i tasselli di questo puzzle? Con la voglia generalizzata di magrezza nella popolazione femminile migliaia di giovani si mettono nelle stesse condizioni del Minnesota Starvation Experiment con forte probabilità di innescare un disfunzione psicopatologica  automantenente che in soggetti predisposti porta alla anoressia. E’ stata segnalata nell’ anoressia una predisposizione genetica. Verrebbe voglia di pensare , correndo appresso a meccanismi finalistici ancestrali,  che l’ anoressia è l’ apoptosi femminile, è la riduzione in carestia del numero delle femmine fertili per garantire comunque la sopravvivenza del gruppo: servono i maschi cacciatori—raccoglitori, non le donne in un contesto riproduttivo sfavorevole.

Da un punto di vista clinico la anoressia è una forma di malnutrizione proteico energetica a tipo marasma, con calo ponderale fino alla estrema emaciazione,  pallore, cute secca, cheilosi, lanugo ed una colorazione giallastra della cute, prevalente nelle regioni palmari, legata ad una ipercarotenemia. L’ amenorrea corrisponde ad una situazione dell'asse ipotalaino-ipofisi-gonadi di tipo prepubere, con  bassi livelli basali di gonadotropine e assenza della risposta di LH e FSH allo stimolo con GNRH

La funzione tiroidea evidenzia lieve riduzione del T3 ed un aumento del reverse T3 , effetto della desiodasi epatica.  Vi è riduzione del volume del ventricolo sinistro, ridotta frazione di eiezione, alterazioni del tratto S-T, spiccata bradicardia con  rischio di aritmie fatali.

Nella Bulimia Nervosa il vomito è responsabile in larga misura dell' ipopotassiemia che può raggiungere livelli estremamente critici, inferiori a 2 mg/dl se il disturbo si instaura in modo lento e progressivo. Talora invece una riduzione kaliemica rapida determina il rischio di gravi aritmie potenzialmente fatali. Inoltre la disidratazione tende, a sua volta, ad attivare il sistema renina angiotensina-aldosterone determinando l'insorgenza di iperaldosteronismo secondario che, a sua volta, è responsabile di un aumento del riassorbimento del sodio disponibile e di una riduzione della potassiemia. 

Ogni abuso di diuretici peggiora ulteriormente il quadro creando un circolo vizioso che induce un ulteriore attivazione dell'asse renina-aldosterone e l'induzione diretta di una ulteriore perdita di potassio.

In queste forme croniche di malnutrizione grave è di comune osservazione una progressiva demineralizzazione ossea proporzionale alla durata della malattia con rischio di fratture indotte anche da traumi minimi. Qualunque medico di fronte ad una anoressica con un BMI di 12 si dovrebbe porre il dubbio di un imminente pericolo di vita: i fattori di rischio per morte improvvisa sono  il peso estremamente basso, una frequenza cardiaca < 40 bpm, la  pressione arteriosa < 90/60 l’ ipoglicemia, l’ ipopotassiemia. In tali casi la rialimentazione è una procedura salvavita da adottare all’ estremo con misure coercitive come il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Occorre tuttavia molta cautela: un soldato americano ha descritto la morte improvvisa di una sopravvissuta da un campo di concentramento dopo l’ ingestione di pochi cucchiai di zucchero.   La sindrome da refeeding, talvolta mortale, è fondamentalmente causata da correzioni troppo rapide e/o incongrue di un gravissimo stato di malnutrizione.  Frequente è 'ipofosforemia, poiché  il fabbisogno di fosfati è fortemente aumentato nella fase di rialimentazione e di anabolismo. In conclusione i Disturbi Alimentari sono una reale sfida per il medico, resa ancora più complessa dalla difficoltà di ricoverare giovani pazienti in deperimento organico e gravi quadri psichiatrici nei comuni reparti internistici, dalla difficoltà di gestire in tali reparti un Trattamento Sanitario Obbligatorio quando c’è un rischio quoad vitam e dalla carenza  di strutture residenziali capaci di riabilitazione di medio lungo periodo. La sfida va accettata comunque, si tratta della vita e della salute mentale di giovani donne.