LA TROMBOSI PORTALE E LO STUDIO PRO-LIVER

M Masotti, V Raparelli, L Napoleone, S Basili, GR Corazza, F Violi

a nome di tutti i ricercatori dello studio PRO-LIVER

 

Premessa

PRO-LIVER (Portal vein thrombosis Relevance On Liver cirrhosis: Italian Venous thrombotic Events Registry) è un’acronimo che indica un registro nazionale di pazienti affetti da cirrosi epatica per la stima della prevalenza della trombosi portale, ossia la completa o parziale ostruzione al flusso ematico nella vena porta a causa della presenza di un trombo; la cirrosi epatica è un’importante fattore predisponente tale condizione.

La trombosi portale (portal vein thrombosis, PVT) non è un evento raro; nella popolazione generale ha una prevalenza dell’1%. Tale evento si associa maggiormente ad alcune condizioni, quali cirrosi epatica, neoplasie, fattori infiammatori o traumatici e patologie mieloproliferative. Si riscontra una sottostante cirrosi epatica nel 31% dei casi di pazienti con PVT, mentre tra i pazienti affetti da cirrosi la prevalenza di PVT è stimata tra il 4% e il 15%. I pazienti affetti da cirrosi evoluta in epatocarcinoma hanno elevato rischio di PVT. La prevalenza riportata è stata largamente influenzata dal tipo di approccio diagnostico (riscontro autoptico, chirurgia dell’ipertensione portale, trapianto di fegato) e dalla fuorviante inclusione dei pazienti con HCC in alcuni studi. Tale variabilità dipende inoltre dal fatto che la prevalenza di PVT aumenta proporzionalmente alla gravità dell’epatopatia, raggiungendo anche il 25% nei pazienti in attesa di trapianto epatico.

La PVT si sviluppa nella cirrosi epatica soprattutto a causa della stasi nella circolazione portale, tuttavia alterazioni in senso pro-coagulante ereditarie o acquisite possono favorirne la comparsa. In generale l’eziopatogenesi è multifattoriale, e vi concorrono sia fattori infiammatori locali che fattori protrombotici sistemici. Traumi chirurgici o procedure invasive, stati infettivi o infiammatori  ed una neoplasia primitiva o metastatica possono danneggiare la parete vasale portale, e pertanto predisporre alla formazione di un trombo. Una predisposizione genetica per trombosi è stata riscontrata nel 70% dei pazienti cirrotici che hanno sviluppato PVT, e solo nell’8% dei pazienti cirrotici che non hanno sviluppato trombosi. Tra le condizioni trombofiliche ereditarie, la mutazione del gene della protrombina ha sicuramente un ruolo preminente; altre condizioni predisponenti sono il deficit di proteina C e S e di antitrombina III e la mutazione del fattore V Leiden. Tra le condizioni trombofiliche acquisite si annoverano le malattie mieloproliferative (es. trombocitemia o mielofibrosi), la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, la gravidanza e l’uso di anticoncezionali.  Nel paziente cirrotico alcune condizioni che nella popolazione generale sono comunemente ereditarie possono essere acquisite. E’ stato dimostrato infatti che nel paziente cirrotico ci sono bassi livelli di proteina C e S e antitrombina, ed i fattori di rischio trombotico aumentano con la severità dell’epatopatia. Tuttavia la riduzione del flusso portale è risultata l'unica variabile indipendente associata allo sviluppo di PVT, ed è peraltro in genere inversamente proporzionale allo score di Child-Pugh [1-3].

La presentazione clinica è variabile; la trombosi portale acuta può manifestarsi con addominalgie, infarto intestinale acuto, ascite, peggioramento della funzionalità epatica e sanguinamento gastrointestinale, ma molto frequentemente si sviluppa in modo a o paucisintomatico, per cui la PVT cronica può essere spesso misconosciuta, e pertanto i dati attuali di prevalenza potrebbero non riflettere la realtà.

L’ecografia risulta essere una tecnica non invasiva con elevata sensibilità per la diagnosi di PVT: nella PVT acuta può essere riscontrata la presenza di materiale iperecogeno nel lume vasale con distensione della vena porta e delle tributarie. Talvolta tuttavia la neoformazione trombotica può essere anecogena, e può essere dimostrata dunque solo con la metodica Doppler, che documenta l’assenza di flusso in una parte del lume. CT e MRI possono fornire ulteriori informazioni relativamente all’estensione del trombo, presenza di infarto intestinale e condizioni degli organi adiacenti. L’ecografia può anche evidenziare l’evoluzione di una PVT in cavernoma portale, ossia la formazione di strutture vascolari tortuose che bypassano il vaso trombizzato; tuttavia i nuovi vasi collaterali in genere non riescono a garantire la medesima funzione della vena porta, per cui coesistono segni di ipertensione portale.

La prognosi stimata della PVT è variabile; come documenta uno studio retrospettivo condotto nel 2010 sulla popolazione svedese, la sopravvivenza sembra essere fortemente dipendente dalla presenza di danno epatico o neoplasie [4]. Inoltre, in un’epoca in cui il trapianto di fegato ha modificato la prognosi dei pazienti con cirrosi, la presenza di PVT, pur non essendo una controindicazione assoluta, può determinare difficoltà tecniche operatorie, con aumento conseguente di mortalità e morbidità. La mortalità post trapiantologica è in realtà sovrapponibile tra pazienti senza PVT o con PVT parziale, mentre è significativamente aumentata nei pazienti con PVT completa. In uno studio pubblicato nel 2005 è stata valutata la prognosi della PVT in pazienti in attesa di trapianto e l’utilità della terapia anticoagulante in tale popolazione. Su 251 pazienti in lista trapianto si è riscontrata PVT all’arruolamento nell’8% dei casi, e successivamente altri pazienti hanno sviluppato PVT per un totale di 38 casi. Fattori di rischio indipendenti sono risultati essere bassi valori di piastrine, pregressi multipli sanguinamenti da varici e un lungo intervallo dalla messa in lista al trapianto, ad indicare verosimilmente che il rischio di sviluppare trombosi portale aumenta proporzionalmente alla severità dell’ipertensione portale. Nel gruppo di pazienti con PVT al trapianto, la trombosi completa era più frequente nei pazienti che non  erano stati sottoposti a terapia anticoagulante. La ricanalizzazione è stata significativamente più elevata in coloro che sono stati sottoposti a terapia anticoagulante [5,6].  

Iniziare a studiare il ruolo del trattamento anticoagulante in una popolazione di pazienti affetti da cirrosi epatica è stato specchio di un radicale cambiamento culturale, poichè fino a pochi anni prima la cirrosi epatica era ritenuta un prototipo di coagulopatia acquisita in senso emorragico. E’ un’acquisizione piuttosto recente, infatti, che nel paziente cirrotico avvenga un rebilanciamento dei fattori dell’emostasi, e che vi possa essere anche un rischio trombotico. A dimostrazione di ciò, uno studio sulla popolazione danese condotto dal 1980 al 2005 ha evidenziato come nei pazienti affetti da danno epatico di qualsiasi categoria (con o senza cirrosi, con o senza evoluzione in HCC) ci fosse un rischio sostanzialmente aumentato di eventi trombotici venosi.

Nel paziente cirrotico si assiste infatti ad una riduzione sia dei fattori protrombotici che antitrombotici. In particolare è stata dimostrata una riduzione dei valori di proteina C, proteina S e di antitrombina, contestualmente ad un aumento del fattore VIII. La trombina, in sinergia con il recettore endoteliale trombomodulina, determina l’attivazione della proteina C che, coadiuvata dalla proteina S, degrada il fattore V e il fattore VIII, determinando inibizione della formazione di trombina. In vitro il plasma del paziente cirrotico sembra essere parzialmente resistente all’azione anticoagulante della trombomodulina, e questo potrebbe essere dovuto al fatto che in assenza di adeguati livelli di proteina C la trombomodulina non avrebbe un substrato d’azione. Ciò definirebbe lo sbilancio in senso protrombotico cui si assiste nel paziente cirrotico.

E’ lecito dunque domandarsi se siano corretti i test con cui quotidianamente valutiamo il rischio di sanguinamento del paziente cirrotico: PT e aPTT infatti ben riflettono l’assenza di fattori procoagulanti non considerando l’assenza dei fattori anticoagulanti. E’ stato proposto di utilizzare il rapporto fVIII/pC come indice dello squilibrio emostatico in senso procoagulante: tale rapporto aumenterebbe proporzionalmente alla gravità dell’epatopatia; la stessa resistenza alla trombomodulina è proporzionale ai livelli di fVIII e inversamente proporzionale ai livelli di pC. Anche la tendenza alla piastrinopenia, da sempre ritenuta responsabile della tendenza al sanguinamento del paziente cirrotico, potrebbe avere un ruolo ridimensionato, alla luce del fatto che è stato dimostrato un aumento del fattore di Von Willebrand, ed in vitro si assiste ad una normale adesione piastrinica. Verosimilmente nel paziente cirrotico si verifica dunque un re-bilanciamento dell’emostasi, che risulta tuttavia più delicato del soggetto normale, e può pertanto più facilmente esitare in sanguinamento o trombosi in presenza di fattori scatenanti (es. ipertensione portale) [7,8].

Relativamente alla terapia, molti studi sono stati condotti, e sembrerebbero supportare il ruolo dell’eparina a basso peso molecolare come trattamento relativamente sicuro nel trattamento (soprattutto in fase precoce) e nella prevenzione della PVT. Nei pazienti non affetti da cirrosi la PVT viene trattata con terapia anticoagulante, così tale trattamento è stato testato nei pazienti cirrotici; i farmaci testati sono stati essenzialmente eparina a basso peso molecolare ed antagonisti della vitamina k. Viene riconosciuto inoltre un ruolo alla TIPS per ottenere la ricanalizzazione portale tramite tecniche endovascolari risolvendo l’ipertensione portale; tuttavia le difficoltà tecniche della metodica ne limitano l’applicabilità. E’ stato dimostrato che il trattamento sequenziale con eparina a basso peso molecolare seguito da antagonisti della vitamina K ha portato il 42% della casistica di uno studio a completa ricanalizzazione senza significative complicanze emorragiche. Nel 2012 in un altro studio è stata dimostrata una ricanalizzazione completa nel 45% dei casi e parziale nel 14% dei casi di pazienti affetti da PVT trattati con eparina a basso peso o TAO. In tale studio è stata evidenziata l’importanza di un inizio precoce della terapia anticoagulante per l’ottenimento della ricanalizzazione;  inoltre veniva sollevato un altro problema, ossia per quanto tempo proseguire la terapia: infatti, nel 38% dei pazienti che avevano ottenuto totale ricanalizzazione si è assistito a retrombosi alla sospensione della terapia anticoagulante. Alcuni pazienti hanno avuto eventi emorragici, mai mortali, il cui principale fattore di rischio in quella casistica sembrava essere il numero totale di piastrine inferiore alle 50000 mmc. Nel 2012 è stato pubblicato un importante studio circa il ruolo dell’eparina a basso peso molecolare nella profilassi della PVT in una popolazione di pazienti in classe di Child Pough 7-10, che ne ha dimostrato l’efficacia e soprattutto la sicurezza [9-11].  

Lo studio PRO-LIVER

L’argomento trombosi portale lascia dunque ancora molti problemi aperti: dalla stima della reale prevalenza e incidenza, all’identificazione precisa dei fattori predisponenti, all’impatto sulla storia naturale di malattia e, non per ultima, alla scelta terapeutica. Da qui nasce la necessità di uno studio nazionale multicentrico come PRO-LIVER.  Lo studio è coordinato dal presidente SIMI e CRIS, che affiancati dai Referenti Regionali del Gruppo GIS Giovani Internisti SIMI, hanno il ruolo di MONITOR coordinatore. PRO-LIVER è partito a dicembre 2011, con l’obiettivo di arruolamento di 1100 pz. L’obiettivo primario dello studio è la stima della reale prevalenza della trombosi portale nel paziente cirrotico; obiettivi secondari sono la valutazione dell’eventuale comparsa di complicanze trombotiche, emorragiche ed in generale legate alla cirrosi, la mortalità globale e i ricoveri ospedalieri. Relativamente alla trombosi portale inoltre sarà interessante valutare eventuali fattori predisponenti allo sviluppo, quale sia il reale impatto sulla storia naturale della malattia e se ci sia un sottogruppo di pazienti che possa trarre beneficio dal trattamento (e a tal proposito sarà interessante capire con quale farmaco, per quanto tempo e con che test monitorarne gli effetti).

I dati preliminari, condotti sulle 676 schede di arruolamento pervenute a settembre 2014, mostrano una popolazione di studio con pazienti in lieve maggioranza ambulatoriali. Le principali cause di cirrosi sono virale ed alcolica, ma un numero non irrilevante di casi presenta un’altra eziologia.  Dall’analisi dei dati emerge una popolazione di pazienti in buona parte in classe di Child A, non complicata da ascite ne da encefalopatia, o con ascite responsiva alla terapia diuretica ed encefalopatia lieve. La trombosi portale e’ presente nel 21 % dei casi all’arruolamento. Nel 41% dei casi si tratta di trombosi coinvolgente più di una singola ramificazione portale, completa o più spesso incompleta. Tale prevalenza è piuttosto elevata rispetto a quanto ci si poteva attendere da una popolazione di studio con una malattia a basso grado di severità. L’epatocarcinoma è presente nel 38% dei casi di trombosi portale. Non sembra esserci una significativa differenza in termini di eziologia della cirrosi nei casi di trombosi portale. Un dato interessante e’ come la maggior parte dei casi di trombosi portale siano pazienti con storia di pregressa trombosi portale. Infine la maggior parte dei pazienti in esame non assumeva all’arruolamento alcun tipo di terapia, ne anticoagulante ne antiaggregante. Di coloro che assumono terapia, la maggior parte assume terapia anticoagulante eparinica o TAO. Sarà sicuramente interessante valutare tali dati al termine dell’arruolamento e del follow up di due anni che lo studio si prefigge, con la possibilità peraltro di nuove prospettive d’indagine tramite futuri sottostudi.

Bibliografia

1)      Qi X et al. Anticoagulation for the treatment of portal vein thrombosis in liver cirrhosis: A systematic review and meta-analysis of observational studies. Eur J Intern Med, 2015 Jan; 26(1):23-9.

2)      Primignani M. Portal vein thrombosis, revisited. Dig Liver Dis. 2010 Mar;42(3):163-70.

3)      Amitrano L. Risk factors and clinical presentation of portal vein thrombosis in patients with liver cirrhosis. J Hepatol. 2004 May;40(5):736-41.

4)      Rajani R et al. The epidemiology and clinical features of portal vein thrombosis: a multicentre study. Aliment Pharmacol Ther. 2010 Nov;32(9):1154-62

5)      Francoz C et al. Splanchnic vein thrombosis in candidates for liver transplantation: usefulness of screening and anticoagulation. Gut. 2005 May;54(5):691-7.

6)      Francoz C, Valla D, Durand F. Portal vein thrombosis, cirrhosis, and liver transplantation. J Hepatol. 2012 Jul;57(1):203-12.

7)      Villa E, De Maria N. Anticoagulation in cirrhosis. Liver Int. 2012 Jul;32(6):878-9.

8)      Tripodi A et al. Hypercoagulability in cirrhosis: causes and consequences. J Thromb Haemost. 2011 Sep;9(9):1713-23.

9)      Senzolo M et al. Prospective evaluation of anticoagulation and transjugular intrahepatic portosystemic shunt for the management of portal vein thrombosis in cirrhosis. Liver Int. 2012 Jul;32(6):919-27.

10)   Villa E et al. Enoxaparin prevents portal vein thrombosis and liver decompensation in patients with advanced cirrhosis. Gastroenterology. 2012 Nov;143(5):1253-60.

11)  Zocco MA et al. Thrombotic risk factors in patients with liver cirrhosis: correlation with MELD scoring system and portal vein thrombosis development. J Hepatol. 2009 Oct;

 


M. MASOTTI, Medico in formazione specialistica in Medicina Interna, Clinica Medica 1, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia