NUOVI ARGOMENTI IN TERAPIA PNEUMOLOGICA.

 

Paolo Battistoni. Marcello Ciuffreda. Gregorino Paone. Giovacchino Pedicelli. Maria Gioconda Zotti. Giovanni Schmid. Giuseppe Munafò.

 

Premessa. Le Malattie Respiratorie da sempre fanno parte della Storia della Medicina.

L’importanza del “soffiare” era ben percepita dagli antichi: infatti da un soffio “buono” (da parte degli angeli!), secondo Botticelli, nasceva addirittura…Venere.

Invece un soffio “cattivo” e cioè praticato con difficoltà determina “azo” : etimo greco da cui deriverebbe il termine di asma. In realtà nella medicina greco-latina i termini di asma e dispnea tendono a sovrapporsi e così avviene con Aulo Cornelio Celso (De artibus. I° secolo DC) e con Claudio Galeno (II° secolo DC).

 

L’asma è una delle patologie più diffuse al mondo. Con incidenza enormemente aumentata negli ultimi 20-30 anni:

Infanzia 5->15 %   (8% in Italia)

Adulti     5->6%     (4% in Italia)

In totale si calcola che vi siano 300.000.000 di asmatici nel mondo.

 

 

 

Fig. 1 Spirometro prodotto a Napoli nel '700.

 

 

 

 

Nell'ambito delle iniziative scientifico-culturali dell'Accademia Lancisiana, nell'anno 300° dalla sua fondazione, si è programmato per il secondo anno, un Corso ECM sulle Malattie Polmonari.

Il Corso è articolato su due giornate e volge lo sguardo in particolare su quanto vi è di nuovo in campo Pneumologico, sia per quanto riguarda la Patologia Ostruttiva (Asma e BPCO), sia per quanto riguarda la Patologia Infettiva (Tubercolare e non tubercolare), non tralasciando l’aggiornamento sulla Patologia Restrittiva e in particolare sulle Malattie Polmonari Interstiziali (o DPLD, Malattie Polmonari Diffuse del Parenchima). Questo articolo vuole dare un panorama, pur non completo, di quanto di nuovo vi è in questo vasto campo della Medicina. Ci occupiamo quindi di molteplici aspetti della Pneumologia, con attenzione alla pratica clinica quotidiana del Medico e con un occhio particolare quindi alle interazioni multidisciplinari di queste patologie, ma ci occupiamo anche delle interazioni con gli altri campi nosologici all'interno della stessa Pneumologia, in quanto queste patologie pongono, complessi problemi di overlapping e di diagnostica differenziale.

 

 

La BPCO.

 

            Nel 1965 fu introdotto il termine BPCO (Briscoe W. IX Conferenza dell’Enfisema -  Aspen) per designare la malattia causata da ostruzione (persistente) al flusso d’aria nelle vie aeree; nasceva una definita entità nosologica sulla scorta dell’osservazione di manifestazioni  ciniche in comune a diverse affezioni dell’apparato respiratorio, la bronchite cronica, l’enfisema e l’asma (nella sua forma cronica).

            Nell’anno seguente furono descritti (Burrows B.) due fenotipi clinici delle BPCO, il blue bloater ed il pink puffer,  con prevalenti connotati, rispettivamente, del bronchitico cronico e dell’enfisematoso. Questa interpretazione, seppur molto suggestiva, magistralmente riprodotta nelle famose illustrazioni del Netter, si è rivelata negli anni alquanto  limitativa e non del tutto supportata dalle successive acquisizioni in campo etio-patogenetico, epidemiologico e clinico.

            Per alcuni decenni comunque fu mantenuto il paradigma che la BPCO non fosse altro che una particolare manifestazione di talune condizioni morbose, così che, nel 1995 in occasione dell’emanazione da parte dell’American Thoracic Society degli “Standard per la diagnosi e trattamento dei pazienti con BPCO”, fece la comparsa il noto  diagramma di Venn in cui erano compendiati i sottotipi clinici dell’airflow obstruction nell’ambito della bronchite cronica, dell’enfisema e dell’asma cronico con le possibili molteplici sovrapposizioni.

            Nel 1998 fu avviato il Progetto Mondiale GOLD diretto da un comitato internazionale di esperti con il compito di emanare raccomandazioni per la corretta gestione della BPCO sulla scorta della selezione della più valida produzione scientifica pubblicata in materia. Dal 2001 viene divulgato un documento di sintesi, periodicamente rivisto ed aggiornato, sullo stato dell’arte  basato sull’affinamento dei concetti fondamentali nosologici, patogenetici, sul trattamento più appropriato e sulle migliori strategie di prevenzione.

            Da una parte la bronchite cronica, entità clinica definita da presenza di tosse ed espettorazione per almeno tre mesi l’anno per due anni consecutivi, è stata svicolata da una rapporto causale e temporale diretto,  dall’altra è stato ribadito che enfisema è un termine anatomopatologico, spesso utilizzato impropriamente in ambito clinico, da ultimo è stato puntualizzato che l’asma bronchiale, entità così profondamente diversa, mantiene la sua autonomia e viene coinvolta nella BPCO quando, in forma cronica, configura quadri clinici misti, da sovrapposizione: overlap syndrome.

 

            Attualmente la definizione formulata nell’aggiornamento 2014 del documento GOLD è: “La BPCO, una frequente malattia prevenibile e trattabile, è caratterizzata da una persistente limitazione al flusso aereo, che è solitamente evolutiva e associata ad una aumentata risposta infiammatoria cronica delle vie aeree e del polmone a particelle nocive o gas. Le riacutizzazioni e la presenza di comorbidità contribuiscono alla gravità complessiva nei singoli pazienti”.

            Nel connotato principale della malattia, la persistente limitazione al flusso d’aria, peraltro già contenuta nel suo nome (..cronica ostruttiva), si incardinano gli aspetti anatomopatologico, patogenetico e fisiopatologico. 

 

            Le alterazioni anatomopatologiche coinvolgono: le vie aeree periferiche (aumento di spessore delle pareti per “rimodellamento” strutturale conseguente a infiammazione, fibrosi, ipertrofia del muscolo liscio associato a iperproduzione di muco per sviluppo di cellule caliciformi mucipare), le strutture alveolari che circondano le pareti bronchiali (con rottura dei punti di congiunzione tra di esse, gli “attacchi alveolari”), gli spazi aerei distali al bronchiolo terminale (con loro distruzione ed allargamento, tipici dell’enfisema), le vie aeree centrali (iperproduzione di muco per iperplasia delle cellule caliciformi mucipare, associata a metaplasia squamosa dell’epitelio come si osserva nella bronchite cronica).

            In fase avanzata di malattia si verificano anche alterazioni vascolari a carico del circolo polmonare: vasocostrizione ipossica, rimodellamento flogistico delle pareti dei vasi sanguigni,  amputazione del letto vascolare coinvolto nella distruzione strutturale dell’enfisema (con  sviluppo di ipertensione arteriosa polmonare).

 

            I meccanismi responsabili dell’ostruzione sono riconducibili da una parte alle alterazioni a carico delle piccole vie aeree (bronchiolite ostruttiva), e dall’altra alla distruzione del parenchima polmonare (enfisema); questi eventi sono la conseguenza di una cronica risposta infiammatoria modificata dalla presenza di fattori legati all’ospite, amplificata dall’intervento di altri fattori quali lo stress ossidativo e l’alterazione del bilancio proteasi-antiproteasi che danno esito ad alterazioni irreversibili.

 

            Sviluppo e progressione della BPCO dipendono dall’interazione fra fattori legati all’ambiente e fattori legati all’ospite.

            Il fumo di tabacco primo fra tutti, anche sotto forma passiva (Environmental Tobacco Smoke), ma anche le esposizioni professionali a polveri, agenti chimici e fumi, l’esposizione ad inquinanti atmosferici urbani e non e negli ambienti interni. Contribuisce il basso livello socio-economico in relazione a fattori correlati (carenza di alimentazione, vita in ambienti affollati ed inquinati, infezioni). Si aggiungono fattori genetici (deficit di α1AT il più noto), crescita  e sviluppo polmonare durante la gestazione e l’infanzia.

            Inoltre il declino della funzionalità polmonare che può comparire  in corso di asma,  di iperreattività bronchiale, di bronchite cronica o di pregresse infezioni respiratorie (tubercolosi compresa) possono rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo della BPCO.

            Il processo infiammatorio cronico coinvolge diversi elementi cellulari, Neutrofili, Macrofagi, Linfociti T CD8+ e svariate molecole (mediatori), liberate da molti tipi di cellule nelle vie respiratorie. I mediatori infiammatori stabiliscono intricate correlazioni con le cellule produttrici e bersaglio. E’ dimostrato che svolgono un ruolo determinante nella fibrosi bronchiolare e nel coinvolgimento alveolare leucotrieni (LT-B4), endoteline (E-1), specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto (fonte di radicali liberi responsabili dello stress ossidativo), chemochine (interleuchina 8), citochine (TNFα) e fattori di crescita (TGFβ), mentre molte proteasi (Elastasi neutrofila, Catepsine, Metalloproteinasi) sono responsabili della distruzione delle fibre elastiche del parenchima, caratteristica dell’enfisema.

            L’impegno dei ricercatori nella identificazione dei mediatori infiammatori e nella comprensione delle interazioni è importante per lo sviluppo delle terapie antiinfiammatorie.

 

            L’impiego del termine limitazione del flusso aereo, piuttosto che ostruzione al flusso aereo, implica il concetto che al rallentamento del flusso (ostruzione delle vie aeree), si associ la perdita della pressione di spinta (enfisema). Ambedue le condizioni contribuiscono alla presenza ed al grado di limitazione del flusso.

            La conseguenza della limitazione di flusso è l’iperinflazione polmonare, progressivo intrappolamento d’aria durante l’espirazione, che ne aumenta la quantità nei polmoni alla fine di un’espirazione corrente. Aumenta la Capacità Funzionale Residua (CFR), punto di equilibrio elastico del sistema respiratorio, che si stabilisce a volumi più alti (iperinflazione polmonare statica). Si riduce di conseguenza la Capacità Inspiratoria (IC).

            Il lavoro respiratorio risulta aumentato, nella sua componente resistiva per l’ostruzione delle vie aeree, in quella elastica per l’iperinflazione polmonare poiché la ventilazione polmonare avviene nella porzione alta e più piatta della curva pressione-volume dove la compliance è minore.     Il ritardato flusso durante l’espirazione fa sì che (inizialmente durante esercizio, in seguito anche a riposo) l’inizio dell’inspirazione avvenga prima che i polmoni si svuotino al punto di equilibrio elastico (iperinflazione polmonare dinamica)  quando la pressione alveolare è ancora positiva. La presenza di questa intrinsic positive end-expiratory pressure (PEEPi) comporta una contrazione isometrica iniziale dei muscoli inspiratori per superare la pressione alveolare. Questa attività inefficace ai fini del flusso aereo espiratorio, aumenta ulteriormente il carico meccanico della ventilazione (aggiungendosi al maggiore lavoro resistivo ed elastico).

            La diminuzione degli scambi gassosi per difetto di diffusione e le alterazione del rapporto V/Q, propri dell’enfisema, contribuiscono inoltre al deterioramento della funzione respiratoria.

 

            In un contesto clinico si deve considerare la diagnosi di BPCO quando un soggetto di età superiore a 40 anni, con storia di esposizione ai fattori di rischio,  presenta dispnea (sintomo chiave) persistente, evolutiva, che peggiora solitamente con lo sforzo e tosse cronica, più o meno produttiva (sintomo incostante nel rapporto temporale). E’ indispensabile per la conferma diagnostica una spirometria che possa documentare una persistente ostruzione bronchiale.

            La presenza contemporanea di più indicatori aumenta la probabilità diagnostica e il dato strumentale dimostrativo  del grado di ostruzione delle vie aeree è il rapporto fisso VEMS/CVF inferiore a 0,70 dopo un test di reversibilità con broncodilatatore.

 

            Nella valutazione del paziente è stata introdotta una procedura essenziale per determinare la gravità, l’influenza sulla qualità di vita, il rischio di eventi futuri (riacutizzazioni, ricoveri ospedalieri, morte) allo scopo di guidare la terapia. Ci si avvale di una valutazione combinata in cui sono presi contemporaneamente in considerazione il livello dei sintomi del paziente, la gravità dell’alterazione spirometrica, il rischio di riacutizzazioni e la presenza di comorbidità, confrontando quindi le condizioni cliniche attuale con l’entità del rischio di eventi futuri.

a) Per ottenere una valutazione completa dei sintomi è disponibile un questionario breve ma completo, il CAT (COPD Assessment Test) che definisce lo stato di salute in una scala di punteggio da 0 a 40 con cut-point 10; lo si preferisce oggi al mMRC (modified Medical Research Council), basato solo sul grado di dispnea.

b) La percentuale del FEV1 post-broncodilatatore rispetto al predetto (nei pazienti con VEMS/CVF < 0,70) consente la classificazione della gravità dell’ostruzione bronchiale: lieve (GOLD 1) ≥ 80%, moderato (GOLD  2) 79-50%, grave (GOLD 3) 49-30%, molto grave (GOLD 4) < 30.

c) La riacutizzazione è definita come un evento acuto caratterizzato da peggioramento dei sintomi respiratori del paziente (che va oltre le normali variazioni giorno per giorno e porta ad un cambiamento nel trattamento). Di per sé una storia di eventi precedenti trattati è il miglior predittore di riacutizzazioni frequenti.

            Sintomi da una parte e classificazione spirometrica e/o rischio di riacutizzazione dall’altra permettono una valutazione combinata della BPCO nel singolo paziente inquadrandolo in uno di quattro gruppi che vengono definiti dalle associazioni possibili: A) Sintomi lievi–Rischio basso. B) Sintomi gravi–Rischio basso. C) Sintomi lievi–Rischio alto. D) Sintomi gravi–Rischio alto. Questo approccio combinato è alla base della scelta personalizzata del trattamento.

 

            Nel paziente affetto da bpco, soprattutto se anziano, si osserva spesso la presenza di altre condizioni morbose; talvolta si tratta di patologie con fattori di rischio in comune, (fumo, età, ecc.),  altre sono manifestazioni extrapolmonari della malattia stessa in parte legate ad una probabile infiammazione sistemica (cosiddetta di basso grado), altre volte vere e proprie comorbidità concorrenti.

            Si possono manifestare ad esempio alterazioni nutrizionali con perdita di peso e disfunzioni della muscolatura scheletrica (come una sindrome cachettica), osteoporosi, anemia, embolia polmonare, ansia/depressione, malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa), sindrome metabolica e diabete, infezioni gravi, tumore polmonare.

            Le comorbidità hanno un importante effetto sulla prognosi ed influenzano indipendentemente ricoveri ospedalieri e mortalità.

 

            L’evidente, complessa eterogenità delle manifestazioni della BPCO (sintomi, esacerbazioni, risposta al trattamento, velocità di progressione della malattia, mortalità) giustifica da sempre  il tentativo di separare gruppi di pazienti con tipologie cliniche quanto più omogenee.

            A tale proposito in questi ultimi anni molti studi sono giunti alla conclusione che è possibile distinguere diversi pattern di espressione clinica, i fenotipi della BPCO. Questi consentono di classificare i pazienti in sottogruppi di interesse non solo biologico ed epidemiologico, ma anche prognostico e soprattutto terapeutico:

Sindrome da sovrapposizione asma-BPCO (ACOS). La presenza di alcune caratteristiche suggeriscono abitualmente ora la diagnosi di asma , ora quella di BPCO: età di insorgenza, pattern dei sintomi, funzionalità polmonare  in fase sintomatica e non, anamnesi personale o familiare, decorso, Rx torace. Se sono contemporaneamente presenti, in numero uguale o simile, molteplici caratteristiche dell’una e dell’altra patologia si deve considerare la diagnosi di ACOS.

Riacutizzatore frequente. Il paziente manifesta due o più esacerbazioni all’anno per l’esistenza di una certa suscettibilità individuale acquisita (ipersecrezione bronchiale cronica, presenza di infiammazioni/infezioni delle vie aeree durante i periodi di stabilità, bronchiettasie, malattia da reflusso gastroesofageo) o genetica. Presentano un maggior numero di eventi cardiovascolari, specie durante le riesacerbazioni.

Enfisematoso-iperinsufflato. Il paziente ha caratteristicamente dispnea, intolleranza all’esercizio tendenza ad un BMI ridotto. Si riscontrano segni di iperinflazione, aspetto di enfisema all’HRTC e/o alterazione del test di diffusione al CO e possibile disfunzione diastolica del ventricolo sinistro con riduzione della gettata cardiaca.

            Ulteriori fenotipi proposti non sembrano configurare veri e propri sottogruppi, quanto particolari aspetti clinici, quali il  Bronchitico cronico (è preferibilmente descritto come una variante possibile in ciascuno dei tre principali fenotipi), il Fast-decliner (rapida perdita della funzione polmonare), il Sistemico (coesistenza di obesità, malattie cardiovascolari, diabete o infiammazione sistemica), l’Enfisema da deficit di α1AT (prevalenza limitata).

 

            La BPCO è  malattia frequente, una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello mondiale (attualmente quarta causa di morte, si prevede che nel 2020 diventerà la terza).

            Si prevede un aumento della sua prevalenza nei prossimi decenni per la persistente esposizione ai fattori di rischio e per il progressivo invecchiamento della popolazione, con morbilità che aumenta chiaramente con l’età. Inoltre, valutata con il DALY (Disability-Adjusted Life Year), misura della gravità globale di una malattia, espressa come il numero di anni persi per disabilità o morte prematura, appare nettamente in salita nella graduatoria mondiale delle malattie.

            Il costo economico è elevato, in termini di spesa sanitaria nei paesi “ricchi”, sulla produttività lavorativa e  domestica nei paesi in via di sviluppo.

            Poiché la BPCO è prevenibile e trattabile è giustificato ogni sforzo da parte delle comunità scientifica per aumentare l’attenzione di pazienti, medici ed istituzioni sanitarie sul suo impatto e per sviluppare programmi per la diagnosi,  prevenzione e terapia.

 

Un'ulteriore notazione relativa a questo gruppo di malattie, racchiuse nel termine BPCO, riguarda i Biomarkers.

Infatti, allo stato attuale delle conoscenze,  la diagnosi di COPD è basata su criteri funzionali e clinici… In futuro, forse,  i biomarkers, insieme ai dati clinico-funzionali potrebbe migliorare significativamente la possibilità di identificare high risk patients… Ci sono più di 600 lavori su markers e COPD, solo pochi markers sono stati validati e si conosce poco sulla loro riproducibilità  e la loro correlazione con lo  sviluppo, la severità e la progressione della malattia…” (P Barnes ERJ 2008;31:416-468).

Si auspica un futuro in cui si possano individuare, sempre maggiori fattori di suscettibilità, in modo che i test di screening siano sempre più specificamente indirizzati.

 

E’ chiaro che, allo stato attuale,  non esistono marcatori biologici che  rispondano completamente ai criteri di validazione.

E’ però altrettanto chiaro che abbiamo il dovere di cercare di sapere:

1.      Quale smoker ammalerà di COPD

2.      Quale non smoker ammalerà di COPD

3.      Chi peggiorerà più rapidamente

4.      Chi tenderà ad avere più riacutizzazioni

 

Sono trascorsi 50 anni da quando nel maggio 1958,  McCluskey durante un meeting ad Atlanta dimostrò per la prima volta   l’abilità di una proteasi di degradare con grande rapidità il tessuto cartilagineo.

Quest’esperimento ai tempi  ritenuto bizzarro diede il via alla serie di esperimenti che fece

 da apri-pista alla ipotesi della “Protease-Antiprotease imbalance” nella patogenesi della lung destruction in corso di COPD.

 

 

 

NUOVE TERAPIE NELLE MALATTIE POLMONARI INTERSTIZIALI

 

Come già in precedenza affermavamo, questa “è una Patologia considerata di frontiera per più motivi: uno è l'interazione profonda e articolata tra la Pneumologia e le altre discipline, interazione, che anche in clinica, viene considerata la condizione necessaria per lo studio di queste malattie; un secondo motivo è legato alle difficoltà interpretative dei quadri clinici, radiografici e anatomopatologici; un terzo motivo riguarda la ricerca scientifica affascinante, sia a proposito dell'eziopatogenesi che a proposito delle nuove terapie disponibili”.

 

 

In presenza di una DPLD, Malattia Polmonare Diffusa Parenchimale, si valutano in diagnosi differenziale, numerose categorie patologiche, che per le quali noi adottiamo la seguente schematizzazione, personale, basata anche sull’ Official American Thoracic Society/European Respiratory Society Statement: Update of the International Multidisciplinary Classification of the Idiopathic Interstitial Pneumonias del 2013:

 

 

I-                   Malattie idiopatiche

II-                Collagenopatie

III-              M. Infettive

IV-             Esposizioni ambientali od occupazionali

V-                M. correlate a farmaci

VI-             M. neoplastiche

 

La classificazione, che abbiamo appena riportato, ha anche uno scopo pratico in clinica, in quanto rappresenta per il medico, che si trova dinnanzi ad un quadro radiografico di Interstiziopatia, la possibilità di giungere alla diagnosi differenziale fra diverse entità, che possono dar luogo a quadri in apparenza sovrapponibili.

 

Per comprendere l'inquadramento di queste entità nosologiche, è indispensabile comprendere alcune precise definizioni di malattia:

 

I- INTERSTITIAL LUNG DISEASES ( ILD) o Malattie Polmonari Interstiziali 

(o DPLD, Malattie Polmonari Diffuse del Parenchima).

      E' un termine generale, utile come primo inquadramento, che comprende disordini polmonari,  sia acuti che cronici, con vario grado di infiammazione e di fibrosi interstiziale.

      Acute and chronic lung disorders with pulmonary inflammation and fibrosis.

 

II-  IDIOPATHIC INTERSTITIAL PNEUMONIAS (IIP) o Polmoniti Idiopatiche Interstiziali, si intendono la gran parte delle ILD Idiopatiche, quali sono state inquadrate (fra gli altri da King).

      Idiopathic ILD.

 

III- IDIOPATHIC PULMONARY FIBROSIS (IPF) or CRYPTOGENIC FIBROSING  ALVEOLITIS ( CFA) o Fibrosi Polmonare Idiopatica. Sappiamo da tempo che questo non è un termine generico, ma che comprende una patologia ben inquadrabile nosograficamente.

      It is one of several IIP.

 

Ci soffermeremo in particolare su un’importante novità, in quanto abbiamo finalmente a disposizione due Nuovi Farmaci efficaci nella Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF). Si tratta di un fatto nuovo, che veniva atteso da anni in questo campo e che ha suscitato un nuovo e giustificato interesse nei confronti di questa patologia.

 

Occorre preliminarmente sottolineare come la IPF abbia una sopravvivenza mediana di 3.5 anni, che inoltre l’unico trattamento dimostratosi in grado di prolungare la sopravvivenza è il Trapianto Polmonare e che tuttavia il Trapianto Polmonare ha una percentuale di sopravvivenza a 5 anni del 44%  (vedi TE King Jr et al. Idiopathic pulmonary fibrosis. Lancet 2011; 378:1949). Il trattamento con Cortisone e Metotrexate è stato abbandonato. Anzi a quest'ultimo proposito, gli Studi effettuati hanno portato alla conclusione che questo trattamento abbrevia l'aspettativa di vita nel caso di questa specifica patologia, cioè la forma di Fibrosi Interstiziale Idiopatica (con Usual Interstitial Pneumaonia).

Ma recentemente, come dicevamo dianzi, sono emerse in questo campo terapeutico due straordinarie novità, infatti la FDA Americana ha approvato due nuovi Farmaci per  L’IPF:

 

1- Perfenidone (Esbriet-Intermune)

2- Nintedanib (Ofev - Boehringer Ingelheim)

 

Esbriet è disponibile in Europa dal 2011, mentre Ofev è stato approvato dalla Commissione Europea il 19 gennaio 2015.

In sintesi le caratteristiche principali dei due farmaci  sono le seguenti:

 

Il PIRFENIDONE è un derivato sintetico del Piridone. Il Meccanismo d’azione supposto è l’induzione di sottoregolazione del Fattore di crescita profibrotico TGF-Beta 1. Confezione in Capsule 267 mg.

Lo Studio di riferimento è lo Studio ASCEND, che ha dimostrato come i Pazienti del gruppo trattato avevano minore probabilità di morte e minore riduzione del FVC, ma non riduzione di mortalità per tutte le cause. Il Farmaco è ben tollerato (Effetti avversi: Nausea, Rash). Costo terapia molto elevato, circa 50000 euro l’anno. Questo d'altronde costituisce una costante per le nuove e innovative terapie che stanno emergendo in vari campi della Medicina. Un problema quindi di Sanità Pubblica e di sostenibilità per i Servizi Sanitari Nazionali dei costi di queste nuove e costose terapie, che hanno efficacia dimostrata secondo i criteri della Evidence Based medicine (EBM).

 

Il NINTEDANIB è un Inibitore della Tirosin-chinasi, che riduce l’attività Fibroblastica, legandosi a diversi Growth Factor. E’ confezionato in Capsule da 100-150 mg. Gli Studi INPULSIS 1 e 2 hanno dimostrato che i Pazienti del gruppo trattato avevano minore riduzione del FVC nel tempo, ma non riduzione di mortalità per tutte le cause. Il Farmaco è ben tollerato (Effetti avversi: Diarrea, Nausea).

 

Il quadro patologico di queste malattie, numerose e diversificate, è ben delinato.

In particolare l'aggiornamento recente più importante a livello internazionale è l'Update 2013 del Documento ATS (American Thoracic Society) e ERS (European Respiratory Society) sulla Classificazione delle IIP (Polmoniti Idiopatiche Interstiziali). Si tratta di un aggiornamento del Documento del 2002 elaborato dalle stesse Società Scientifiche.

 

Il decesso in queste malattie avviene, nella maggior parte dei casi, per insufficienza respiratoria ipossiemica o ipossiemico-ipercapnica, a volte complicata da cuore polmonare cronico.

Il quadro delle ILD è quindi estremamente vario e richiede una buona conoscenza anche da parte del medico di famiglia, che farà la prima valutazione del paziente e consiglierà la consulenza dello specialista pneumologo; a quest'ultimo spetterà valutare la natura, la prognosi e la terapia.

Auspichiamo che una sempre maggiore conoscenza di queste patologie, che oggi ci sembrano pesantemente sottodiagnosticate e sottotrattate, possa portare a individuarle con maggiore frequenza.

Lo scorso anno concludemmo un articolo di aggiornamento su questi temi edito su Gli Atti de l'Accademia Lancisiana, scrivendo: “E' auspicabile anche che la ricerca scientifica individui nuovi trattamenti, considerato che i presidi terapeutici a nostra disposizione appaiono in molti casi non soddisfacenti”. Attualmente i nuovi farmaci che abbiamo descritto, possono considerarsi una certezza consolidata.

 

 

 

Fig. 2 Ospedale Forlanini. Roma.

 

 

Bibliografia.

Si rimanda ai Capitoli sulle IDL nel testo “Trattato di Pneumologia” Verduci Editore 2006, Autori Fiorani-Fiorucci-Munafò-Pasqua-Puglisi.

 

1.      TE King Jr et al. Idiopathic pulmonary fibrosis. Lancet 2011; 378:1949.

2.      TE King Jr et al. A phase 3 trial of pirfenidone in patients with idiopathic pulmonary fibrosis. N Engl J Med 2014; 370:2083.

a.      L Richeldi et al. Efficacy and safety on nintedanib in idiopathic pulmonary fibrosis. N Engl J Med 2014; 370:2071.

3.      King TE Jr et al. ASCEND  Trial N Engl J Med 2014;370:2083-2092 .

4.      Luca Richeldi, M.D., et Al for the INPULSIS Trial Investigators  N Engl J Med 2014; 370:2071-2082 May 29, 2014 DOI: 10.1056/NEJMoa1402584.

5.      Park IN,Jegal Y, KimDS,Do KH,Yoo B,Shim TS,Lim CM,LeeSD,Koh Y, Kim WS, et al. Clinical course and lung function change of idiopathic nonspecic interstitial pneumonia. Eur Respir J2009;33:68–76.