CHIRURGIA DELL’EPILESSIA FARMACORESISTENTE

 

Selezione prechirurgica

Dr. PP. Quarato

 

Introduzione

        

Una stima approssimativa permette di valutare in circa 30000 il totale dei soggetti sofferenti, in Italia, di epilessia parziale resistente alla terapia farmacologica. Non meno del 50% di tali pazienti potrebbero beneficiare di un intervallo neurochirurgico potenzialmente risolutivo del loro disturbo comiziale.

Da molti anni, giudicandolo anche dai rapporti delle Conferenze Internazionali più recenti, il trattamento chirurgico delle epilessie parziali gravi farmacoresistenti suscita un interesse crescente nei paesi industrializzati. Questo si spiega in parte con il miglioramento del livello tecnologico che ha permesso di ottimizzare tanto’affidabilità quanto la sicurezza dell’approccio diagnostico e terapeutico, ma anche per i buoni, anzi ottimi, risultati raggiunti in particolare nelle epilessie del lobo temporale.

Questi risultati dipendono, tuttavia, da un gran numero di fattori, primi fra tutti le caratteristiche dell’epilessia, l’eventuale presenza di una lesione cerebrale presunta responsabile e la metodologia scelta per la valutazione  prechirurgica del malato. Le strategie di investigazione prechirurgica sono spesso lunghe e complesse, più o meno invasive, integrando dati clinici, elettrofisiologici e di neuroimmagini, secondo concetti e procedure molto variabili da un centro all’altro.

 

Metodologia

La metodologia di studio prechirurgico utilizzata dal nostro gruppo, che si ispira largamente a quella elaborata da J.Bancaud e J. Talairach dagli inizi degli anni ‘50 presso l’Hopital S.Anne di Parigi, comporta differenti tappe, la cui scelta e organizzazione sequenziale sono in funzione delle caratteristiche anatomo-cliniche  proprie di ciascun malato.

L’intero metodo poggia sul principio che la sintomatologia clinica delle crisi parziali sia il riflesso dell’organizzazione spazio-temporale delle scariche critiche intracerebrali, e la sua finalità risiede nell’identificazione accurata ed individualizzata delle regioni corticali partecipanti all’elaborazione iniziale della scarica (Area Epilettogena), al fine di realizzare l’ablazione chirurgica, nei limiti imposti dall’anatomia funzionale.

 

Criteri di inclusione:

·    pazienti con crisi epilettiche parziali, con storia clinica non inferiore a 1 anno;

·    pazienti le cui crisi originano  da un’unica, stabile ed identificabile area corticale cerebrale;

·    pazienti con provata storia di resistenza ai farmaci antiepilettici maggiori;

·    pazienti le cui crisi costituiscano un serio ostacolo ed impedimento ad un soddisfacente inserimento sociale e/o vita affettiva e familiare.

 

I pazienti candidati, selezionati attraverso intervista ambulatoriale, sono sottoposti a un iter diagnostico che consta di una prima fase di indagini non invasive il cui cardine è la Video-EEG. In una elevata percentuale di casi (circa il 50%) e soprattutto nel caso di epilessie del lobo temporale, queste già consentono di realizzare una strategia chirurgica resettiva. Nei restanti casi, in particolare per le epilessie extratemporali o multilobari, è necessaria una ulteriore fase di indagini invasive con esplorazioni intracraniche elettrofisiologiche.

 

Studio prechirurgico non invasivo

 

Anamnesi: consente di valutare: a) occasione di insorgenza ed etiologia della prima crisi (età di inizio, fattori scatenanti, caratteristiche semeiologiche delle crisi, sua durata, momento di comparsa, ecc.); b) dati anamnestici sul paziente e la sua famiglia; c) descrizione delle crisi del paziente, poichè queste traducono clinicamente la perturbazione transitoria di una parte del cervello.

E’ importante ricostruire la storia del pattern clinico delle crisi ed in particolare valutare la semeiologia delle crisi, se è monomorfa o se esistono variazioni della semeiologia (sparizione di alcuni segni, apparizione di altri, modificazione della sequenza cronologica dei vari segni), questo al fine di valutare se esiste un solo tipo o differenti tipi di crisi che possano far sospettare l’esistenza di un’epilessia multifocale che controindicherebbe l’intervento; infine lo studio delle crisi attuali.

Per ipotizzare una soluzione chirurgica di una epilessia parziale bisogna conoscere i territori cerebrali coinvolti dalle crisi. Gli elementi dello studio delle crisi possono essere così schematizzati:

         -vissuto soggettivo del paziente (testimone, quando possibile, dell’origine della crisi);

         -descrizione della crisi da parte dei familiari;

         -osservazione diretta;

         -studio delle modificazioni cliniche postcritiche.

 

Esame neurologico: come ovvio completamento delle indagini puramente cliniche offre lo status del paziente al di fuori degli episodi critici, informando su un’eventuale disfunzione, localizzata o no, di sistemi neurologici in possibile rapporto causale o effettuale con la sindrome comiziale e contribuendo così alle ipotesi circa la localizzazione dell’area epilettogena.

 

Esame neuropsicologico: il protocollo comprende una valutazione del livello intellettivo globale, nonchè delle funzioni cognitive legate all’intervento di sistemi neuronali specifici: mnesiche, abilità linguistiche, visuo-spaziali, funzioni di competenza del lobo frontale, ecc.

In sede prechirurgica la neuropsicologia si pone come sempre più riconosciuto ausilio capace di fornire indicazioni di lateralizzazione dell’epilettogenesi o di offrire elementi di controindicazione all’intervento a causa dei rischi insiti nella resezione come per le funzioni mnesiche nelle epilessie temporali.

La valutazione post-chirurgica (a 6, 12, 24 e 60 mesi) si propone da un lato di valutare in quale misura la rimozione dell’area cerebrale responsabile della crisi abbia determinato nuovi deficit cognitivi o ridotto i pregressi, dall’altro in che misura il livello delle funzioni superiori si sia modificato, in rapporto soprattutto all’andamento clinico (guarigione, miglioramento, etc.).

        

Neuroimmagini: sulla base dei dati della  TC cerebrale e della RM cerebrale (assenza o presenza di un’alterazione del segnale o di una anomalia della morfologia delle strutture corticali, ed in accordo con la classificazione in vigore (Commissione sulla Classificazione e Terminologia della Lega Internazionale contro l’Epilessia, 1989), si distinguono i gruppi delle epilessie dette Criptogenetiche e delle epilessie Sintomatiche.

Generalmente, nell’ambito delle epilessie sintomatiche, le lesioni che più frequentemente si associano ad una epilessia parziale sono tumori a basso grado evolutivo della serie gliale (astrocitomi I e II, gangliogliomi, oligoastrocitomi ecc.), tumori di origine disembriogenetica (disembrioneuroepiteliomi di Dumas-Duport, amartomi ecc.), displasie corticali, malformazioni vascolari criptiche (cavernomi ecc.). In altri casi anche il solo reperto di un’ipotrofia localizzata in alcune strutture corticali può giustificare l’ipotesi che essa sottenda un’alterazione dell’organizzazione neuronale corticale probabilmente all’origine del disturbo comiziale.

La presenza di una “lesione” anatomica condiziona grandemente l’intero procedimento diagnostico, e ciò richiede  che tale anomalia venga definita minuziosamente nelle sue caratteristiche di segnale, nelle sue precise dimensioni, e nei suoi precisi rapporti con le strutture cerebrali ad essa contigue.

Solo un esame neuroradiologico di ottima qualità può esaudire tali necessità, potendo essere indispensabile la realizzazione (in particolare con la RM ad alto campo) di sequenze particolari (ad esempio la Inversion Recovery nel caso si ipotizzino displasie o anomalie della girazione), di fini sezioni anatomiche, o un particolare orientamento spaziale delle stesse (ad esempio con piani paralleli al corno d’Ammone nel sospetto di un’atrofia ippocampica).

        

Monitorizzazione Video-EEG:

Rifacendosi al “modello di una crisi parziale” proposto da Bancaud nel 1980 si può ipotizzare che la semeiologia  di una crisi  traduca la disorganizzazione cerebrale provocata dalla scarica critica nel corso della sua evoluzione.

Poichè la natura e l’ordine di comparsa dei segni clinici sono determinati dal coinvolgimento dei sistemi cerebrali progressivamente interessati, è possibile formulare ipotesi attendibili circa l’origine e la propagazione della scarica, dall’analisi accurata della semeiologia delle crisi.

Inoltre, per poter stabilire correttamente le correlazioni, durante una crisi, tra sintomatologia clinica ed attività elettrica (testimone della diffusione spaziale della scarica) è necessario, al momento della registrazione, osservare e correlare simultaneamente con il tracciato tutti i segni clinici che costituiscono la crisi.

Per quanto riguarda il valore dei segni semeiologici:

- ogni segno ha un valore localizzatorio fondamentale, ma il suo significato può essere ambiguo;

- l’ordine di successiione temporale dei sintomi clinici ha spesso un ruolo decisivo e ne può chiarire natura e significato;

- lo studio dei sintomi che compaiono nelle fasi precoci della crisi è particolarmente significativo poichè la scarica interessa spesso, al suo esordio, una regione corticale limitata e le correlazioni anatomo-elettrocliniche ipotizzabili possono essere rigorose.

         Il valore lateralizzatorio e lcalizzatorio di un segno clinico non è sempre lo stesso, in relazione al suo contenuto ed al suo momento di comparsa.

        

        

 

I pazienti sono sottoposti e registrazioni, EEG ed in video, sincronizzati, di lunga durata, per diversi giorni, permettendo così di attendere il tempo necessario per la comparsa degli episodi spontanei.

Il periodo delle registrazioni può essere vantaggiosamente ridotto, nella maggior parte dei casi, intraprendendo uno scalo “controllato” (relativamente lento e graduale) della terapia farmacologica in atto, che aumenti la frequenza delle crisi, senza condurre ad un rischio di rapida bilateralizzazione delle scariche se non di una generalizzazione secondaria.

 

 

Al termine delle indagini non invasive si operano le correlazioni anatomo-elettro-cliniche sulla base dei dati ottenuti e si formulano le ipotesi circa l’area epilettogena responsabile delle crisi: in questa fase, se appare con ragionevole certezza l’aver individuato tale zona corticale, si può procedere alla sua ablazione chirurgica, rispettando i limiti imposti dalle “aree eloquenti”, per escludere, o comunque minimizzare i rischi di deficit neurologici o neuropsicologici permanenti

Nei casi in cui non è possibile definire spazialmente con le metodiche “non invasive” l’area epilettogena si ricorre alla realizzazione di indagini a carattere “invasivo”, che secondo il nostro approccio può esprimersi attraverso l’impianto di elettrodi intracranici subdurali (grid o strip multicontatto poggiati sulla superficie corticale) o elettrodi intraparenchimali inseriti in condizioni stereotassiche e stereoscopiche, per la registrazione dell’attività intracerebrale in corso di crisi spontanee e indotte dalle stimolazioni elettriche intracerebrali a bassa ed alta frequenza.

L’esplorazione con elettrodi intracerebrali si rende necessaria in particolare in caso di:

- non chiara origine elettrica delle crisi registrate in Video-EEG, nonostante segni clinici apparentemente lateralizzanti o localizzanti;

- differenze della semeiologia in crisi diverse, nello stesso paziente, pur nell’ipotesi di un’univoca origine elettrica;

- segni clinici critici che lasciano supporre una partecipazione iniziale di aree corticali non in diretto rapporto con una eventuale lesione;

 - la lesione non è di natura tumorale e/o i suoi limiti sfuggono ad una precisa definizione spaziale, come nel caso dei disturbi dell’organizzazione corticale;

-              esistenza di un processo atrofico esteso a più lobi, di uno o ambedue gli emisferi.

-              l’area epilettogena è supposta coinvolgere “aree eloquenti”

La strategia di impianto degli elettrodi intracerebrali non prescinde dall’insieme degli esami precedentemente descritti, in modo che questa venga adattata al singolo paziente e sia mirata alla definizione spaziale particolareggiata dell’area epilettogena.

La precisa localizzazione dei contatti elettronici degli elettrodi subdurali si definisce attraverso una fusione di immagini tra RM volumetrica preimpianto e TC post-impianto. Tale metodica è necessaria in quanto la maggior parte dei contatti non affiora alla vista dell’operatore all’interno della craniotomia e non risulterebbe possibile interpretare la successiva video-EEG così come eseguire correttamente le stimolazioni elettriche corticali per il mapping funzionale qualora non si conoscessero le specifiche strutture attinte dall’esplorazione.

Invece, nella metodica degli elettrodi intraparenchimali, per localizzare correttamente i contatti è necessario che le acquisizioni per la ricostruzione dello spazio endocranico siano fatte in condizioni stereotassiche ed inserite in un sistema di riferimento comune di coordinate stereotassiche, relative ad un supporto rigido, solidale con il cranio (il casco stereotassico di Talairach). La verifica del raggiungimento del target previsto avviene con i mezzi della diagnostica per immagini o elettrofisiologica.

La metodologia stereotassica applicata correttamente  deve consentire di identificare le aree corticali che devono essere investigate e introdurre gli elettrodi multicontatto nei bersagli scelti.

Gli impianti, con ambedue le metodiche, sono individualizzati per ogni paziente ed il tipo di esplorazione è personalizzato sulle caratteristiche anatomo-elettro-cliniche.

Il paziente viene quindi sottoposto a nuova monitorizzazione Video-EEG prolungata, con registrazione delle crisi spontanee ed indotte dalle stimolazioni elettriche intracerebrali e per eseguire le stimolazioni elettriche corticali utili per il mapping funzionale delle aree eloquenti (aree del linguaggio, aree motorie, aree visive, etc.)

Lo studio Video-Stereo-EEG consente di determinare:

- l’area irritativa: strutture corticali interessate dalle anomalie irritative intercritiche

- l’area lesionale: strutture corticali interessate dalle anomalie lente intercritiche

- l’area epilettogena: strutture corticali sede dell’origine e dell’organizzazione primaria della scarica critica.

 

Al termine dello studio, con la registrazione delle crisi spontanee ed eventualmente la registrazione di crisi indotte dalle stimolazione corticali a bassa o alta frequenza, utilizzate anche per eseguire il mapping funzionale della corteccia eloquente, può essere pianificato l’intervento chirurgico di resezione corticale dell’area epilettogena.

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