Le metodiche di Brain Mapping e Awake Surgery nella chirurgia cerebrale presso l’Università Sapienza di Roma

Maurizio Salvati*°, Alessandro D’Elia°, Vincenza Maiola°

 

 

*Neurochirurgia, IRCCS NEUROMED INM, Sapienza Università di Roma, Pozzilli (Is)

°Dipartimento di Neuroscienze – Neurochirurgia, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Roma

 

 

Si stima che circa il 25% dei pazienti con lesione cerebrale di interesse neurochirurgico abbiano una localizzazione di tale lesione che interessa aree cerebrali critiche per le funzioni. Tali aree vengono definite “eloquenti”, in quanto se lese causano il manifestarsi di deficit importanti e tali da modificare la vita di relazione del paziente. La localizzazione delle lesioni cerebrali in aree critiche ha da sempre costituito un importante ostacolo alla loro rimozione chirurgica, essendo l’atto chirurgico rivolto in prima istanza al miglioramento della qualità della vita del paziente. Per tale motivo, è importante, per il neurochirurgo, effettuare una asportazione delle lesioni in maniera efficace e sicura, ed evitare l’insorgenza di nuovi deficit o il peggioramento dei deficit preesistenti al paziente.

Da anni presso la Neurochirurgia dell’Università Sapienza di Roma il nostro gruppo sta svolgendo una attività di ricerca volta a sviluppare le metodiche chirurgiche per approcciare tali lesioni in maniera sicura ed efficace.

La localizzazione intraoperatoria e la mappatura delle aree corticali e subcorticali delle funzioni motorie e del linguaggio sono tecniche per ridurre i  deficit neurologici postoperatori.
I pazienti con lesioni intracerebrali all'interno delle aree cerebrali critiche (le aree “eloquenti”)  per le funzioni motorie, fasiche e cognitive superiori  (n = 328) sono stati trattati nel nostro Istituto negli ultimi 5 anni con l’ausilio delle tecniche messe a punto per il monitoraggio intraoperatorio di tali funzioni. I pazienti sono stati tutti valutati almeno prima dell'intervento chirurgico, subito dopo, e 1 mese e 3 mesi dopo l'intervento chirurgico. Per quanto riguarda la programmazione preliminare, estesi test neuropsicologici sono stati somministrati a tutti i pazienti, in modo da definire esattamete il grado di compromissione delle funzioni nervose superiori prima dell’intervento e la scelta di un test più rapido e adatto per testare a livello intraoperatorio in maniera veloce ed efficace l’integrità della funzione stessa posta a rischio dall’intervento neurochirurgico. Un accurato studio di risonanza magnetica preoperatorio è stato necessario in ogni caso. Tale studio comprende l’imaging funzionale, la trattografia e l’esame volumetrico in 3D dell’encefalo, per stabilire l’esatta localizzazione anatomica della lesione e i rapporti del processo patologico con le strutture limitrofe. La confezione dello sportello craniotomico è stata adattata per scoprire e comprendere la lesione più le  aree critiche corticali e sottocorticali. Ci si è avvalsi dell’ausilio del neuro-navigatore e dell’ecografo intraoperatorio, strumenti utili per l’esatta localizzazione della lesione in ogni momento della procedura chirurgica. In particolare, la neuro navigazione ha consentito un dettagliato planning chirurgico iniziale, mentre l’ecografo intraoperatorio ha permesso la verifica in tempo reale della asportazione della lesione. La stimolazione intraoperatoria corticale e subcorticale del linguaggio, delle funzioni motorie, funzione sensoriale o processi cognitivi superiori, come la percezione e integrazione spaziale, il calcolo e la memoria, è stata eseguita in tutti i pazienti per massimizzare la resezione chirurgica nella maniera più sicura e controllata per il paziente. L’entità della rimozione della lesione è stata definita in base ad un criterio diagnostico standard di risonanza magnetica (entro 48 ore dall’ intervento chirurgico).

La resezione macroscopicamente totale (≥ 98%) è stata ottenuta nel 67% dei casi. Una asportazione  dell’ 89% o superiore è stata ottenuta nell’ 85% delle procedure. Aree critiche o eloquenti sono state identificate nel 65% degli interventi condotti con tecnica di stimolazione. Da un punto di vista clinico, si è assistito ad un peggioramento dei deficit neurologici presenti all’esame preoperatorio nel 12% dei casi con stimolazione positiva, mentre per i pazienti con stimolazione negativa, nel 9% dei casi si è assistito ad un peggioramento (p = 0,07). Deficit neurologici postoperatori precoci si sono verificati in 78 pazienti (23,8%), di questi, 8 (10%) hanno manifestato esiti neurologici a 1 mese, mentre solo 15 dei 268 pazienti (5%), senza variazioni intraoperatorie hanno avuto tali esiti (p = 0,001). A 1 mese, il 93% dell’intero gruppo di pazienti ha evidenziato un miglioramento o una  stabilità dello stato neurologico, mentre il 7% aveva deficit nuovi o un peggioramento di quelli preesistenti.  Alla valutazione a 3 mesi, il 3,6% dei pazienti ha avuto un deficit neurologico persistente. Una estensione della resezione inferiore all’89%, nel caso dei tumori cerebrali primitivi, è stata associata in maniera statisticamente significativa ad un peggioramento dello stato neurologico a tre mesi,  (p = 0,02).

La possibilità di testare le funzioni neurologiche motorie e superiori a livello intraoperatorio ha offerto un formidabile strumento sia terapeutico che scientifico. Dal punto di vista terapeutico, come si evince dai risultati ottenuti, tale approccio terapeutico ha offerto numerosi vantaggi, ciascuno dei quali riveste un notevole significato da un punto di vista prognostico e terapeutico. Il primo elemento da considerare è il criterio di eleggibilità dei pazienti con lesione cerebrale all’intervento neurochirurgico. Tale eleggibilità era precedentemente limitata dal coinvolgimento da parte della lesione delle aree critiche, essendo il rischio chirurgico eccessivamente elevato in diversi casi. Grazie alla sicurezza offerta dal monitoraggio intraoperatorio, siamo in grado, oggi, di trattare una percentuale di pazienti con lesione in area critica nettamente superiore rispetto ad un recente passato. Questa estensione della operabilità delle lesioni cerebrali in area critica rappresenta la diretta conseguenza della maggiore sicurezza connessa alla procedura chirurgica stessa. Il secondo elemento utile è rappresentato dalla quota inferiore di pazienti che hanno mostrato un deficit neurologico permanente rispetto al passato. Ciò ha consentito di migliorare nettamente la qualità della vita dei pazienti sottoposti ad intervento neurochirurgico per lesioni in queste sedi. Il miglioramento della qualità della vita rappresenta l’obiettivo finale della chirurgia, e apporta un notevole contributo anche in termini di costi sociali per la riabilitazione dei pazienti stessi. Una ulteriore considerazione in merito riguarda il fatto che la qualità della vita dei pazienti portatori di neoplasia cerebrale maligna trattata chirurgicamente è uno degli elementi prognostici principali in grado di influenzare la sopravvivenza stessa di questi pazienti. Le persone nelle migliori condizioni cliniche, infatti, sono quelle che beneficiano al meglio delle cure adiuvanti radioterapiche e chemioterapiche successive, e ciò appare evidente dall’analisi dei dati di numerose casistiche nazionali e internazionali degli ultimi trenta anni. Il terzo elemento da considerare è appunto il miglioramento della qualità dell’asportazione: la possibilità di estendere i margini di resezione durante l’asportazione dei tumori offerta dalle metodiche di brain mapping e chirurgia a paziente sveglio e collaborante ha permesso di ottenere entità di asportazione delle lesioni nettamente superiore al passato: questo ultimo elemento è di notevole importanza da un punto di vista oncologico, poiché solo una asportazione chirurgica di entità superiore al 90%, secondo gli studi internazionali, è in grado di modificare efficacemente la storia naturale della malattia e, anche in questo caso, di rendere notevolmente più efficaci i trattamenti adiuvanti successivi.

Per quanto riguarda gli elementi scientifici apportati da un simile approccio chirurgico, risulta evidente quanto sia utile la possibilità di valutare le funzioni cerebrali analizzando selettivamente la funzione di singole aree cerebrali. Nonostante l’enorme bagaglio di conoscenze acquisito negli ultimi 50 anni, ancora oggi spesso sfugge la complessità delle connessioni cerebrali e il ruolo che ciascuna unità di tessuto nervoso svolge all’interno del più complesso dei network noti all’uomo. La possibilità di analizzare le funzioni nervose superiori, come il linguaggio nella sua complessità simbolica ed espressiva, o la memoria, o la percezione spaziale al livello di integrazione, riveste una importanza fondamentale e ha consentito un notevole impulso nello studio della neurofisiologia umana.   

INDIRIZZO PER LACORRISPONDENZA:

Prof. Maurizio Salvati

salvati.maurizio@libero.it