Lupus Eritematoso Sistemico: manifestazioni cliniche, diagnosi e cenni di terapia.

G. D. Sebastiani

Le malattie autoimmuni sistemiche (MAIS) sono un vasto gruppo di condizioni morbose che presentano caratteristiche cliniche e laboratoristiche sia specifiche o fortemente suggestive per una diagnosi precisa, sia aspecifiche e condivise tra molte di esse. Nei nostri ambulatori si possono presentare pazienti affetti da MAIS in cui l’insieme delle caratteristiche cliniche e sierologiche consente di formulare la diagnosi di una connettivite definita (CTD), in quanto soddisfano i criteri classificativi per una determinata malattia, oppure, pur non raggiungendo il numero minimo di requisiti per una corretta classificazione, hanno caratteristiche sufficienti alla formulazione della diagnosi da parte del clinico “esperto”. Accanto a questi, si possono presentare alla nostra osservazione pazienti con alcune caratteristiche cliniche e laboratoristiche suggestive di MAIS, che tuttavia o non raggiungono i requisiti minimi per la diagnosi, oppure presentano sintomi e alterazioni laboratoristiche aspecifici, non sufficientemente suggestivi di una determinata MAIS. Questi pazienti vengono spesso etichettati come “Undifferentiated Connective Tissue Disease (UCTD)”, o “early UCTD”. Pertanto, la diagnosi di UCTD abbraccia un ampio spettro di condizioni cliniche: si va da pazienti che si presentano con un test ANA debolmente positivo in associazione a sintomi aspecifici quali astenia, facile stancabilità, artralgie, ipersensibilità al freddo, a soggetti nei quali il quadro clinico-laboratoristico è fortemente suggestivo di una connettivite definita, anche se non raggiungono il numero di criteri sufficienti per essere classificati come tali. Nel primo caso si corre il rischio di considerare come affetti da malattia autoimmune sistemica soggetti che hanno una sindrome fibromialgica e un test ANA debolmente positivo. Nel secondo caso si corre il rischio opposto di non formulare la diagnosi di connettivite definita solo perché il paziente non raggiunge il numero previsto di criteri richiesto per la corretta classificazione. Ciò si verifica soprattutto nel Lupus Eritematoso Sistemico (LES): è infatti ben noto dalla letteratura che qualora per la diagnosi clinica di LES si utilizzino i criteri classificativi ACR la diagnosi viene omessa in quei casi, che possono arrivare fino a circa il 25%, rappresentati dai soggetti che, pur essendo affetti da una malattia autoimmune multisistemica, non raggiungono i quattro criteri previsti dalla classificazione ACR (1,2). I criteri classificativi SLICC recentemente proposti consentono di superare solo in parte questo problema. Essi infatti hanno una sensibilità più elevata rispetto ai criteri ACR (97% vs 83% nella fase di validazione), consentendo ad esempio di classificare come LES anche i pazienti che clinicamente presentano soltanto una nefrite lupica dimostrata istologicamente, in presenza di autoanticorpi correlati al LES (3). In ogni caso è bene ricordare che i criteri per la classificazione del LES, pur rappresentando una guida molto utile ai fini diagnostici, sono stati formulati con lo scopo di rendere omogenee le casistiche nei trial clinici multicentrici, non per formulare la diagnosi nel singolo paziente.

Al di là del corretto inquadramento diagnostico dei pazienti con UCTD, è importante chiedersi quale prognosi essi hanno, ovvero se stanno sviluppando i primi sintomi di una CTD. L’evoluzione delle UCTD verso CTD varia tra il 10 ed il 70% delle popolazioni analizzate nelle varie casistiche. Uno studio prospettico a 5 anni condotto su 665 pazienti affetti da UCTD ha documentato che solo un terzo dei casi evolveva in una CTD, l’evoluzione essendo più frequente nei primi due anni dall’esordio dei sintomi. Fra i pazienti che evolvevano, la maggior parte sviluppava un’AR, a seguire Sjogren, LES, Connettivite Mista, Sclerodermia, vasculite, Polimiosite/Dermatomiosite (4). Un altro studio condotto su 84 pazienti affetti da UCTD ha confermato che l’evoluzione in CTD avviene in circa un terzo dei casi, la maggior parte dei quali sviluppava un LES (5). Danieli e coll hanno riportato un’evoluzione del 6% in una casistica policentrica di UCTD (6). Le differenze tra i risultati ottenuti nei vari studi sono legate soprattutto ai criteri di inclusione, che variano da studio a studio (a testimoniare la mancanza di una definizione precisa della UCTD che vada al di là del generico inquadrare come UCTD qualsiasi soggetto che presenti una o più caratteristiche cliniche o sierologiche di MAIS ma non raggiunge il numero sufficiente di criteri classificativi), alla durata dei sintomi e alla durata del follow-up. Nel tentativo di superare il problema del corretto inquadramento diagnostico dei pazienti con UCTD, nel 1999 sono stati proposti dei criteri classificativi preliminari: 1. presenza di segni e sintomi suggestivi di malattia autoimmune sistemica ma che non soddisfano i criteri esistenti per CTD; 2. presenza di anticorpi antinucleo in almeno due determinazioni; 3. durata di malattia superiore ai tre anni (7). Tuttavia anche tali criteri presentano dei limiti e successivamente sono state formulate ulteriori proposte (8). Infatti, come già sopra ricordato, possono essere etichettati come UCTD un ampio spettro di pazienti, tuttavia nell’ambito dei pazienti autoimmuni in cui non è possibile porre clinicamente una diagnosi definita andrebbe fatta una distinzione tra coloro che hanno un quadro clinico fortemente suggestivo di LES (LES “incompleto”) o di un’altra CTD, e quelli con sintomi clinici e caratteristiche autoanticorpali del tutto aspecifici. I primi possono evolvere nella rispettiva forma completa, mentre gli altri possono evolvere in una qualsiasi delle CTD. Inoltre, la presenza di alcuni autoanticorpi nei pazienti con UCTD è fortemente predittiva dell’evoluzione in una specifica CTD. Pertanto, pur restando difficile stabilire la prognosi dei pazienti con UCTD, alcune caratteristiche cliniche e sierologiche consentono di prevedere, qualora il quadro clinico subisse un’evoluzione peggiorativa, quale CTD ci possiamo attendere. Nell’ambito delle UCTD, infatti, si possono distinguere due tipologie di decorso: a) pazienti con malattia stabile, cioè persistente da almeno tre anni, usualmente privi di impegno d’organo maggiore, in genere caratterizzati dalla presenza di artralgie, artrite, fenomeno di Raynaud, eruzioni cutanee, citopenie di modesta entità e profilo sierologico monospecifico; b) pazienti con sintomi di recente insorgenza, non classificabili in una delle CTD, la cui evoluzione non è prevedibile, in quanto fra essi possono esserci forme incomplete di CTD con tendenza ad evolvere in una determinata CTD in tempi più o meno brevi (9). In tal caso, l’evoluzione più frequente è il LES.

Un’altra definizione che spesso viene utilizzata è quella di “early SLE”. In alcuni studi il termine “early SLE” viene usato per identificare i pazienti con forme incomplete di LES, in cui non è possibile formulare la diagnosi di LES con certezza. Questi pazienti andrebbero più correttamente definiti come “Lupus incompleto”, o come “evolving UCTD”, mentre il termine “early SLE” dovrebbe identificare i pazienti affetti da LES con esordio recente, in analogia con quanto stabilito ad esempio per l’artrite reumatoide “early”.

Di recente abbiamo analizzato una casistica multicentrica italiana di pazienti affetti da LES “early”, definiti come LES con esordio della malattia non antecedente i 12 mesi dalla diagnosi formulata secondo i criteri ACR. Nella tabella 1 è riportata la frequenza delle manifestazioni cliniche e sierologiche previste dai criteri ACR 1997 in questa inception cohort, costituita da 122 pazienti.

 

rash malare

31.1

fotosensibilità

29.5

ulcere orali

11.5

rash discoide

5.7

Artrite

61.8

sierosite

27

nefropatia lupica

27

manifestazioni neurologiche

8.2

manifestazioni ematologiche

55.7

disordini immunologici

85.2

ANA

94.3

 

Tabella 1. Frequenza (%) delle manifestazioni clinico-laboratoristiche classificative del LES all’esordio nella coorte dello studio multicentrico italiano “Early-Lupus project”

 

I nostri dati confermano che l'esordio del LES si verifica più spesso nella quarta decade di età e indicano che all’esordio le manifestazioni cliniche di più frequente riscontro sono articolari, dermatologiche ed ematologiche. La frequenza cumulativa delle manifestazioni cutanee all’esordio era circa del 78%, a conferma del fatto che le eruzioni cutanee sono fra i sintomi più frequenti; molto frequente anche l’impegno articolare, mentre le manifestazioni più gravi, quali l’impegno renale e del sistema nervoso centrale, sono meno probabili nelle prime fasi della malattia. Questo fa si che la diagnosi sia più difficile proprio nelle prime fasi del LES, quando la malattia si può presentare in forma “incompleta”.

Nella figura 1 le manifestazioni cliniche e sierologiche riscontrate all’esordio nella coorte di pazienti con LES del nostro studio (“Early-Lupus project”) sono messe a confronto con altri due studi importanti, l’Euro-Lupus study (10) e la coorte SLICC (11). Il confronto dei risultati ottenuti nei tre studi conferma che all’esordio del LES le manifestazioni cliniche più frequenti sono quelle articolari, cutanee ed ematologiche. La miglior conoscenza dei quadri d’esordio consente di migliorare la tempestività della diagnosi e dell’intervento terapeutico, con riflessi positivi sulla prognosi di questi pazienti.

Fig. 1 – Prevalenza delle principali caratteristiche cliniche e sierologiche all’esordio della malattia nella coorte del nostro studio (Early Lupus project) a confronto con la “Early SLICC cohort” e l’”Euro Lupus-study”.

 

Negli ultimi anni, infatti, la terapia del LES ha compiuto importanti progressi, attraverso l’ottimizzazione degli schemi terapeutici che prevedono l’uso della ciclofosfamide (12,13) e l’introduzione di farmaci biotecnologici, quali Rituximab e Belimumab.

In conclusione, la vera sfida per il clinico è saper distinguere nell’ambito dei pazienti con UCTD quelli che hanno un quadro clinico suggestivo di LES, meglio etichettabili come “Lupus incompleto”, in quanto essi hanno un’elevata probabilità di evoluzione nel LES. La ricerca in questo campo ha come obiettivo principale l’identificazione di biomarker utili ai fini prognostici.

 

Bibliografia

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  3. Petri M, Orbai A-M, Alarcon GS, et al. Derivation and validation of the Systemic Lupus International Collaborating Clinics Classification Criteria for Systemic Lupus Erythematosus. Arthritis Rheum 2012;64:2677-86.
  4. Bodolay E, Csiki Z, Szekanecz Z, et al. Five-year followup of 665 Hungarian patients with undifferentiated connective tissue disease (UCTD). Clin Exp Rheumatol 2003;21:313-20.

 

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  1. Doria A, Mosca M, Gambari PF, et al. Defining unclassifiable connective tissue diseases: incomplete, undifferentiated, or both? J Rheumatol 2005;32:213-5.

 

  1. Mosca M, Tani C, Vagnani S, et al. The diagnosis and classification of undifferentiated connective tissue diseases. J Autoimm 2014;48-49:50-2.

 

10.  Cervera R., Khamashta M.A., Sebastiani G.D., et al. Systemic lupus erythematosus: clinical and immunologic patterns of disease expression in a cohort of 1.000 patients. Medicine (Baltimore) 72,113-124,1993.

 

11.  Hanly JG, Urowitz MB, Siannis F, et al. Autoantibodies and neuropsychiatric events at the time of Systemic lupus Erythematosus Diagnosis. Arthritis Rheum 2008;58:843-853.

12.  Houssiau FA, Vasconcelos C, Sebastiani GD, et al. Immunosoppressive therapy in lupus nephritis. The Euro-Lupus Nephritis Trial, a randomized trial of low-dose versus high-dose intravenous cyclophosphamide. Arthritis Rheum 2002;46:2121-31.

13.  Houssiau FA, Vasconcelos C, Sebastiani GD, et al. The 10-year follow-up data of the Euro-Lupus Nephritis Trial comparing low-dose versus high-dose intravenous cyclophosphamide. Ann Rheum Dis  2010;69:61-4.

 

 

Gian Domenico Sebastiani

U.O.C. di Reumatologia, Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini, Roma