LA VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE DELLA BPCO: IMPLICAZIONI DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE.

 

Alfredo Sebastiani

3^ UOC Pneumologia, Az. Osp. S. Camillo-Forlanini,Roma

 

 

 La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è la patologia  non infettiva cronica delle vie aeree più frequente al mondo , si stimano circa 2,5 milioni di casi nel nostro paese, con enormi conseguenze sulla morbilità, mortalità e costi economico-sociali (oltre 150.000 ricoveri ospedalieri/ anno) . L’ epidemiologia ci evidenzia come la BPCO sia in controtendenza rispetto ad altre patologie croniche ad alta incidenza quali la cardiopatia ischemica, il diabete mellito e le malattie

 cerebrovascolari: delle sei più frequenti cause di morte negli USA la BPCO è l’unica in costante e sensibile ascesa dal 1970 ad oggi.

 Questo scenario non stupisce se si pensa alle conseguenze della persistente e diffusa abitudine al fumo che è la principale causa , almeno nei paesi occidentali, della malattia. La difficoltà nel sospendere il fumo, un atteggiamento fatalista da parte del medico e del paziente nei confronti di una patologia autoinflitta e soprattutto la scarsa utilizzazione dell’esame spirometrico , tuttora assolutamente necessario per una diagnosi ed una stadiazione , hanno reso la BPCO una malattia ampiamente sotto diagnosticata e sotto trattata in tutto il mondo.

 

Effetti sistemici della BPCO e comorbidità

 

La BPCO è ed è stata sempre considerata una malattia delle vie aeree caratterizzata da una ostruzione progressiva e solo parzialmente reversibile, negli ultimi anni si è rivolta l’attenzione alle conseguenze sistemiche della malattia polmonare sugli altri organi. I cosiddetti effetti sistemici  della BPCO possono grademente influenzare la prognosi, la qualità di vita e il ricorso alle strutture sanitarie di questi pazienti. Si è cercato di spiegare questi effetti coll’induzione di uno stato di infiammazione sistemica, documentabile nella BPCO stabile e incrementato durante le riacutizzazioni della malattia coll’aumento di molte citochine pro infiammatorie (TNF-alfa,IL-8) e proteine della fase acuta (PCR). La genesi di questa infiammazione non è ancora ben nota: si ipotizzano fattori quali l’ipossia tissutale, effetti del fumo, diffusione dal polmone nel circolo sistemico , processi autoimmuni. L’infiammazione , attraverso meccanismi vari, tra cui l’aumento della PCR , l’accelerata aterosclerosi e l’instabilità delle placche vascolari potrebbe essere la causa dell’aumento di incidenza di molte malattie cardiovascolari nei pazienti con BPCO, non spiegabile nell’entità solo colla condivisione di alcuni fattori di rischio quali il fumo. Essere affetti da BPCO è un fattore di rischio indipendente (dopo aggiustamento per età,fumo,lipidi,ipertensione ) ed aumenta il rischio di morte per  malattie cardiovascolari di quasi il doppio.

 Recenti studi sui farmaci nella BPCO hanno confermato precedenti osservazioni sull’alto contributo delle malattie cardiovascolari tra le cause di morte in questi pazienti.

 Altri importanti effetti al là del polmone si osservano nei muscoli scheletrici di alcuni pazienti affetti da BPCO: atrofia, ridotta forza e resistenza, redistribuzione del tipo di fibre da quelle di tipo I lente a quelle di tipo II rapide, più suscettibili alla fatica, con riduzione della densità mitocondriale e della capacità ossidativa del muscolo in toto. Queste alterazioni sono particolarmente evidenti in nei gruppi muscolari prossimali degli arti inferiori e nei muscoli inspiratori. L’importanza di queste modificazioni risiede principalmente nelle conseguenze negative sulla capacità di esercizio : faticabilità precoce, progressiva sedentarietà, ulteriore decondizionamento che porta al peggioramento dell’atrofia muscolare e della dispnea da sforzo in un circolo vizioso ben noto e caratteristico di questi malati. Anche le cause della disfunzione muscolare e del perché colpisca preferenzialmente alcuni gruppi di pazienti (specie con fenotipo enfisema) non sono state ben chiarite: l’infiammazione, l’ipossia, la malnutrizione , gli effetti iatrogeni degli steroidi ,le comorbidità e la sedentarietà sono state tutte considerate possibili.

 Altri potenziali effetti sistemici quali l’osteoporosi, l’anemia, le manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale (decadimento cognitivo, frequente depressione) hanno varie cause, possono condizionare la prognosi e vanno attivamente diagnosticate e trattate.

 

Valutazione multidimensionale della BPCO.

 

L’impatto degli effetti sistemici sulla prognosi della BPCO è stato ampiamente riconosciuto negli studi dell’ultimo decennio, per cui oggi la valutazione di questi pazienti dovrebbe essere necessariamente multidimensionale e comprendere parametri che vanno al di là dei semplici flussi aerei. La presenza e l’entità dell’ostruzione delle vie aeree misurata colla spirometria (FEV1 e FEV1/FVC) rimane il criterio diagnostico e prognostico più semplice nella BPCO e sono alla base

 della classificazione in stadi delle linee guida internazionali più importanti (GOLD). Altre misure, non necessariamente complesse, sono state recentemente ritenute più accurate nella valutazione della gravità , della prognosi e degli effetti della terapia. L’indice BODE, proposto da Celli e coll. nel 2004 propone di classificare i pazienti con un punteggio ricavato dalla rilevazione di 4 parametri: test del cammino dei 6 minuti, indice di massa corporea (peso in KG / altezza al quadrato m2), grado di dispnea (scala MRC) e % del FEV1 teorico. L’indice BODE si è rivelato molto più preciso della semplice misurazione del FEV1 nel predirre la prognosi a lungo termine.

 Una valutazione diagnostica più approfondita si può adattare ai singoli pazienti, tenendo conto delle caratteristiche dei vari sottogruppi fenotipici : la misura della massa magra, il test da sforzo cardiopolmonare, il dosaggio di mediatori infiammatori sono esami comunque utili in tutti i pazienti.

 

Nuove evidenze terapeutiche.

 

Per lungo tempo la terapia della BPCO è stata considerata una cura sostanzialmente sintomatica. Solo la sospensione del fumo e, in caso di conclamata insufficienza respiratoria (pa02 arteriosa in Aria ambiente e a riposo < 55mmhg), l’ossigenoterapia a lungo termine, si erano dimostrate misure efficaci nel prolungare la sopravvivenza di questi pazienti. Nel 2010 lo scenario è notevolmente cambiato: già nelle linee guida (ad esempio quelle canadesi) compaiono affermazioni che

sottolineano l’esistenza di provvedimenti terapeutici come la ventilazione meccanica non-invasiva in caso di insufficienza respiratoria con acidosi negli episodi di riacutizzazione e la chirurgia di riduzione del volume polmonare in casi selezionati di enfisema che hanno migliorato le aspettative di vita in alcuni gruppi di malati.

 Si sono inoltre accumulate evidenze che il mantenimento di una regolare attività fisica aumenta la sopravvivenza e riduce le ospedalizzazioni. In questa direzione vanno anche le segnalazioni dei benefici nei pazienti con BPCO dei programmi di riabilitazione respiratoria con allenamento e  ricondizionamento all’esercizio sulla prognosi, la qualità di vita ed il ricorso alle strutture sanitarie.

 Informazioni promettenti e potenzialmente ancora più importanti perché estensibili ad un numero maggiore di malati sono state fornite dalla conclusione di due grandi studi sull’effetto dei farmaci: l’associazione salmeterolo/fluticasone (studio TORCH 3 anni) e il tiotropio (studio UPLIFT 4 anni) somministrati per via inalatoria rispettivamente a 6112 e 5993 pazienti con BPCO. In entrambi gli studi si è osservata una riduzione della mortalità per tutte le cause (del 16% nell’UPLIFT e del 17% nel TORCH) rispetto ai gruppi di controllo e la tendenza, almeno in alcuni gruppi di pazienti, al rallentamento del declino della funzione respiratoria (FEV1). Questi dati sono promettenti, se pur non definitivi perché ottenuti con periodi di osservazione brevi rispetto al lungo decorso della malattia, ma importanti perché hanno aperto prospettive impensabili in una malattia considerata pressoché irreversibile ed incurabile. I risultati sono stati ottenuti senza aver selezionato gruppi di pazienti potenzialmente più suscettibili di miglioramento (stadi iniziali della malattia, maggiore reversibilità, frequenti riacutizzazioni) e quindi aprono la strada a studi più mirati a sottogruppi particolari.

 La tendenza attuale è infatti considerare la BPCO non come una malattia omogenea, ma comprensiva di fenotipi assai diversi come prognosi, patogenesi, aspetti clinici e responsività alla terapia. I due estremi del fenotipo enfisema e del bronchitico cronico si possono arricchire oggi di nuove acquisizioni ottenute dalla biologia molecolare, dalla diagnostica per immagini e dall’osservazione di altri organi diversi dal polmone (muscoli, endotelio vascolare).

 

 

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