IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA MALATTIA DI CROHN.

ROBERTO TERSIGNI, LUCIANO ALESSANDRONI, RICCARDO BERTOLINI,

MASSIMO CAPALDI, GIORGIO ALESSANDRI, ILARIA GUADAGNI

 


 

 

La chirurgia della malattia di Crohn (MC) è notevolmente cambiata nell’ultimo decennio, a seguito dell’introduzione di nuovi modelli di terapia medica. Nonostante ciò, l’incidenza della chirurgia nel corso della vita di un Paziente affetto da MC è ancora superiore al 75%.

La natura della malattia comporta un’ampia varietà di presentazioni, legate alla localizzazione ed al comportamento della stessa. Poiché la MC è ancora da considerare non curabile, l’indicazione alla chirurgia è legata alla comparsa di complicanze della stessa ed al fallimento della terapia medica.

Molti Gastroenterologi considerano la chirurgia come l’ultima risorsa terapeutica; l’intervento viene, pertanto, spesso eseguito in pazienti defedati e con malattia complicata. Per contro la chirurgia “precoce”, pur prolungando la remissione clinica, rispetto ad un approccio chirurgico tardivo, non influenza la storia naturale della malattia1.

Il fallimento del trattamento medico, quindi, rappresenta la più frequente indicazione chirurgica per la MC del piccolo intestino, in particolare nei Pazienti in cui i sintomi non sono controllabili con la terapia medica e che presentano effetti collaterali dei farmaci o scarsa compliance nel seguire il trattamento programmato. La presenza di manifestazioni extraintestinali che non rispondono alla terapia medica rappresenta un’altra indicazione al trattamento chirurgico2. Dopo resezione intestinale migliorano le lesioni cutanee, orali, oculari ed articolari, mentre le manifestazioni epatiche, vascolari, ematologiche, cardiologiche, polmonari e neurologiche procedono indipendentemente dalla malattia intestinale, non trovando giovamento dal trattamento chirurgico. 

L’occlusione intestinale rappresenta una frequente complicazione della MC. L’occlusione acuta è dovuta ad una stenosi intestinale primaria, unica o multipla, o a compressione estrinseca dell’intestino determinata da masse infiammatorie. L’occlusione acuta, nella maggioranza dei casi, è causata da un‘infiammazione attiva e spesso si risolve dopo terapia medica. L’occlusione cronica, invece, è il risultato finale di una lesione fibrostenotica e di solito richiede un trattamento chirurgico. Le opzioni chirurgiche sono la resezione del segmento stenotico, la stritturoplastica e, molto raramente, il bypass intestinale ed il confezionamento di una stomia.

La comparsa di fistole rappresenta un’altra comune complicanza della MC che può necessitare di trattamento chirurgico. In uno studio su 1379 Pazienti trattati chirurgicamente, Michelassi et al hanno rilevato la presenza di fistole nel 35% dei casi, ma queste rappresentavano l’indicazione primaria alla chirurgia solo nel 6.3% dei Pazienti3. Le fistole entero-enteriche sono molto frequenti ma spesso asintomatiche in assenza di lunghi tratti intestinali bypassati e di ostruzioni associate4. Il trattamento consiste nella resezione dell’intestino interessato dalla malattia, mentre sull’organo bersaglio, se questo non presenta malattia in fase attiva, si esegue lo sbrigliamento e la sutura della fistola. Stesso approccio viene applicato nelle fistole enterovaginali ed enterovescicali. Fistole enterocutanee a bassa portata possono rispondere, in prima istanza, al trattamento con anticorpi anti TNF alfa, come l’Infliximab5,6. Le fistole enterocutanee brevi, con mucosa intestinale esposta o che presentano alta portata, richiedono il trattamento chirurgico. Le fistole e gli ascessi perianali, che rappresentano una frequente evenienza nei Pazienti affetti da MC, vengo trattati, abitualmente, con un approccio combinato medico e chirurgico1.

Gli ascessi intraaddominali, che presentano una frequenza stimata intorno al 25%, possono essere preliminarmente drenati per via percutanea radioguidata7 e successivamente trattati con resezione intestinale in circa un terzo dei Pazienti8.

La perforazione intestinale “libera” con peritonite diffusa e l’emorragia massiva, sono complicanze rare della MC e necessitano di un intervento chirurgico urgente9. Le neoplasie intestinali maligne sono presenti con una frequenza da 12 a 60 volte maggiore rispetto alla popolazione generale, con una mortalità a 2 anni del 30-60%10.

La resezione intestinale è l’intervento eseguito più frequentemente nei casi di ileite ed ileocolite di Crohn. In linea generale l’approccio chirurgico moderno alla MC è improntato ad una filosofia conservativa. L’incidenza di recidive postchirurgiche della MC tende ad aumentare nel tempo, comportando resezioni intestinali multiple con aumento del rischio di intestino corto, malfunzionamento intestinale e comorbidità metaboliche associate11.

Diversi studi sono stati effettuati per identificare fattori tecnici che possano influenzare l’incidenza di recidive postchirurgiche, quali i margini di resezione e la configurazione anastomotica. Due studi retrospettivi hanno riportato dati in favore di una resezione “estesa”, in termini di minor incidenza di recidive e migliore qualità di vita12,13. Successivamente, Fazio et al hanno effettuato uno studio randomizzato nel quale 131 Pazienti sono stati sottoposti ad una resezione con margini liberi da malattia della lunghezza di 2 cm (75 Pazienti) o 12 cm (56 Pazienti). Sebbene l’incidenza di recidive fosse minore nel secondo gruppo (25% vs. 18%) tale differenza non era statisticamente significativa14. Hamilton et al hanno studiato il ruolo dell’esame istologico estemporaneo intraoperatorio in corso di resezione intestinale per MC, non riscontrando differenze sull’incidenza di recidive e di reinterventi nei Pazienti con margini microscopicamente positivi o negativi15.  L’indicazione attuale, pertanto, è quella di eseguire una resezione su margini macroscopicamente indenni. Il rischio di intestino corto appare attualmente inferiore rispetto al passato, ed è maggiore nei Pazienti che vengono sottoposti a resezioni intestinali ripetute in un breve lasso di tempo1.

La configurazione anastomotica può potenzialmente influenzare l’incidenza di recidive di MC dopo resezione intestinale. La malattia con fenotipo fibrostenotico, secondo la classificazione di Vienna, dovrebbe avvalersi di anastomosi ampie, come quelle latero-laterali, che hanno evidenziato una ridotta incidenza di recidive rispetto ad altre configurazioni, in particolare alle anastomosi termino-terminali16. A parità di configurazione anastomotica, la tecnica manuale o meccanica assume minore importanza e deve essere scelta in base all’esperienza dell’operatore ed allo spessore dei segmenti intestinali da anastomizzare17-19.

Sebbene non tutte le recidive sintomatiche richiedano un trattamento chirurgico, l’incidenza riportata di reinterventi è del 25-35% a 5 anni e del 40-70% a 15 anni20. Nonostante la loro frequenza, le recidive della MC sono largamente imprevedibili. Yamamoto et al hanno pubblicato una revisione sistematica della letteratura sui fattori che possono influenzare la comparsa di recidive postchirurgiche del MC, evidenziando come il fumo resti l’unico fattore di rischio statisticamente significativo21

La stritturoplastica rappresenta una valida alternativa alla resezione intestinale. Indicazioni alla stritturoplastica includono stenosi fibrose corte, malattia diffusa con stenosi multiple, stenosi in Pazienti plurioperati, recidive stenosanti comparse a breve distanza da una resezione e la MC del duodeno. Le stritturoplastiche non sono usualmente eseguite in stenosi più lunghe di 20 cm, in stenosi multiple comprese in un segmento intestinale breve od in stenosi vicine alla sede di un’eventuale resezione3. Controindicazioni assolute alla stritturoplastica sono le perforazioni, le fistole e gli ascessi nella sede della stenosi. La più ampia esperienza riportata in letteratura è quella della Cleveland Clinic, dove 698 stritturoplastiche sono state eseguite in 162 pazienti. L’incidenza delle recidive, in questo studio, è risultata del 28% a 5 anni, sovrapponibile a quella delle resezioni, ma solamente il 5% di recidive sono state riscontrate nella sede della stritturoplastica22.  Sono stati riportati, inoltre, casi di regressione della malattia a livello mucoso nella sede della stritturoplastica23.  Fearnhead et al hanno riportato i dati di 479 stritturoplastiche eseguite in  100 Pazienti. La morbidità è stata del 22,6% con complicanze settiche (deiscenza, fistola o ascessi) nell’11,3% e sanguinamenti nel 3,8% dei casi. La mortalità è risultata dello 0,6%24.

Nelle linee guida dell’ECCO (European Crohn’s and Colitis Organization), le stritturoplastiche “convenzionali” (Heinecke-Mikulicz, Finney e loro varianti) sono indicate per stenosi di lunghezza inferiore a 10-20 cm1. Per stenosi più lunghe, un’alternativa alla resezione in casi selezionati è rappresentato dalle stritturoplastiche “non convenzionali”, ovvero delle anastomosi latero-laterali senza resezione25,26. Un potenziale e non quantificabile rischio della stritturoplastica è la mancata diagnosi di un’eventuale neoplasia presente nella sede della stenosi; per ridurre al minimo questo rischio è necesario un accurato studio preoperatorio dei Pazienti27.

La colite è presente  in un quarto dei pazienti affetti da MC, spesso associata a localizzazione ileale. Indicazioni specifiche per la chirurgia della colite sono la presenza di displasia o neoplasia del colon e la colite acuta severa o tossica.  Il rischio di neoplasia colica nella MC è simile a quella rilevata nella colite ulcerosa. L’età avanzata, una durata della malattia superiore agli 8 anni e la presenza di una malattia estesa sono fattori di rischio per lo sviluppo di una neoplasia in presenza di una colite di Crohn. La chirurgia è indicate in presenza di una neoplasia maligna, di displasia di alto grado e di DALM, mentre più controverso è il trattamento delle displasie di basso grado. Una recente revisione Cochrane ha evidenziato come la sorveglianza endoscopica, pur ottenendo una più precoce diagnosi di neoplasia, non influenza significativamente la sopravvivenza dei Pazienti28.

 La colite acuta severa e la colite tossica nella MC hanno presentazioni ed indicazioni chirurgiche simili a quelle osservate in corso di colite ulcerosa. In questi casi l’intervento di scelta è la colectomia totale ed affondamento del retto con confezionamento di ileostomia, od una proctocolectomia totale1.

Nei casi non acuti, l’estensione della resezione in presenza di malattia colica segmentaria è ancora oggetto di discussione. Una recente meta-analisi di 6 studi e 488 Pazienti, suggerisce l’assenza di differenze significative in termini di complicanze, recidive e necessità di una stomia tra resezioni segmentarie e colectomia totale con anastomosi ileorettale, anche se è stato evidenziato un intervallo libero da recidiva più lungo di almeno 4 anni nel gruppo delle colectomie totali29. In  presenza di una proctite severa l’intervento di scelta è rappresentato dalla proctocolectomia totale30.

La proctocolectomia restaurativa con anastomosi ileo-pouch-anale nella MC è associata ad una maggiore incidenza di complicanze (fallimento della pouch, incontinenza fecale e pouchiti) rispetto alla colite ulcerosa31,32. Alcuni Autori, comunque, suggeriscono come sia possibile effettuare tale intervento in Pazienti selezionati, in assenza di localizzazioni ileali e di malattia perianale33.  

Negli ultimi anni è stata ampiamente studiata la fattibilità di una resezione intestinale laparoscopica nella MC. In una recente meta-analisi su 14 studi comparativi tra laparoscopia e laparotomia sono stati raccolti 881 Pazienti34. La laparoscopia presenta tempi operatori più lunghi, minore incidenza di complicanze postoperatorie, più precoce ripresa delle funzioni intestinali, minore dolore postoperatorio e più breve degenza ospedaliera. Il tasso di conversione è dell’11,2% (range 4,8-29,2%).  Dati favorevoli ad un approccio laparoscopico, in termini di morbilità, durata della degenza e cosmesi sono riportati anche nei due soli studi randomizzati pubblicati18,35. Non è stata osservata nessuna differenza, in termini di incidenza di recidive della MC, tra i due approcci chirurgici36.

 

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Per la corrispondenza:

Prof. Roberto Tersigni

UOC Chirurgia Generale e Oncologica

Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini

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