Le malattie sessualmente trasmissibili, un problema attuale

 

A. Di Carlo1, L. Valenzano2

 

 

 

"The whole art of medicine is in observation, educate the eye to see."

                                                                             Sir William Osler

 

 

Nota introduttiva

 

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST) comprendono diversi quadri clinici e, a seconda della loro eziologia, possono distinguersi in malattie “classiche” o  batteriche, quali sifilide, blenorragia, ulcera molle, linfogranuloma venereo, infezioni da clamidia, e malattie virali, come le verruche genitali, l'herpes genitalis e la malattia HIV.

Le MST rivestono grande importanza non solo per le loro peculiari caratteristiche sul piano clinico, ma anche  per la loro tendenza alla rapida diffusione. Nel mondo, ogni anno i nuovi casi raggiungono la cifra di 450 milioni (dati OMS), con incidenza maggiore nei paesi in via di sviluppo, tuttavia esse ugualmente rappresentano un problema di sanità pubblica anche per i paesi occidentali, (1,2). Questi dati indicano chiaramente che le MST comportano un notevole impegno sul piano sociale, assistenziale e di prevenzione, non solo, ma anche un forte impatto anche in termini di economia per i singoli  Stati  Ad esempio, un’analisi recente pubblicata dal CDC., mostra come negli USA si registrino circa 20 milioni di nuove MST ogni anno, con un costo annuo per il sistema sanitario americano di quasi 16 miliardi di dollari di soli costi medici diretti (3).

Una delle categorie più a rischio di MST è quella dei giovani adulti (15-24 anni), che costituiscono circa il 50% di tutti i nuovi casi. Gli adolescenti, in particolare, dimostrano scarsa conoscenza circa il sesso sicuro ed i possibili rischi connessi all’ attività sessuale (4).  Infatti, oltre alla ridotta capacità di autocontrollo degli adolescenti in particolari condizioni  (alcool, droghe, etc.), occorre considerare la loro difficoltà di accesso ai contraccettivi meccanici (preservativi maschili e femminili), la loro maggior facilità di entrare in contatti con altre persone (discoteche, internet), tutti fattori che li rendono particolarmente esposti al rischio di MST. Altra popolazione “fragile” è costituita dalle donne in gravidanza in cui l’infezione sessualmente trasmessa può portare a severe conseguenze sia sul feto, quali aborto e natimortalità, che in epoca postnatale (5). Altro gruppo ad elevato rischio è quello degli immigrati i quali, oltre alle disagiate condizioni ambientali cui spesso devono far fronte, mancano di adeguate informazioni e di strutture sanitarie dedicate.

Uno degli aspetti peculiari delle MST è la loro tendenza alla riemergenza,  sotto forma di improvvise epidemie o “picchi”, ben noti nella storia della medicina soprattutto nel caso della sifilide, malattia che  ha fatto registrare proprio di recente, siamo negli anni 2000, una sua recente ripresa epidemica. Le cause di queste riemergenze in genere vengono riferite a particolari eventi sociali quali guerre, movimenti migratori, prostituzione  e crisi economiche. Oggi tuttavia le mutate condizioni di vita del mondo moderno hanno aggiunto nuovi fattori di rischio, particolarmente nei paesi occidentali. Tra questi, sono da considerare la pillola anticoncezionale, lo scarso uso del preservativo, gli spostamenti di masse di popolazione dalla campagna alla città o da un continente all’altro per turismo o per sesso, la tendenza all’attività sessuale  ed a pratiche sessuali a rischio, l’inizio più precoce dell’attività sessuale, e lo scambio di sesso per droga. Alla base della recente  riemergenza della sifilide, come vedremo, compaiono molti di questi nuovi fattori di rischio. 

 

MST:aspetti clinici generali.  Dal punto di vista clinico e della storia naturale occorre ricordare che alcune  MST hanno un decorso paucisintomatico o cronico (“silent”, secondo la letteratura inglese) e spesso vengono riconosciute solo al momento delle complicanze da esse provocate. Ne sono un esempio tipico nella donna, la malattia infiammatoria pelvica (PID), l’ infertilità e le gravidanze ectopiche, condizioni queste frequentemente associate ad infezioni da clamidie, mycoplasma genitalium o da gonococco.

Le MST possono anche essere causa di importanti sequele cliniche generali,  internistiche e sistemiche. La sifilide nella sua fase secondaria, ad esempio, può colpire qualsiasi organo, compreso il SNC  (6).

Di particolare interesse il capitolo delle sindromi intestinali. Occorre ricordare infatti che, particolarmente in soggetti a rischio, sono frequenti le proctiti provocate rispettivamente da HSV2,  o da gonococco, clamidia, T. pallidum o da  altre spirochete. Il clinico e lo specialista devono ricordare anche che non rare sono le enteriti, provocate da shigella, salmonella, campylobacter jejuni  e da parassiti (come la Giardia  e l’ E. hystolitica)  trasmessi per via sessuale  (7) .

Altre sindromi complesse sono le artriti associate alle MST, come è il caso della artrite gonococcica o l’ artrite in corso di lue secondaria o della sindrome di Reiter.

Altro quadro clinico di interesse è la sindrome ulcera–adenopatia, frequente  in corso di sifilide, herpes, ulcera molle.

Infine ricordiamo che due forme tra le più diffuse di cancro, come il carcinoma delle cervice e l’epatocarcinoma, sono causate rispettivamente da HPV e da HBV, la cui infezione è  sessualmente trasmessa.

In campo diagnostico, notevoli oggi sono i progressi raggiunti con le tecniche biomolecolari. L’avvento delle NAATs (Nucleic Acid Amplification Testing) ha consentito di migliorare notevolmente i livelli di conoscenza a livello di fisiopatologia e diagnosi delle MST. Purtroppo questi progressi non sono alla portata dei paesi in via di sviluppo, per i quali l’OMS ha dovuto promuovere l’approccio sindromico,  basato più su criteri clinico-epidemiologici e di costo, che sul  laboratorio (OMS,1999) (8) .

In campo preventivo, sicuramente un notevole progresso si otterrà quando la ricerca traslazionale riuscirà a mettere a punto nuovi vaccini per le MST, oltre quelli già presenti dell’epatite B,  dell’epatite A  e per alcuni sottotipi di Papilloma Virus Umano (HPV). In particolare tuttora è in fase sperimentale il vaccino preventivo  e terapeutico dell’herpes genitalis.

 

MST e AIDS. Ma il  problema più emergente in questi ultimi 40 anni nel campo delle MST è  stato senza dubbio la co-infezione MST-HIV, ben presto apparsa evidente subito dopo l’inizio della pandemia HIV (1982). Infatti, sia studi epidemiologici (9) che sperimentali (10) hanno evidenziato come i pazienti HIV positivi contraggono facilmente le MST, mentre i soggetti affetti da MST hanno un maggior rischio di infezione HIV, in particolare se affetti da forme ulcerative  (sifilide, ulcera molle, herpes genitalis). Al riguardo, e non a caso, la legge 135/90  prevede (art 1 comma f) il potenziamento dei servizi multizonali delle malattie a trasmissione sessuale nella lotta all’AIDS (11) .

Fatta questa breve premessa, vanno segnalati alcuni aspetti clinico-epidemiologici di grande rilievo non solo per lo specialista dermovenereologo ed infettivologo, ma anche per i medici generici e per gli altri specialisti, riguardando temi di grande interesse, quali  la riemergenza della sifilide, l’ antibiotico-resistenza della gonorrea, le sequele della infezione da clamidia, ed infine il trattamento delle verruche genitali esterne.

 

Riemergenza della sifilide

Fin dalle prime descrizioni, la sifilide ha mostrato lunghi periodi di remissione intervallati da picchi epidemici. Dopo il 1970, epoca dell’ultimo picco storico, è seguito un progressivo calo,  accentuatosi negli anni ‘80 a seguito della comparsa della epidemia HIV. In  maniera inattesa, agli inizi degli anni ‘90  vennero segnalati nei paesi occidentali numerosi casi di sifilide primo-secondaria dapprima nelle grandi metropoli poi nell’area suburbano e rurale (12-16). In Danimarca, le diagnosi di sifilide infettiva risultarono aumentate di oltre il 50% tra il 1999 e 2002, e in Belgio, negli stessi anni si è avuto un aumento di 5 volte di casi di sifilide rilevato dalle reti sentinella. In Austria, il numero di casi di sifilide notificati è risultato triplicato dal 1993 al  2002, con circa il 70% dei casi segnalati a Vienna. Altri importanti centri urbani come Londra, Dublino, Berlino, Parigi, Rotterdam, e non ultimi, Roma e Milano, hanno segnalato dopo il 2000, drastici aumenti dei casi di sifilide primo-secondaria. Negli USA il picco è stato lievemente anticipato rispetto a quello europeo, di fatto risultando fallito il progetto degli anni ‘70 di eradicazione della malattia  (Obiettivo: < 4 casi/100.000 abitanti).

L’attuale riemergenza della sifilide in Italia trova conferma nei risultati del  Servizio MST-HIV dell’Istituto S. Gallicano di Roma, che fa parte dei centri sentinella nazionali dell’Istituto Superiore di Sanità per la Sorveglianza delle MST,  la cui  numerosa casistica è tradizionalmente indicativa dell’andamento epidemiologico a livello regionale e nazionale  delle MST, ed in particolare della sifilide  ( Fig 1, Fig 2). A partire dal 1976, data dell’ultimo picco della sifilide, dal Centro MST dell’Istituto veniva segnalato un numero sempre minore di casi di sifilide primo-secondaria  con media stabile intorno a 10-15 casi all’anno, particolarmente dopo gli anni ’80 probabilmente a seguito dei timori indotti dalla pandemia AIDS. A partire dal 2000 tuttavia le diagnosi sono progressivamente aumentate: 40 notifiche nel 2000, 72 nel 2001, 104 nel 2003, 118 nel 2004 e 184 nel 2005, per poi discendere lievemente e assestarsi su un plateau di 100 casi l’anno, tuttora persistente.

L’analisi dei dati demografici e dei fattori di rischio ha evidenziato un' età mediana dei pazienti intorno ai 31,3 anni (range 18-68 anni) e, dato particolarmente significativo rispetto alle passate riemergenze,  una netta prevalenza di casi osservati tra maschi omo-bisessuali (MSM, Men Sex Men  in letteratura inglese). Altro dato significativo è stato poi il riscontro di numerosi casi di co-infezione HIV oscillanti tra l’iniziale percentuale del 50%  del 2000,  alla percentuale di questi ultimi anni dell’ 8-10% .

In questa riemergenza, gli aspetti clinico-morfologici della malattia non si sono modificati rispetto a quelli classici. Dopo una incubazione di circa tre settimane, si osserva in sede di contagio la comparsa di una lesione nodulare indolente, di aspetto rotondeggiante, erosa,  di colore rosso scuro, infiltrata, di circa 1 centimetro di diametro  (sifiloma o chancre). Nella donna il sifiloma può assumere l’aspetto di una semplice vulvite o presentarsi come edema del  grande labbro od anche come una piccola erosione della portio. Specie negli omosessuali la sifilide è apparentemente “acefala” in quanto la lesione primaria può essere in una sede non direttamente visibile (anoretto o faringe) e spesso viene  misconosciuta.

Dopo 4–8 settimane compare un esantema diffuso roseolico e/o papuloso e placche mucose al cavo orale o a livello genitale associati a segni di compromissione generale. La sifilide terziaria oggi, dopo l’avvento della penicillina, è rarissima. Per la diagnosi sono  importanti l’ identificazione del T. pallidum nelle lesioni mediante il microscopio in campo oscuro, i test sierologici sia lipoidei o aspecifici (RPR) che    treponemici (TPHA, FTA-ABS, EIAIgG, EIAIgM). Gli schemi terapeutici attualmente seguiti prevedono rispettivamente: penicillina-benzatina 2.4 milioni UI IM in singola somministrazione (CDC, 2010). In caso di allergia alla penicillina si possono impiegare la doxiciclina o il ceftriaxone, mentre è fallita  la possibilità di impiego dell’ azitromicina per via orale.

Nei soggetti con infezione da HIV o con immunodepressione grave (AIDS) sono frequenti le osservazioni di sifilomi multipli o di manifestazioni secondarie precoci, come anche risposte sierologiche anomale (assenza di sieropositività in individui infetti, oppure persistenza di positività dopo terapia) (14,17-19) .

In definitiva l’analisi di questi dati dimostra che l’attuale riemergenza della sifilide è caratterizzata da una forte prevalenza di soggetti maschi, prevalentemente con comportamento omo o bisessuale, e da una significativa presenza di individui  HIV positivi, con aspetti quindi  clinici ed epidemiologici alquanto diversi rispetto alle passate emergenze.

Pertanto, anche se i dati attuali non consentono al momento di definire l’ effettiva entità di questa riemergenza, va sottolineata la possibile ripresa di casi di malattia HIV in conseguenza della ripresa della sifilide e la possibilità di una maggiore incidenza di sifilide primo-secondaria nella popolazione femminile e quindi del ritorno della sifilide congenita.

 

 

 

 

Fig 1 Casi totali notificati    2706

 (elaborazione dati dr M Giuliani)

 

 

 

 

 

Fig 2  Casi di sifilide infettiva osservati presso il  San Gallicano, Centro MST.

 (elaborazione dati dr M Giuliani)

 

L’ antibiotico-resistenza del gonococco

Ogni anno negli Stati Uniti vengono notificati  circa 700.000 nuove infezioni da Neisseria gonorrhoeae, mentre le statistiche europee riportano, dai dati pervenuti da 28 paesi, 32.000 casi l’anno. Peraltro i dati di incidenza-prevalenza stimati, secondo l’OMS, sarebbero notevolmente più elevati, a causa dell’ elevato numero di  mancate notifiche.  

Il trattamento della gonorrea è basato attualmente sull’impiego delle cefalosporine con risultati eccellenti. Tuttavia occorre tenere presente la capacità di N. gonorrhoeae  di sviluppare rapidamente nel giro di pochi anni la resistenza alle terapie antibiotiche. Infatti nel decennio precedente erano stati segnalati in diversi Paesi ceppi rapidamente resistenti ai chinoloni. 

Il centro CDC “Gonococcal Isolate Surveillance Project (GISP)” ora segnala i primi casi di calo della sensibilità al ceftriaxone, La maggior parte dei fallimenti terapeutici al momento sono segnalati nei paesi asiatici, nelle  Hawaii e di recente al Saint Louis di Parigi (20).

Le sequele della infezione da clamidia.

Le infezioni da Clamidia sono le più frequenti tra le MST nelle statistiche dei paesi occidentali. L’agente responsabile è la Chlamidia trachomatis sierotipi D-K, Nella donna si presenta con sintomi di cervicite,  spesso misconosciuta dalla paziente ed infatti la CDC raccomanda uno screening annuale per la clamidia per tutte le donne sessualmente attive. Nel maschio l’infezione si manifesta con i sintomi di una uretrite. La clamidia infatti è responsabile del 40% dei casi di uretriti non-gonococciche e post-gonococciche. Spesso peraltro l’infezione è  paucisintomatica. Non infrequentemente il paziente si cura da solo o dal medico generico, e non ricorre ai centri specialistici. L’incubazione è di 10-15 giorni e  si presenta con  secrezione non abbondante, chiara, mucoide; spesso per evidenziare la secrezione è necessaria la spremitura uretrale. Si associano bruciori e stranguria.

In corso di uretrite è possibile la comparsa di epididimite, caratterizzata da dolore scrotale unilaterale, edema flogistico, febbre. In altri casi l’uretrite è complicata da una proctite che si presenta con dolore, secrezione mucopurulenta e perdite ematiche. Altra complicanza non infrequente è la sindrome di Reiter.

La terapia attuale si avvale della doxiciclina (100 mg per os  x 2/die x 7 giorni), oppure della azitromicina (1 g in unica somministrazione).

La infezione da Clamidia sono importanti cause di patologia genitale e di infertilità. Non trattata, circa il 10-15% delle donne affette da clamidia svilupperà malatti infiammatoria pelvica (PID). 

 

Trattamento  delle  verruche genitali esterne (condilomi acuminati)

La condilomatosi anogenitale o verruche genitali esterne  (VGE)  rappresenta, tra le MST, l' affezione di maggior riscontro nei paesi occidentali. L’agente etiologico delle VGE è il virus del papilloma umano (HPV) genotipi 6 e 11,   non oncògeni  L’obiettività clinica è rappresentata dall’aspetto verrucoso, o papuloso o maculare con superficie di aspetto bianco-grigiastro. Predominano in aree mucose (cavità prepuziale, meato uretrale, scroto, piccole labbra vulvari, introitus).

I trattamenti impiegati sono diversi, di tipo farmacologico,  fisico o chirurgico, e gli studi controllati non hanno fatto rilevare una superiorità evidente di un metodo rispetto all'altro.. Nella maggior parte dei casi la crioterapia con azoto liquido o criosonde, eseguita a intervalli di 10-12 giorni, rappresenta un valido trattamento e rimane in Europa la terapia di scelta. La crioterapia infatti è una tecnica semplice, economica e raramente lascia esiti cicatriziali o alterazioni pigmentarie. Anche valida è la tecnica di diatermocoagulazione. Altre metodiche sono basate sull' impiego di acido tricloroacetico  (soluzione all’80%), o bicloroacetico (80-90%) in singola applicazione, ripetendo ogni settimana se necessario fino ad un massimo di 6 settimane; l' efficacia si riduce in caso di lesioni ipercheratosiche. L’acido tricloroacetico può essere utilizzato in gravidanza. Altrettanto valido è l' impiego di antimitotici come la podofillina, in soluzione al 15-25% e la podofillotossina (soluzione allo 0,5%, crema  015%) applicata per 3 giorni consecutivi, con successiva pausa di 4-7 giorni, per un massimo di 4 cicli. Questo farmaco è controindicato in gravidanza. Nelle forme molto estese è talora più utile impiegare la metodica laser CO2 o il trattamento  chirurgico (21)

Tra le terapie topiche va ricordato un farmaco immunomodulante,  l’ imiquimod crema 5%, che il paziente stesso può applicare (tre volte alla settimana per 4 settimane); il farmaco è in grado di stimolare l' attività delle cellule  NK, di potenziare l' azione dei linfociti T, di indurre citochine quali IFN gamma e TNF. Gli studi clinici sinora effettuati  hanno evidenziato una clearance del 50-62% e frequenza di recidive inferiori rispetto ad altri trattamenti farmacologici. L’imiquimod è controindicato in gravidanza (22).

Di recente è stata introdotta la terapia fotodinamica l’impiego topico dell’ acido 5-aminolevulinico  (ALA) in particolare nelle  lesioni localizzate al meato uretrale o in sede anale.

Ai fini diagnostici non è necessario far eseguire esami biomolecolari, costosi e poco utili in questo caso (CDC 2010) .

 

 

Prevenzione e trattamento delle MST

Il controllo delle MST si basa soprattutto sulla prevenzione, e su programmi di  informazione ed educazione sulle pratiche sessuali a rischio,  sul rischio associato ai partner occasionali e sull’uso del preservativo. Accanto alla prevenzione primaria si deve procedere allo screening in gruppi a rischio (prostitute, maschi omobisessuali) o popolazioni fragili come le donne in gravidanza e immigrati. Infine, una misura preventiva è quella di vaccinare le persone a rischio, per quelle malattie per le quali esiste un vaccino disponibile (epatite A e B).

Negli Stati Uniti, i CDC hanno attivato da tempo una sezione completamente dedicata alle malattie sessualmente trasmissibili. Inoltre l’UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite, ha  attivato nel mondo diverse iniziative di gestione globale delle MST. Sin dal 1990  l’Oms ha aperto, all’interno del programma di ricerca e training sulle malattie tropicali, una sessione completamente dedicata al problema, la Surveillance Diagnostic Initiative (SDI - Iniziativa di sorveglianza sulle diagnosi delle malattie). La SDI risponde alla necessità di mettere a punto sistemi di diagnosi più efficaci soprattutto nei paesi con basso livello di risorse sanitarie, dato che l’80-90 per cento dell’incidenza globale di queste malattie si ha nei paesi poveri. In particolare, la SDI risponde al bisogno urgente di migliorare la diagnosi precoce di AIDS nelle regioni dell’Africa subsahariana, ed a bloccare la confezione MST HIV.

In Europa, l’Ufficio regionale dell’OMS ha messo a punto una Task force europea con il compito di rispondere efficacemente alle epidemie di MST in Europa dell’Est e in Asia centrale in generale, ed istituto il programma gonococcal antimicrobial susceptibility programme EURO-GASP, cui partecipa anche l’Italia, volto alla sorveglinaza dei nuovi genotipi resistenti al ceftriaxone.

 

 

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Aldo Di Carlo1, Luigi Valenzano2

 

1 Direttore scientifico Istituto Dermovenereologico S.Gallicano IRCCS  Roma 

2 Primario AR Istituto Dermovenereologico San Gallicano IRCCS Roma